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CHIESA FRANCESCO



Canonico e teologo, padre spirituale e consigliere del Beato Giacomo Alberione, dichiarato venerabile l'11 dicembre 1987 da San Giovanni Paolo II.

1. Cenni biografici
Francesco nasce a Montà, comune in provincia di Cuneo, il 2 aprile 1874. Compiuti gli studi nel seminario di Alba, viene ordinato sacerdote l'11 ottobre 1896. Consegue tre lauree: nel 1897 in teologia a Genova; nel 1900 in diritto canonico e civile a Torino; nel 1901 in filosofia a Roma. Per oltre un cinquantennio insegna soprattutto in Seminario e nella Società San Paolo, comunicando ai giovani chierici, insieme alla scienza, lo spirito sacerdotale. Si dedica nello stesso tempo all’attività redazionale e scrive numerosi libri e articoli per riviste: dagli impegnativi trattati di teologia alle opere divulgative dirette ad ecclesiastici, educatori e laici. Dal 1900 diviene direttore spirituale del beato Giacomo Alberione e lo consiglia nella fondazione della Società San Paolo, tanto da esserne considerato il cofondatore. Nel 1913 viene nominato parroco-canonico della chiesa dei Santi Cosma e Damiano in Alba e  la guida con sapienza e amore per 33 anni, fino al 1946. Nel suo ministero sacerdotale si distingue per la dedizione ai poveri e agli ammalati. Nel 1933, alla morte del vescovo di Alba monsignor Re, viene nominato Amministratore apostolico della diocesi. Muore ad Alba il 14 giugno 1946. Sepolto inizialmente nel cimitero della città, il 3 novembre 1960 la sua salma viene traslata nella chiesa di San Paolo della Famiglia Paolina. Il 23 maggio 1975 viene introdotta la causa per la beatificazione; l'11 dicembre 1987 Giovanni Paolo II promulga il decreto riguardante le sue virtù eroiche e gli attribuisce il titolo di Venerabile. È considerato una delle personalità più significative della diocesi di Alba nella prima metà del XX secolo.

2. Un perenne riferimento a Maria
a) La biografia di questo santo Sacerdote è così ricca di riferimento mariani, che Francesco può benissimo essere considerato un grande innamorato di Maria. Una cosa, infatti, che salta subito agli occhi leggendo i suoi ricordi è che in tutti i suoi percorsi di vita è presente la Madonna. Intanto dal giugno del 1901 si impone la recita, mattina e sera, di tre Ave Maria per l'acquisto dell'umiltà, della purità e della mansuetudine. Era convinto infatti che «Quanto alla superbia, essa non cesserà di molestarci in qualche maniera e per tutta la vita contro di essa dovremo combattere, ma la grazia di Dio può tutto: ‘Omnia possum in eo qui me confortat...’ (Philip 4, 13); lungo il giorno devi ripetere a Dio nel tuo cuore la tua necessità, domandando per intercessione di Maria Santissima, l'umiltà...». Nominato parroco scriveva: «La parrocchia è posta sotto la protezione di Gesù Sacramentato e di Maria ss. nell'intenzione che Gesù Eucaristico e la sua s. Madre realizzino completamente il programma di Amore e di salute della divina volontà; e che il Parroco non sia che un povero strumento nelle loro mani; strumento che conscio del proprio nulla, supplica Gesù per intercessione di Maria: a non essere di impedimento alla loro azione nella parrocchia; ad assecondare quanto è possibile quest'azione, affinché venga il regno di Dio nella parrocchia, si estenda e si consolidi e si faccia la divina volontà». Nella sua attività pastorale, molti erano i riferimenti a Maria. Egli suggeriva: tra le  Devozioni, quella all'Addolorata, a Maria Ausiliatrice, a Maria Consolata; nelle Pratiche devote consigliava ogni venerdì, la coroncina dell'Addolorata e la Via Crucis; il 24 di ogni mese, l'ora del Rosario in onore di Maria Ausiliatrice; ogni anno, il mese di Maggio in onore della Santa Vergine e il mese di Ottobre in onore della Madonna del Rosario; nelle Novene, suggeriva quella dell'Addolorata, a Maria Ausiliatrice e all'Immacolata Concezione; nella costituzione delle Pie Unioni, animava quella dell'Addolorata, delle Figlie di Maria, delle Aspiranti Figlie di Maria. In ambedue i conflitti mondiali, spronò alla devozione mariana, e nel 1944 propose alla popolazione di prolungare le pratiche consuete nel mese di maggio fino a guerra finita per ottenere la protezione di Maria e trovò in tutti pieno consenso. È ovvio che solo una simile concezione di vita interamente mariana può portare a queste autentiche dichiarazioni d’amore verso la Vergine Santissima. Ma siccome il tema di questa tenera devozione alla Madonna corre lungo tutta la vita del Venerabile, è anche lecito pensare che sia stato proprio lui ad inculcare al Beato G. Alberione una uguale devozione filiale e spiritualità mariana. Da grande teologo qual era, affermava: «Madre e perfetta Icona della Chiesa, la Vergine Maria è stata fin dagli inizi del Nuovo Testamento proclamata beata, a motivo della sua adesione di fede immediata e senza incertezza alla Parola di Dio (cf. Lc 1, 38.45), che continuamente conservava e meditava nel suo cuore (cf. Lc 2, 19.51). Ella è così diventata, per tutto il Popolo di Dio affidato alla sua materna sollecitudine, un modello e un sostegno. Ella mostra ad esso la via dell'accoglienza e del servizio della Parola, ed insieme il fine ultimo da non perdere mai di vista: l'annuncio a tutti gli uomini e la realizzazione della salvezza portata al mondo dal suo Figlio Gesù Cristo».
b) Anche i suoi percorsi di studio hanno una caratteristica impronta mariana. Della sua laurea in Teologia il Venerabile scrive nel suo ‘Diario’: «Conseguita in Genova il 15 luglio 1897, per intercessione Vostra, o Maria, che dopo avermi diretto negli studi mi avete incoronato, per Vostra grazia, di esito felice. Sia anche questa una testimonianza della gratitudine mia verso di Voi, o Mamma mia». A proposito della laurea in Diritto canonico e Civile, scrive ancora nel ‘Diario’: «… a tal fine, avevo fatto prima una visita al Santuario di Mondovì, alla Madonna di Monchiero, alla Madonna dei Fiori [a Bra], alla Consolata, all’Ausiliatrice…». L’ultima laurea, in Filosofia, la conseguì all’Apollinare di Roma, il 21 novembre 1901. Qualche giorno prima, l’8 novembre, aveva scritto: «Per protettore non ho saputo trovare altri che la mia dolcissima Madre e Signora Maria SS., dispensatrice di ogni grazia ed aiuto in ogni necessità. In Voi dunque, o madre io confido. Nelle Vostre mani pongo tutto me stesso: le mie facoltà, i miei desideri. Siatemi sempre, come sempre lo foste, mia Madre. Io non so se verrò a capo di questo, ma tutto sia Vostro, o Maria!». A laurea conseguita, aggiunge: «Tutto quello che avevo domandato l’8 novembre, o Maria SS., me l’avete concesso esuberantemente; che cosa Vi dirò, o Maria? […] Prendete, o Madre dolcissima, questa laurea, come anche tutte le altre, e serviteVene come Vi piace. Non mi sia causa di vanità, ma mezzo per promuovere più efficacemente la verità. O Maria, sappiate che provo maggior piacere nell’offrirvi questa laurea di quello che provai ad ottenerla. Io non vorrei averla se non Vi degnaste riceverla».

3. Caratteristiche della presenza di Maria nella sua vita
Il rapporto con Maria da parte di Francesco era tenerissimo, filiale e costante. A Lei dirà sempre tutto, come farebbe un figlio affezionato: propositi di varia natura, problemi, meriti e possibili insuccessi. In cambio ne riceverà docilità all'azione dello Spirito, fedeltà, e tanti favori per sé e per quelli che si raccomandavano alle sue benedizioni. Fin da giovane praticò la devozione insegnata da s. Luigi Grignion da Montfort e nel 1906, per quasi tutto un mese di maggio, ne parlò ai seminaristi e ai chierici. Gli piaceva onorarla sotto questi titoli: Vergine del Buon Consiglio, Ausiliatrice, Immacolata, Addolorata e Regina degli Apostoli. Quanto bramasse farla conoscere e amare, la Madre di Dio, lo dice a suo modo questa orazione: «So che la mia parola non ha attrattive naturali, ma io desidererei che ne avesse moltissime per farvi amare di più. So che il mio cuore è ancora troppo freddo verso di voi, per poter infiammare gli altri, ma io desidero che sia ardentissimo. O Mamma, vi ricordate di quelle due o tre predichette che ho fatte di voi? Io avevo voglia di dir loro così: ‘Cari giovani, oh se sapeste che vuol dire amare Maria! Io farei volentieri e con tutto il cuore questo patto con Dio: Signore, fate che io infiammi di una devozione stabile e duratura e vera i cuori di questi giovani verso la Madre vostra e poi fatemi morire subito’. Sì, io darei volentieri la mia vita per guadagnare un dono così eccelso a questi giovani. Avevo proprio voglia di dire queste parole, o Mamma, e mi pare che le avrei dette di cuore e che ancora adesso le direi di cuore, perché io sono certissimo che se in un cuore entra una vera devozione verso di voi, vi entra la salute eterna. E’ impossibile che si perda un vero vostro devoto. La vostra devozione è segno di predestinazione, come l'aurora è segno del giorno». Negli scritti autobiografici parla di un grosso debito di riconoscenza contratto con la ss. Vergine; non ne sappiamo più di tanto, ma un qualcosa se ne intuisce: «Io mi ricordo sempre con infinita gratitudine della grazia sensibilissima e fortissima che voi mi avete fatta tanti anni fa, il giorno, la festa del vostro Immacolato Concepimento, quando avete mutato così radicalmente e sensibilmente il mio cuore riguardo alla inclinazione alle amicizie particolari, che da allora in poi sempre si sentì forte soprannaturalmente a resistere a queste inclinazioni. Questa grazia che voi mi avete fatta in maniera manifesta e sensibile è sempre stata per me, sovra ogni altra, un argomento vivissimo dell'efficacia della vostra intercessione e della confidenza che sempre debbo avere in voi». A chi si trovava in pasticci di qualunque sorte, suggeriva di «persistere nei Rosari». Oltre alle consuete funzioni solite a farsi in maggio e in ottobre, il Servo di Dio esortava vivamente i parrocchiani più fervorosi a recitare in privato il Rosario intero. Quanta fosse nel Canonico la confidenza verso Maria di Nazareth lo dice quest'altra preghiera: «Vedervi ed essere certo che vi vedrò sempre, senza nessun pericolo di essere mai più allontanato da voi... Oh infinita fortuna! Allora io gusterò l'amore che voi mi avete sempre portato... allora mi aprirete i miei occhi e mi farete vedere voi stessa la misericordia che mi avete fatta (ah, ora io non ne conosco che una minima parte!), mi farete vedere come siete voi che mi avete liberato..., come le stesse contrarietà che io ho avuto non sono state che tiri della vostra misericordia e del vostro amore per condurmi finalmente a quella infinita fortuna. Oh, come allora conoscerò di non avervi conosciuta!».

Bibliografia
Il Can. Francesco Chiesa, plurilaureato della Santa Vergine, in Madre di Dio del 5 maggio 2004; VIGOLUNGO A., Il Can. Francesco Chiesa, Ed. Paoline, Alba 1961; SILVESTRELLI S. I., Un prete impossibile? Il venerabile Francesco Chiesa. Meditazioni, Edizioni Casa di Nazareth, Roma 1992; ALBERGHINA G., Venerabile Francesco Chiesa. Icona della pastoralità, Edizioni Velar, Gorle 2006.






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