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MAIELLA GERARDO



Religioso redentorista, canonizzato  da papa Pio X nel 1904.

1. Cenni biografici
Gerardo nacque a Muro Lucano il 6 aprile 1726 dal sarto Domenico e da Benedetta Galella, contadina. Dopo la morte del padre, dovette imparare un mestiere per sostenere le precarie condizioni economiche della famiglia e fu accolto come apprendista sarto da un certo Martino Pannuto. Verso il 1740, chiese allo zio materno, il cappuccino Bonaventura da Muro, di essere ammesso nel suo Ordine, ma il religioso lo sconsigliò ripetutamente, adducendo il suo precario stato di salute. Entrò quindi a servizio del vescovo Albini, noto come persona di carattere difficile, rimanendovi fino alla morte di questo, avvenuta il 25 giugno 1744. Rimasto senza occupazione, rinnovò la sua domanda di entrare tra i cappuccini, ma ricevette nuovi rifiuti. Provò a riprendere il lavoro come sarto, mettendosi anche in proprio. Ma la scarsa attitudine per quel genere di lavoro non gli permise di farsi una sufficiente clientela e nel 1746, sopraggiunta una difficile congiuntura economica, fu costretto a chiudere l'attività. Trovò lavoro a San Fele come guardarobiere, presso un collegio diretto da Luca Malpiede. Nel 1749 chiese di entrare tra i redentoristi, ma all'inizio anche questi si rifiutarono di riceverlo, dato che aveva fama di essere scarsamente atto ai lavori manuali e per di più, veniva considerato senza alcuna cultura. Tuttavia, in seguito alle sue rinnovate insistenze, venne finalmente accolto come religioso laico e il 17 maggio 1749 entrò nel convento di Deliceto, presso Foggia. Gli vennero affidati dapprima lavori agricoli e in seguito fu trasferito alla sacrestia. Nel 1751 entrò in contatto con le monache di Ripacandida, comunità di recente fondazione ispirata allo stile di vita delle carmelitane scalze, intrattenendo una frequente corrispondenza epistolare con la priora, Maria di Gesù, che si protrasse per diversi anni. Dopo che il 16 luglio 1752, ebbe preso i voti religiosi, Gerardo fu incaricato di effettuare la questua per mantenere lo studentato. Nel 1754 una giovane di Lacedonia di nome Nerea Caggiano, lo accusò di aver intrattenuto una relazione con lei. Gerado fu subito chiamato a Pagani da Alfonso Maria de' Liguori, mentre venivano assunte informazioni sul caso. Dopo un mese venne allontanato a Ciorani, con la proibizione di ricevere l'eucarestia e di trattare con la gente estranea al convento; più tardi andò a Caposele presso Avellino, dove gli fu permessa la comunione domenicale. Qui, su richiesta di padre Francesco Giovenale, scrisse il Regolamento di vita, in cui elenca le mortificazioni praticate quotidianamente; esprime la sua scelta di obbedienza rigorosa e di vita ritirata; le sue devozioni alla Trinità, alla Madonna e a diversi santi. Intanto nella seconda metà di giugno del 1754 la Caggiano ritrattò la calunnia e così Gerardo poté riprendere le sue normali occupazioni. Tra la fine di giugno e il novembre del 1754 dimorò a Napoli nella comunità guidata da padre Francesco Margotta. Trascorse l'inverno successivo a Caposele, presso il santuario Materdomini. Poiché a causa dell'eccezionale rigidità della stagione gravi difficoltà alimentari avevano colpito la zona, Gerardo venne incaricato dal superiore Gaspare Caione, di organizzare i soccorsi che il convento poteva offrire ai bisognosi. Trascorse a Napoli la primavera del 1755 e nella seconda metà di maggio tornò definitivamente a Caposele, dove erano in corso lavori per ampliare la fabbrica annessa al santuario dedicato alla Madonna. Gerardo aiutò dapprima gli operai; quindi, munito di lettera del vescovo di Conza, Giuseppe Nicolai, che lo raccomandava alla benevolenza dei parroci, si dedicò alla questua in favore del santuario. Il suo itinerario si snodò attraverso i centri di Senerchia, Contursi, Auletta, Vietri di Potenza. A metà agosto ebbe un'emottisi, che peraltro non era la prima manifestazione del male che lo affliggeva. I medici interpretarono erroneamente i sintomi e gli praticarono salassi. Pur debilitato, Gerardo raggiunse il centro di Oliveto e dal 22 al 31 agosto 1755, si fermò nella casa dell'arciprete Arcangelo Salvadore. Lasciò, quindi, Oliveto diretto a Caposele e da qui salì al santuario di Materdomini, dove giunse febbricitante e dovette mettersi a letto. Il suo stato di salute andò aggravandosi, fino a quando, consumato dalle privazioni e dalla tubercolosi, morì il 16 ottobre 1755. Gerardo fu beatificato da Leone XIII il 29 gennaio 1893 e canonizzato da Pio X l'11 dicembre 1904. Di lui si conservano 47 scritti, tra cui 44 lettere, in gran parte indirizzate alle monache di Ripacandida.

2. L'innamorato di Maria
a) Nelle diverse biografie del Santo è riportato il così grande amore per la Madonna tanto da indurlo a dire di essere "suo sposo". Nicola Ferrante ad esempio, narra un episodio accaduto quando Gerardo si trovava ancora a Muro: «L'Immacolata era passata come una visione, per le vie del paese, sotto il più bel cielo di Maggio ed ora brillava tra i ceri nella penombra del tempio. In prima fila, tra le facce bruciate degli agricoltori, spiccava il volto affilato di Gerardo. Pregò a lungo in silenzio, ma a un tratto il suo volto divenne di fiamma, balzò in piedi, e, sfilandosi l'anello lo passò nel dito della Vergine. Nessuno capì il significato del gesto. Ma da allora, quando qualcuno gli diceva: "Perché non ti sposi?", rispondeva immancabilmente: "Mi sono sposato con la Madonna"». Il legame profondo con la Madonna è evidenziato anche dalle testimonianze presentate durante il processo di canonizzazione. È possibile; infatti, leggere che: «Don Francesco Cappucci, amico e sincero estimatore di Gerardo, gli raccontava di averlo veduto un giorno nella galleria di sua casa, elevato in aria avanti un'immagine della beata Vergine e che gridando, mentre molti gentiluomini erano presenti, 'Mirate quanto è bella, mirate quanto è bella', baciava e ribaciava con grandissimo e straordinario ardore quella immagine». L'amore di Gerardo per Maria è, quindi, sincero, spontaneo, legato ai gesti e al linguaggio della devozione mariana, propria del popolo. Nel Regolamento di vita ad esempio, possiamo trovare propositi come i seguenti: «Sei Ave Maria colla faccia per terra per la mattina e sei per la sera». Oppure: «In tutto il tempo di silenzio m'impiegherò nella considerazione della passione e morte di Gesù Cristo e dei dolori di Maria Santissima». Egli si affida, completamente, nelle mani di Maria e la elegge, insieme allo Spirito Santo, sua protettrice e consolatrice. Sempre nel Regolamento possiamo leggere: «E tu, unica mia gioia, Immacolata Vergine Maria, tu ancora mi sii unica, seconda protettrice e consolatrice in tutto quello che mi accaderà. E sii sempre l'unica mia avvocata appresso Dio per questi miei propositi». Negli atti per il processo di canonizzazione, è ribadita la fiducia nella protezione di Maria ed anche contro il maligno. Infatti, troviamo che: «Fratel Antonio di Cosimo ricorda di aver attinto dai confratelli che avevano vissuto con Gerardo che esso più e più volte ebbe a patire de' strapazzi da' demoni, dai quali lo dicevano fin trascinato in tempo di notte pe' corridoi e che con animo imperturbato a que' maligni spiriti soleva dire: ''Voi non potete che abbaiare. Ma quando con me è Gesù Cristo mio e Mamma Maria, non potete morsicarmi».
b) Il continuo riferimento alla Madonna, però, non assume, solamente, il valore di difesa ma è garanzia affinché l'amore, la comunione con il prossimo siano lette alla luce del Vangelo. Emblematica, a riguardo, una lettera che Gerardo scrive, nel 1752, a p. Giovanni Mazzini: «Padre mio caro io quanto vi amo a[p]presso di Gesù Cristo e di Maria Santissima E spero che sia un puro affetto in Dio. E di questo non mi posso spiegare. Solo Dio lo sa». Bisogna anche sottolineare come le lettere di Gerardo esordiscano con l'invocazione a Gesù e Maria madre. Alla cara amica suor Maria di Gesù scriveva: «.... con mettermi di bel nuovo a' tuoi piedi e di tutte coteste mie care sorelle, [le] quali unitamente desidero che siano sempre nell'aperto e spalancato costato di Gesù Cristo e nel cuore afflitto di Maria Santissima, dove ogni dolcezza e riposo si trova». Gerardo, inoltre, considera Maria come colei che è capace di garantire la fedeltà ed, infatti, in una lettera sempre indirizzata a suor Maria di Gesù, egli scrive: «Il nostro caro amoroso Gesù sia sempre con voi, mia cara madre, e Mamma Maria Santissima vi conservi sempre nell'essere amoroso del nostro caro Dio. Amen». Nel Regolamento, esordisce proprio con queste parole: «La divina grazia sia sempre nei nostri cuori e Maria Santissima ce la conservi. Amen». Gerardo è fermamente convinto che la Madonna sa leggere nei cuori degli uomini, riuscendo a coglierne i bisogni, le difficoltà alla luce della misericordia.

Bibliografia

GIORDANO S., Gerardo Maiella santo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 53 (2000); AMARANTE A. V., La spiritualità di San Gerardo Maiella, in SHCSR 53 (2005), pp. 269-271; MAJORANO S, - AMARANTE A. V.,, Comunicare la gioia e la speranza. La spiritualità di Gerardo Maiella, Editrice San Gerardo, Materdomini 2004; uenti: CAIONE G., Gerardo Maiella. Appunti biografici di un suo contemporaneo, a cura di Sabatino Majorano, Contributi Gerardini 4, Valsele Tipografica, Materdomini 1998; FERRANTE N., Storia meravigliosa di S. Gerardo Maiella, Coletti, Roma 1959; RUSSOMANNO E., San Gerardo Maiella, Edizioni Segno, Tavagnacco 2019;  MOCERINO P. - SPINA C., San Gerardo Maiella. Un testimone credibile dell'amore di Dio, Elledici, Leumann 2015; D'ADDEZIO G., In cammino con Gerardo Maiella. Il santo giovane dei giovani, Elledici, Leumann 2008; VITIELLO C., San Gerardo Maiella, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998; AA. VV., San Gerardo Maiella. Il fraticello che giocava con Dio, Shalom, Camarata Picena 2008; CAPONE D. - MAJORANO S. (a cura di), Le lettere di s. Gerardo Maiella, Materdomini, Caposele 1980; MAJORANO S. (a cura di), Scritti spirituali, Materdomini, Caposele 1992.






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