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BACONTHORPE JOHN



Frate carmelitano, filosofo e teologo scolastico.

1. Cenni biografici e opere
a) Iohannes Baco o Baconius, filosofo e teologo scolastico, detto il "dottor risoluto", è conosciuto come Baconthorpe John, dal nome del villaggio omonimo nella contea di Norfolk in Inghilterra, dove nacque nel 1290. Entrato da giovine nell'ordine carmelitano, insegnò a Cambridge e, molto probabilmente, a Oxford. Fu provinciale del suo ordine dal 1327 al 1333 o poco oltre. Nelle dottrine filosofiche e teologiche si distinse per l'originalità delle concezioni, che gli fa cercare di tutti i problemi una soluzione che sia superamento di quelle che dividevano gli scolastici. Notevole la distinzione intenzionale, che gli serve a salvare l'oggettività dei concetti universali senza ammettere altra realtà che quella dei singolari. Attaccato a tutte le verità dogmatiche anche quando pensava di potere senza disaccordo seguire opinioni di Averroè, è stato non del tutto giustamente detto negli ultimi secoli il "principe degli averroisti" titolo attribuitogli da Lucilio Vanini nella sua opera Amphitheatrum aeternae providentiae, pubblicata a Lione nel 1615. Al suo insegnamento si ispirarono molti trattatisti dell'ordine. morto probabilmente nel 1348.
b) Oltre un gran numero di piccole questioni, il Baconthorpe scrisse un commento ai libri I-IV delle Sentenze (I, II e III unico ms. British Museum Royal 11 C. VI; del I e III ed. incun., Parigi 1484; il IV perduto eccetto poche questioni nel ms. British Museum Royal 9 C. VII). Un secondo commento al libro IV (ms. autografo British Museum Royal 11 B. XII; ed. incun., Parigi 1485). Altre edizioni di questo insieme con il commento dei libri I, II e III, Milano 1510, Venezia 1526, Cremona 1618, Madrid 1754). Commenti sulla Scrittura e su Aristotele, quasi tutti perduti (commento a S. Matteo, ms., Cambridge, Trinity College 348). Tre Quolibet (ed. 1ª, Venezia 1527, ed. 2ª, Cremona 1618, Madrid 1754). Commenti a varie opere di S. Agostino e di S. Anselmo (ms. autografo Parigi, Naz. lat. 9540).

2. Il primo carmelitano a riflettere in maniera sistematica su Maria
John Baconthorpe, è il primo autore carmelitano che ha iniziato a riflettere in maniera sistematica sul rapporto tra la Vergine Maria e il Carmelo, ponendo così le basi per lo sviluppo della riflessione mariana successiva all'interno dell'Ordine. I suoi trattati principali sono:
- Speculum de Institutione Ordinis
-
Tractatus super Regulam
- Compendium historia rum et iurium
- Laus Religionis Carmelitanae.
In queste opere, egli affronta principalmente la questione delle origini dell'Ordine e del suo legame con Maria e il profeta Elia, proponendosi di giustificare, con un taglio squisitamente apologetico, la legittimità del titolo di "Frati della Beata Maria" che i carmelitani rivendicavano. A partire dagli appellativi che attribuisce a Maria, Baconthorpe mette in evidenza le relazioni tra la Madre di Dio e i frati. Nello Speculum sottolinea di Maria che è la "Domina Loci", la "Signora del Carmelo", la sua "Padrona e Patrona". Proprio per questo il carmelitano, come un vassallo, si pone al suo servizio in maniera incondizionata e le rende culto. In questo culto speciale a Maria il Baconthorpe vede il motivo della nascita dell'Ordine e la sua finalità. Queste idee, espresse nello Speculum, egli le riprende nel Compedium e le argomenta da un punto di vista storico e giuridico. Nella Laus Carmelitarum, invece, sviluppa l'aspetto del patronato di Maria, presentandola quale avvocata che intercede per i suoi figli e ne prende le parti. Nel parlare del luogo, il Carmelo, Baconthorpe va oltre l'idea del patronato, per richiamare anche quella della bellezza. Maria è il decoro del Carmelo e la sua bellezza è opera dello Spirito Santo il quale la rende madre del Signore e sua sposa. I carmelitani si dedicano a lei in maniera speciale e corrispondono alla sua bellezza impegnandosi nel cammino della santità. Nel Tractatus super Regulam il Baconthorpe presenta Maria come modello di vita. Nel descrivere l'esemplarità di Maria, il nostro autore la propone come discepola del Signore e sorella dei carmelitani. Anche se nello scritto non troviamo esplicitamente questi titoli, tuttavia il loro concetto emerge in maniera evidente.

3. Una chiave di lettura per comprendere la "marianità" del Baconthorpe
Come detto, il Baconthorpe è l'unico a scrivere un commento alla Regola del Carmelo in chiave mariana. Egli parte dall'affermazione che «professiamo un Regola che in molti punti rispecchia il modo che la beata Vergine Maria ha cercato di osservare durante la sua vita»; pertanto nel suo Tractatus si preoccupa di mostrare come gli episodi e atteggiamenti della vita di Maria abbiano delle corrispondenze nelle prescrizioni della Regola. Questa interpretazione della Regola e stata generalmente vista, ai nostri giorni, come qualcosa di ingenuo o, addirittura, fantasioso. Questo giudizio lo si ritrova spesso riferito a buona parte della letteratura spirituale del Medioevo e, di conseguenza, quella iniziale dell'Ordine non ne è esente. Alcuni commentatori, al contrario, hanno voluto cogliere il valore di fondo del Tractatus, cioè l'aver indicato l'esemplarità di Maria per la vita del carmelitano, ma non sono andati oltre. Quello che, invece, viene richiesto al lettore di oggi e di assumere la mens dell'uomo medievale e, quindi, del nostro autore. Per capire tanti aspetti della vita e della spiritualità del Medioevo non si può prescindere dalla Parola di Dio che ne rappresenta il riferimento fondamentale. Commentando il nostro Tractatus, Cicconetti lo evidenzia molto chiaramente: «Qui evidentemente ci troviamo nell'ambito di lettura e uso della S. Scrittura, in funzione dell'esperienza spirituale dell'Ordine Carmelitano, analogo a quello che avviene nella teologia monastica». Infatti, «il procedimento del Baconthorpe è simile a quello della lectio divina: cioè spiega il senso del testo della Regola accostandolo ai testi del Nuovo Testamento che parlano di Maria». Oltre alla Sacra Scrittura, si trovano citati episodi leggendari tratti da testi fondamentali per la cultura medievale: la Historia scolastica di Pietro Comestor, il De floribus sanctorum, chiamato anche Legenda aurea, di Giacomo da Varazze, e il vangelo apocrifo dello pseudoMatteo o, secondo la dicitura medievale, Libro sulla nascita della Beata Vergine e sull'infanzia del Salvatore, di cui cita una lettera falsamente attribuita a san Girolamo. II carmelitano, seguendo la Regola, invera con la sua vita quella di Maria. Allo stesso modo, guardando alla vita di Maria, trova nella Regola la maniera di poterla imitare. Ella, dunque, è il tipo, cioè il modello, di cui il carmelitano crede di esserne la continuazione. «Questa. intuizione dice familiarità, vicinanza, intimità, presenza concreta di Maria tra i frati del Carmelo». Cicconetti approfondisce questo concetto quando scrive che «la fisionomia spirituale del carmelitano è profondamente segnata dalla Presenza di Maria. Si tratta di "culto vivente", di "dedicazione di sé", di consacrazione-affidamento a Lei nella sequela evangelica di Cristo. Inoltre, la Presenza di Maria porta ad assimilare i suoi atteggiamenti evangelici e qualifica il cammino di sequela di Cristo e la docilità allo Spirito Santo. In fondo, per il Baconthorpe la spiritualità mariana, come coincidenza tra lo spirito dell'uomo e lo spirito di Maria orientata verso il Cristo, e eretta a sistema di vita».

4. Maria "tipo" di vita carmelitana
a) Al centro del prologo e dell'epilogo del Tractatus vi è il titolo di "Fratelli della Beata Maria" riconosciuto all'Ordine da parte della Chiesa. La parola titolo vi ricorre ben cinque volte, di cui una nella forma verbale di intitolare. Il titolo ha a che fare con il nome, il riconoscimento e, certamente, con l'identità: «Qualsiasi istituto religioso trae il proprio titolo da un determinato luogo oppure dalla venerazione di un santo». L'insistenza del Baconthorpe sul titolo dell'Ordine in realtà esprime il suo intento di presentare nel suo scritto l'identità dei carmelitani. Così nel prologo prima richiama en passant il riferimento al Monte Carmelo, che invece, svilupperà in altri trattati, e di seguito si sofferma sul legame con il "santo", spiegando che tale titolo di "Fratelli della Beata Maria" derivi dal fatto che «abbiamo scelto una Regola di cui la beata Vergine Maria cercò di osservare nella sua vita molti punti simili». C'è da notare che non parla mai di "fondatore" o di "fondatrice", per cui l'imitatio, che descrive il Baconthorpe, si riferisce ad un exemplum: il modello mariano. Ciò che fonda l'identità dei carmelitani, allora, è la Regola in cui essi trovano rispecchiata la vita di Maria. E Baconthorpe lo ribadisce all'inizio dell'epilogo quando, dopo aver delineato i punti in comune tra la vita di Maria e quella dei carmelitani, scrive che «per questa Regola l'Ordine riceve il titolo della beata Maria». Continua sottolineando, per la terza volta, il legame tra la Regola e il titolo mariano dell'Ordine citando Innocenzo IV che indirizza la lettera di approvazione della Regola «ai diletti figli priore generale e provinciali dell'Ordine della Beata Maria del Monte Carmelo...». Un ulteriore elemento importante che emerge dal prologo e dall'epilogo, oltre al titolo dell'Ordine e alla Regola, è il riferimento, che abbiamo appena visto, alle approvazioni pontificie, quasi a dire che e la Chiesa stessa a riconoscere l'identità mariana del Carmelo così come emerge dalla Regola. E da Essa, infatti, sentenzia il Baconthorpe nel prologo, che «veniamo nominati (sumus nominati) frati della Beata Maria»; e, a voler sottolineare questa posizione, nell'epilogo richiama, oltre alla bolla di Innocenzo IV, quella di Giovanni XXII e le tante che sono state scritte successivamente. Fare riferimento alla Regola equivale a parlare di quel proposito di vita evangelica che là vi è delineato. Il Baconthorpe, infatti, presenta Maria come modello di vita evangelica, cioé quel modello che il carmelitano intende imitare. Si potrebbe dire che nel Tractatus il carmelitano appare come discepolo di Maria, di colei, cioè, che per prima ha vissuto come discepola. A differenza degli altri suoi scritti, qui Maria non è presentata come la patrona da servire né come la madre che si prende cura dei suoi figli. Al pari dei santi che sono stati imitati dai loro seguaci, dando vita ai diversi ordini religiosi, ella è l'esempio scelto dai carmelitani. Certamente nel testo non si incontra il termine di discepola, riferito a Maria, ma c'è tutto un vocabolario legato al discepolato visto in relazione a Dio e al Figlio suo ed esso ha a che fare innanzitutto con quelle azioni tipiche di un discepolo, quali lo scegliere, il rinunciare, l'osservare, l'annunciare, e in secondo luogo con lo stile di vita e i conseguenti atteggiamenti interiori.
b) Il discepolo che viene tratteggiato nel Tractatus è, guardando bene, il religioso o, meglio, il frater. Infatti, Maria viene descritta come una religiosa e, in particolare, come una religiosa carmelitana; per cui viene proiettato su di lei quello stile di vita carmelitana delineato nella Regola e interpretato secondo la sensibilità del tempo. Seguendo, allora, un disegno ben preciso, che non tiene conto del parallelismo pedissequo con la Regola, Baconthorpe presenta Maria prima di tutto in relazione ai tre consigli evangelici di obbedienza, povertà e castità (Reg. 4, 12, 19); ne indica le condizioni per viverli, con attenzione allo spazio e alla comunità (Reg. 5-7, 14, 11); ne traccia lo stile di vita fondato sulla preghiera, vista in relazione al lavoro, al digiuno e alla sobrietà, sul silenzio e sulla semplicità (Reg. 10, 22, 16, 17, 21, 12); ne richiama gli atteggiamenti interiori legati alle virtù teologali e alla sua attività di predicatrice (Reg. 19); infine ne sottolinea, tra tutte le sue virtù, l'umiltà e la discrezione (Reg. 13, 22, 24). Del discepolato o vita secondo i tre consigli evangelici di Maria si potrebbero cogliere tre elementi interessanti:
- il primo è dato dall'orizzonte teologico che ne fa da sfondo e che attraversa tutto il testo: Dio, menzionato con Deus e Dominus, ricorre sei volte, mentre il Figlio sette volte, con il termine Filius, e due volte, con il termine Christus. Mediante il triplice riferimento all'annunciazione (Lc 1,33) e quello alla profezia di Isaia 7,14, Maria viene subito rapportata a Dio e al Figlio suo. Questa e la relazione fondamentale che emerge dal testo, soprattutto in riferimento all'accoglienza con cuore verginale della Parola di Dio e alla sua osservanza;
- in secondo luogo, Il verbo osservare, cui si hanno quattro occorrenze, sembra caratterizzare il profilo di Maria e richiamare la beatitudine evangelica dei discepoli del Signore, vale a dire di coloro che ascoltano e mettono in pratica la Parola di Dio. Questo mettere in pratica viene, infatti, riferito nel prologo ai seguaci dei santi, che sono i modelli ispiratori, e, subito dopo, ai carmelitani che, come prescrive la Regola, devono vivere secondo le promesse fatte. Il contesto ci fa capire che non si tratta qui solo di un'osservanza dei precetti, ma di vivere secondo la Parola;
- Un terzo elemento è il riferimento alla regola apostolica quando si parla della povertà (At 2,44; 4,32). Si tratta di un tema classico della spiritualità monastica che torna in voga, soprattutto, nei periodi e nei movimenti di riforma nella Chiesa e negli Ordini religiosi. É l'esperienza della prima comunità cristiana di Gerusalemme, descritta negli Atti degli Apostoli, che viene vista come modello da imitare, specialmente nella sua prospettiva di vita comune con al centro la condivisione dei beni.
A parte i tre consigli evangelici, risulta interessante il richiamo, a più riprese, alla sobrietà, alla semplicità e all'umiltà. Oltre ad essere una triplice declinazione della medesima qualità richiesta a chi si pone alla sequela del Signore e che rispecchia il profilo spirituale del monaco medievale, queste attitudini potrebbero anche essere viste come una preoccupazione che trapela dalla vicenda biografica del Baconthorpe, soprattutto in relazione al periodo passato come magister universitario - categoria di cui conosceva bene i parecchi privilegi che godeva - e come priore provinciale, alla guida dei frati inglesi.
c) Un'ultima sottolineatura è il riferimento a Maria come predicatore. Un tema già accennato da altri, ma non così diffuso nella letteratura carmelitana. Ad esso verrà collegato quello della profezia, sempre in riferimento a Maria. E interessante che il Baconthorpe veda come corrispondenza a questo aspetto mariano il n. 19 della Regola 19: «La spada dello spirito, che è la Parola di Dio, abiti in abbondanza nella vostra bocca». Successivamente il riferimento alla predicazione sarà tratto dall'indicazione della Regola sull'itineranza, con la conseguente dispensa dal non mangiare carne. Baconthorpe scrive che «Maria giunse ad essere predicatore quando [ ... ] fece un grande discorso, prima di tutto lodando Dio e dicendo: L'anima mia [...] e poi, facendo un'applicazione morale [ ... ]; e finalmente [ ... ] allegando le profezie». Emerge indirettamente, da questo paragrafo, il tipo e lo schema di predica che il nostro autore mette sulla bocca di Maria e che è un'eco di quel nuovo modo di predicare, diverso da quello patristico e monastico, che si era delineato nelle università medievali: la spiegazione della Parola, l'applicazione morale e il riferimento alle auctoritates a sostegno del sermone.

5. I concetti di Maria "discepola" e "sorella" in Baconthorpe
Negli scritti di Baconthorpe non troviamo esplicitamente i termini di discepola e sorella, ma troviamo descritta quell'esperienza che è espressione del discepolato e della sororità. Tra le sue opere e, soprattutto, nel Tractatus super Regulam che questa esperienza viene delineata. Al centro non c'è Maria, né i carmelitani, ma la Regola del Carmelo come progetto (propositum) di vita evangelica che media un carisma che è dono dello Spirito Santo. Maria, con il suo discepolato, diventa modello per vivere il Vangelo da carmelitani. Michele di Sant'Agostino, nel XVII secolo, rifacendosi allo scritto del suo predecessore, afferma che l'Ordine Carmelitano «giustamente è chiamato Mariano perché la sua Regola è simboleggiata con la vita della Beatissima Vergine Maria». Questa esemplarità di Maria, ribadirà con altri termini Geagea ai nostri giorni, si riflette «in un comune stile di vita o - come, si esprimono i nostri autori - sulla Regola dell'Ordine imitante in diversi punti la vita della Beata Vergine». Questa comunanza di vita sta alla base della considerazione di Maria come sorella. Pur non utilizzando il termine sorella, il Baconthorpe «ebbe la felice idea - quasi geniale intuizione - di servirsi del principio di causalità esemplare, fondamento di una possibile, anzi di un'effettiva somiglianza tra Maria, prototipo, e i carmelitani, suoi imitatori [ ... ]. Per cui, se la Regola viene esattamente osservata, condurrebbe immancabilmente ad una marcata somiglianza di fattezze morali con Maria, e autorizzerebbe il carmelitano a chiamarsi "fratello" di Maria, e a ritenere Maria sua "sorella"». Sarà Giovanni di Hildesheim a utilizzare per primo il termine sorella nel suo Opusculum Metricum, laddove qualifica la Beata Vergine "religione soror" in forza del comune vincolo di vita consacrata. In questo modo viene maggiormente sottolineata la dimensione della familiarità, insieme a quella della fraternità fondata sullo stesso progetto di vita. Un'evoluzione di questa consapevolezza si avrà nel secolo seguente quando diversi autori, come Calciuri, Fanti, Paleonidoro e Bostio chiameranno Maria "consorella" oppure "carmelitana". E sempre a partire dal XV secolo si diffonderà l'usanza iconografica di ritrarre Maria con l'abito carmelitano. Tuttavia, Filippo Riboti, nel parlare di Maria come sorella, sposterà l'accento sulla sua purezza verginale, per cui la consonanza di vita con Maria consisterà, principalmente, nella medesima scelta della verginità. In questo modo si inizierà a dare più importanza all'atteggiamento interiore e si perderà la pregnanza dell'intuizione di Baconthorpe, vale a dire quella di essere accomunati a Maria per il medesimo impegno di vita evangelica a partire dalla Regola del Carmelo.

Bibliografia
ALFARANO M., L'esemplarità di Maria in John Baconthorpe, in AA. VV., Maria discepola e sorella, madre di misericordia, Libreria Editrice vaticana, Città del Vaticano 2017, pp. 255-263; Bibliotheca Carmelitana, I, coll. pp. 743-753; XIBERTA B. F. M., De Magistro J. B., in Ann. Ord. Carm., VI (1927), pp. 3-128; pp. 516-526; IDEM, J. B. Averroista? Estudi sobre l'orientació doctrinal y metódica del Doctor Resolut, in Criterion, III (1927); GEAGEA N., La spiritualità mariana del Carmelo nel suo organico sviluppo, Roma 1977; DE HILDESHEIM J., Opusculum metricum contra detractorem, de Religione Carmeli et de laudibus Mariae, Eliae, Elisei et aliorum, in A. STARING, Medieval Carmelite Heritage..., pp. 389-392; STARING A., Medieval Carmelite Heritage, Roma 1989, pp. 176-253; BOAGA E., Con Maria sulle vie di Dio. Antologia della marianità carmelitana, Roma 2000; GEAGEA N., Maria Madre e Decoro del Carmelo. La pietà mariana del Carmelitani durante I primi tre secoli della loro storia, Roma 1988, pp. 174-201; CHENU M. D., La teologia nel XII secolo, Milano 1983, pp. 253-281; RUSCONI R., La predicazione: parole in chiesa, parole in piazza, in Il Medioevo Latino, vol. II: La circolazione del testo, Roma 1994, pp. 571-603.
 

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