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INNOGRAFIA MARIANA


1. Gli «inni» latini
Gli studiosi concordano nell’attribuire ad Ilario di Poitiers la prima composizione di inni destinati alla liturgia, i quali però non ebbero grande successo a motivo del metro adottato da Ilario, non facile al canto. Egli celebra Gesù, Figlio di Dio nato verginalmente da Maria, gravido il grembo di santa prole.
È Ambrogio, col suo genio teologico e pastorale, che compone inni per la liturgia delle ore e delle feste, i quali permangono fino ad oggi. Celebre, sotto l’aspetto mariano, l’inno per il Natale del Signore:
Vieni, redentor delle genti,
mostra il parto della Vergine
e guardi con meraviglia tutto il mondo:
questo è un parte che si addice a Dio?

Notissimo poeta cristiano della fine del secolo IV è Prudenzio (†405), che cantando il Natale del Signore esalta anche il mistero della maternità verginale di Maria. Di poco a lui posteriore, è Sedulio, che compose i suoi carmi nel periodo tra Efeso e Calcedonia, e tanto influenzò il Medioevo latino: il suo inno per il Natale (A solis ortus cardine) è ancora in uso nella liturgia romana del tempo natalizio:
La grazia celeste penetra
nelle viscere della madre intatta;
il grembo di una fanciulla
porta un mistero a lei ignoto
In questi inni latini, Maria compare entro la celebrazione del mistero di Cristo, quale luogo santo della sua incarnazione, porta della Vita per il mondo. Non sono perciò inni mariani in senso proprio.

2. Gli «inni» siriaci
Con Efrem (†373), «cetra dello Spirito Santo», l’innografia liturgica siriaca tocca il sommo, nei contenuti dogmatici, nella veste poetica, nei generi letterari, nel canto. Efrem fu l'esponente più illustre di quell’omiletica in versi, che ebbe un grande seguito nell’uso delle Chiese sire. La sua immensa produzione innografica influì anche sulle altre Chiese: i suoi scritti venivano letti durante le azioni liturgiche, subito dopo i Libri sacri. I suoi inni furono tradotti in greco già agli inizi del V secolo, e influirono in modo determinante sull'innografia bizantina. Stupendi fra tutti gli Inni sul Natale, dove la Vergine Madre è insieme oggetto e soggetto del canto:
- oggetto, in quanto vera Madre del Figlio vero di Dio e simile a lui nella verginità, stoltamente contestata dagli increduli;
- soggetto, perché vive in prima persona e adorando celebra davanti al presepio il mistero stupendo e ineffabile di Colui che ha in sé le ricchezze divine, benché abbia fatto sua per misericordia la nostra povertà.
Con voci sublimi — accesa d’amore
la Madre cantava: — Chi diede alla Vergine
d’accogliere in seno — e dare alla luce
Chi è Uno e Molteplice, — Immenso e Piccino?
E tutto con me, — in tutti è presente!
Evento inaudite! — Qui innanzi a me giace
Bambino neonato - l’Antico di giorni!
Al cielo è rivolto — e fisso lo sguardo:
le labbra balbettano — eterne parole:
con Dio s’intrattiene - in alti silenzi!
O fonte divina, — le fonti del latte
io t’apro, o Signore? — lo dono alimento
a te che alimenti — di beni il creato?
e come vestire - di fasce il tuo corpo,
o Dio che t’ammanti — di luce e splendore?

La figura della Vergine, letta da Efrem attraverso gli eventi raccontati dai Vangeli e da lui vestita di immagini a forti tinte poetiche, è calata nel mistero dell’economia salvifica, di cui è per volontà di Dio partecipe e cooperatrice. La dottrina di Giustino e di Ireneo su Maria nuova Eva, la verginale bellezza del suo corpo e della sua anima, il mistero del Figlio che l’avvolge imprimendo in lei i tratti divini, mentre da lei riceve la natura umana, costituiscono già una singolare manifestazione di culto, che prepara la fioritura dei testi omiletici e innografici del periodo efesino e calcedonese.

3. Gli «inni» greci
La produzione innografica greca risale al tempo degli Apostoli. Plinio ricorda che i cristiani cantavano inni a Cristo come a un Dio. Fra tutti il più conosciuto e tuttora cantato è l’inno vesperale  "Cristo Luce radiosa" del secolo II. Ma bisogna attendere almeno la fine del secolo IV per avere qualche rara testimonianza greca di frammenti innodici mariani. Prevale infatti l’omiletica, entro la quale non raramente (come avviene ad esempio per la omelia di Proclo sul Natale inclusa negli Atti di Efeso) la prosa elegante diventa poesia, con rime e assonanze che rendono mnemonico il dettato dottrinale. É forse del periodo efesino la composizione di antifone e l'uso incipiente di una concatenazione di apostrofi rivolte alla Vergine Madre di Dio secondo l’acrostico alfabetico, terminanti tutte con l’efimnio mariano: «Ave, tu degna anche dopo il parto di essere celebrata Vergine», e precedute da due proemii: un primordiale genere di kontakia. Tuttavia, una vera e propria produzione di inni mariani assunti dalla liturgia in questo primo periodo storico non è facilmente individuabile. I testi che possediamo si accentrano sull’esaltazione della maternità divina, come portatrice di Luce e di Vita al mondo.

4. L'inno «Akalhistos» alla Madre di Dio
a)
a)L’inno «Akathistos alla Madre di Dio», secondo il parere unanime degli studiosi, e senza dubbio la composizione innodica mariana più eccelsa non solo del suo tempo, cioè del secolo V, ma di tutta la produzione innografica bizantina". Cantato fino ad oggi, costituisce quasi la tessera della vera dottrina e pietà mariana delle Chiese di rito bizantino, che ne celebrano la festa il 5° Sabato di quaresima, e nei sabati precedenti del periodo quaresimale ne cantano in modo progressivo una sezione. Più che un inno, quale solitamente si intende con questo termine, esso è un vero e proprio «compendio» di teologia liturgica mariana, nel senso più ampio della parola.
b) L’inno «Akathistos» si colloca al termine del lungo cammino di elaborazione cristologico - mariana del secoli IV-V, con diretta dipendenza dalla dottrina ufficiale di Efeso e di Calcedonia e dal pensiero mariologico espresso da tanti omileti e omelie del ciclo efesino - calcedonese. La sua fonte più immediata, in tal senso, sembrano appunto l’Omelia IV di Cirillo tenuta al Concilio di Efeso, e l’Omelia sulla Madre di Dio di Basilio di Seleucia (uno dei Padri presenti a Calcedonia), dalla quale desume letteralmente alcune espressioni.
c) L’Akathistos appartiene al genere innografico antico chiamato kontakion, che si fonda non sulla quantità delle sillabe brevi e lunghe come la poesia classica, ma sull’accento tonico che anima i versi. Composizione destinata alle assemblee liturgiche con scopo catechetico - pastorale, il contacio si snoda con freschezza d'ispirazione e vivacità di scene, in una sequenza di strofe metricamente identiche tra loro, quasi a comporre una sacra rappresentazione dei misteri celebrati dalla Chiesa nell'anno liturgico. L'Akathistos è l’unico contacio rimasto interamente in uso, con ufficiatura e festa propria fino ad oggi nel rito bizantino.

Bibliografia
TONIOLO E. M., Dalla prima innologia mariana all'inno Akatistos, in AA. VV., La Vergine Madre nella chiesa delle origini (I - IV secolo), Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma 1995, pp. 244-252; IDEM, L'inno Acatisto, monumento di teologia e di culto mariano nella Chiesa bizantina, in De cultu mariano saeculis V1-XI, vol. IV, Pontificia Academia Mariana Internationalis, Roma 1972, pp. 1-39; IDEM, Numeri e simboli nell’Inno Akathistos alla Madre di Dio, in Ephemerides Liturgicae, 101 (1987) pp. 267-288; ILARIO, Inno a Cristo, nn. 11-13. CSEL 65, p. 218; AMBROGIO, Inni, Traduzione italiana e commento a cura di A. Benato, Edizioni Paoline 1992, p. 158; GHARIB G. - TONIOLO E. M., Testi mariani del Primo Millennio, Città Nuova Editrice, vol. III, Roma 1989; EFREM, Inni sulla Natività. Edizione critica e traduzione tedesca a cura di E. BECK, CSCO 186-187; ALVAREZ CAMPOS S., Corpus marianum patristicum, vol. II. Ediciones Aldeeoa, Burgos 1970, pp. 476-537; PERNIOLA E., Sant'Efrem siro Dottore della Chiesa e Cantore di Maria, Edizioni "Partecipare”, Santeramo in Colle 1989;   GROSDIDIER DE MATONS J., Romanos le Mélode et les origines de la poésie religieuse à Byzance, Editions Beauchesne, Paris 1977.

VEDI ANCHE:
- AKATHISTOS






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