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GRUPPI GIOVANILI


Introduzione: Gruppi giovanili e Maria
a) In questi ultimi decenni è cresciuta nei giovani l'esigenza di essere con gli altri, di stare insieme, di fare gruppo. E non solo nell'ambiente scolastico e ricreativo, ma anche in quello ecclesiale. Nelle oltre 28.600 parrocchie italiane esistono da 8 a 9 mila gruppi spontanei o informali con sorprendenti affinità di opzioni ideali e operative. Questi gruppi non hanno quasi mai contatti prolungati fra loro, contano da 350 a 400 mila presenze giovanili e si dedicano alle più svariate attività di natura educativa, culturale, sportiva, sociale e religiosa. A questi gruppi parrocchiali, sparsi in tutto il territorio della penisola, si devono aggiungere i gruppi giovanili inseriti nelle associazioni e movimenti nuovi o rinnovati, che fioriscono oggi nella chiesa italiana e comprendono circa 400 mila presenze. Di questi gruppi, alcuni dipendono da movimenti tipicamente mariani come il movimento monfortano, la Famiglia di Schönstatt, la Milizia dell'Immacolata, la Legio Mariae, l'Opera di Maria (o Focolarini), gli 'A.M.' (Attivisti di Maria): Con Maria per un mondo nuovo, ecc.; altri sono collegati a movimenti ecclesiali a prevalente impegno spirituale ed apostolico come il movimento di Rinascita Cristiana, il movimento Pro Sanctitate, il movimento «Oasi», il Rinnovamento Carismatico Cattolico, ecc.; altri, infine, nascono e si sviluppano in movimenti a più marcato impegno socio-ecclesiale, come le Comunità di Vita Cristiana, Comunione e Liberazione, Comunità di sant'Egidio, Comunità Ecclesiali di base, ecc.
b) Come vivono questi giovani la loro devozione mariana? Come coltivano il loro incontro con Maria? Come ne sentono viva la presenza nella loro vita? Quali contenuti evidenziano? Una risposta meno generica a questi e ad altri interrogativi comporterebbe la presa in esame di ogni gruppo, che ha un suo modo di onorare Maria e una sua particolare sensibilità nel coglierne le prerogative secondo la conoscenza che esso ha della Madonna in base alla catechesi mariana, impartita dagli operatori pastorali, e la coscienza acquisita che Maria è, soprattutto per i giovani, uno stimolo e un aiuto per la loro realizzazione come persone. Più che sul vissuto reale, indicherò alcune riflessioni mariane da proporre ai giovani. Mi limiterò, dunque, a sottolineare quattro aspetti emergenti della esemplarità di Maria, cui sembrano richiamarsi i gruppi giovanili in rapporto al tipo di esperienza che vivono nella Chiesa, e a fare alcune proposte:
1. Maria, la donna pienamente riuscita;
2. Maria, la prima 'discepola' di Cristo e la prima 'missionaria' del suo Vangelo;
3. L'itinerario di Maria;
4. La docilità di Maria alle mozioni dello Spirito Santo;
5. Proposte conclusive.

1. Maria, la Donna pienamente riuscita
a)
Molti giovani oggi sono travagliati dall'incertezza, dall'inquietudine e dall'insoddisfazione. L'uscita da queste situazioni di perplessità e di insicurezza, che a lungo andare risultano paralizzanti, è legata al ritrovamento di modelli ispiratori di vita, capaci di ridare ai giovani fiducia e speranza. Uno di questi modelli, il più importante dopo Cristo, è Maria. Nella vicenda storica di Maria, i giovani cristiani vedono un riscontro della loro autenticità umana e cristiana. Prima del Concilio Vaticano II, l'attenzione dei fedeli era rivolta principalmente alla realtà del mistero di grazia, che aveva invaso l'anima di Maria, e ai privilegi straordinari di cui era stata arricchita la Vergine in vista della sua maternità divina. Dopo il Concilio Vaticano II e la pubblicazione dell'Esortazione apostolica «Marialis Cultus» (1974), senza nulla togliere a quanto di valido è contenuto nella dottrina mariana precedente, si tende a dare il giusto rilievo alla storicità della figura di Maria e al suo comportamento di creatura umana, rendendola così più accessibile e più vicina ai bisogni e alle istanze dei cristiani. Partendo dalle testimonianze evangeliche, si cerca di conoscere a fondo la realtà della persona e della vita di Maria per metterne in luce la presenza esemplare nel cammino della storia dell'umanità, redenta dal sangue di Cristo, verso la salvezza. Questa è la prospettiva che raccoglie maggiori consensi presso i gruppi giovanili odierni, dipendano essi da una qualche associazione mariana o da un movimento o siano gruppi spontanei e informali. Ciò che impressiona i gruppi giovanili è anzitutto la figura di Maria, «che primeggia tra gli umili e i poveri del Signore, i quali con fiducia attendono e ricevono da lui la salvezza» (LG 55); è la sua crescita umana e spirituale; è la sua realtà di donna, che nella sua pienezza di umanità e di grazia, manifesta una meravigliosa capacità di relazione con Dio e con il prossimo, continuando a donare amore anche nei momenti più dolorosi della sua esistenza terrena.
b) I giovani preferiscono vedere in Maria l'ebrea umile e riflessiva, che, pur appartenendo ad una classe elevata come censo, vive una vita modesta in un ambiente di fatica, povertà e lavoro, perciò si allinea con le classi più umili della società e invoca l'intervento di Dio in favore di quanti soffrono e anelano alla salvezza e alla liberazione; alimenta fin dalla sua prima infanzia il dialogo con Dio e si dona a lui senza riserve; accetta di attuarne la volontà anche quando non intuisce subito quali ne siano le ultime conseguenze; si sottomette alla comune legge della purificazione, offrendo nel tempio per il riscatto del bambino Gesù un paio di tortore o di giovani colombe come prescriveva la Legge; si reca da Nazareth a Gerusalemme per celebrare la Pasqua e adempiere così i suoi doveri religiosi; non si scoraggia a causa della perdita di Gesù nel tempio, anzi sa tacere di fronte alla sua risposta, almeno per lei e per Giuseppe poco chiara, dopo il ritrovamento; porta a termine con premura, delicatezza e preveggenza i suoi impegni familiari; ama di un amore tenerissimo e ineguagliabile il suo Figlio e il marito Giuseppe; rivela un profondo senso sociale nel soccorrere con prontezza la cugina Elisabetta e gli sposi di Cana, evitando loro una disgustosa umiliazione; assiste con forza d'animo eccezionale il suo Figlio durante il supplizio della croce e ne condivide i dolori con un'intensità di partecipazione di cui 'solo una madre è capace; si fa presenza ed aiuto della Chiesa dalle sue prime origini fino ai nostri giorni. Di Maria i giovani sono più inclini a sottolineare la sua condizione di creatura, intelligente e coraggiosa; di vergine, fedele e responsabile; di fidanzata, sensibile e generosa; di madre, discreta e comprensiva, senza posizioni di rilievo da un punto di vista umano e disattesa nelle sue necessità più dure (il faticoso viaggio fino a Betlemme in occasione del censimento, il parto in una grotta, la fuga in Egitto, le priva- 34 zioni dell'esilio); di vedova, addolorata come tante altre vedove e madri della terra, a cui la pesante fatica strappò anzitempo l'affetto del marito, l'incomprensione e la paura dei potenti portarono via il Figlio condannandolo alla morte ignominiosa della croce, e i parenti, per non essere coinvolti in avvenimenti fastidiosi, voltarono le spalle, sicché Gesù dovette affidarla alle cure dell'apostolo Giovanni; di donna, forte e dinamica, che sull'esempio di Cristo fa della sua vita terrena un dono d'amore al servizio di Dio e degli uomini. Una creatura umana, dunque, in massima espansione, tutta impegno e autenticità, spontaneità e sollecitudine, generosità e dedizione, che presenta alla riflessione e imitazione dei giovani il quadro di ciò che essi stessi intimamente aspirano ad essere, secondo i doni di natura e di grazia ricevuti e coltivati. Le parole evangeliche, che meglio esprimono la riuscita di Maria sono: «Benedetta tu fra le donne» (Le 1,42); «Beata colei che ha creduto» (Le 1,45); «Tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Le 1,48). Queste espressioni dicono che tutta la vita di Maria si svolge sotto il segno della benedizione e della predilezione divina. Scelta da Dio per la sua fede ad essere madre del Verbo incarnato, Maria raggiunge la piena affermazione di sé nel compimento di questa missione, perché non si rinchiude in se stessa ma si apre all'azione dello Spirito, che la rende docile alle iniziative di Dio nei suoi confronti e disponibile nell'aiuto degli altri.
c) È questo il profilo umano e spirituale che di Maria traccia il cantico del Magnificat, al cui contenuto i giovani prestano particolare attenzione. In effetti il Magnificat è anzitutto un cantico di gioia, di lode e di ringraziamento. Maria esalta il Signore per aver posato lo sguardo su di lei, sua umile serva, allo scopo di inaugurare l'opera di salvezza a favore dell'umanità, promessa ai progenitori Adamo ed Eva. Esulta, inoltre, perché il suo desiderio della venuta del Messia,come quello di tutti i suoi contemporanei, è stato esaudito, la nuova alleanza sta per concludersi, gli uomini saranno liberati dalla corruzione del peccato e riconciliati con Dio e tra loro. Riconosce altresì che Dio ha compiuto in lei «grandi cose», perciò le generazioni future la considereranno beata. In secondo luogo, il Magnificat è un cantico di denuncia profetica contro gli egoismi e le autosufficienze degli arroganti e dei sazi, che presumono di non aver bisogno di salvezza, e contro gli oppressori e i potenti di questo mondo, che calpestano i diritti inalienabili dei loro subalterni. Il Magnificat risuona, infine, come un cantico di deprivatizzazione della fede, di impegno storico e di liberazione a favore dei 'senza voce' e degli 'sfruttati', e come invito a prendere le difese, con il Dio di Maria, di coloro la cui dignità umana dev'essere recuperata e la cui fame di giustizia dev'essere saziata. Apertura verso Dio e verso il prossimo, preghiera e impegno di liberazione si integrano meravigliosamente nel cantico del Magnificat: «Maria incarna la sintesi tra lode di Dio, umile servizio del prossimo e vigilanza ai suoi bisogni. Il grande tema cantato da tutta la sua vita è la liberazione proveniente dal nuovo Israele servo, l'esaltazione di coloro che per mezzo dello Spirito si riconoscono poveri e si uniscono nella solidarietà. Mentre verranno deposti dai loro troni coloro i quali sono arroganti e vogliono usare non soltanto le cose materiali, ma anche il prossimo e le strutture di autorità per i loro fini. Solamente una preghiera che, come quella di Maria, si situi nella grande linea dell'orazione dei profeti e di Cristo, che ne è il massimo, può preparare i cristiani ad essere fermento di libertà». Evidenti sono pure le ripercussioni politico-sociali del Magnificat: «Proclamando che il povero e il disprezzato sono costantemente l'oggetto del favore divino, il Magnificat minaccia un ordine sociale fondato sulla violenza e sull'ingiustizia, e fa vacillare molti costumi e diritti acquisiti. Ci invita a giudicare in modo negativo gli avvenimenti che distruggono la vita e i valori umani, perché non sono in armonia con le possibilità che Dio dà agli uomini. Il Magnificat promuove inoltre l'impegno per la giustizia, approdando dalla visione all'azione. Un passaggio costante dalla situazione attuale al Magnificat e dal Magnificat all'attualità (circolo ermeneutico), ci permette di interpretare la situazione presente per meglio trasformarla, di discernere l'azione di Dio nel mondo per unirsi ad essa secondo i suoi disegni. Il Magnificat ci spinge, per esempio, a vedere lo stato miserabile del Terzo Mondo con gli occhi stessi di Dio per trasformarlo nella misura del possibile, creando una società più giusta dove i poveri e gli afflitti, tutti gli oppressi dalla vita e dai loro simili, vedranno la fine delle sofferenze e delle ingiustizie di cui sono fatti oggetto». È chiaro che nelle intenzioni di Maria, quali risultano dal Magnificat, il richiamo a Dio che «ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» (Le 1, 52), non vuoi significare che gli oppressi e i poveri di oggi diventino gli oppressori e i ricchi di domani con un semplice ribaltamento di posizioni nella società, ma che tutti, superando l'antagonismo delle classi sociali, si considerino fratelli, chiamati a vivere nel rispetto dei diritti e dei doveri di ognuno nella stessa casa del Padre comune. Il contenuto religioso e sociale del Magnificat viene considerato dai giovani cristiani come un invito a non cedere alla tentazione del disimpegno, dell'individualismo e dello sfruttamento degli altri, ma ad essere aperti agli inviti di Dio e a partecipare responsabilmente alla costruzione di una più autentica fraternità e solidarietà umana nel nome di Cristo e alla luce del suo Vangelo.

2. Maria, la prima 'discepola' di Cristo e la prima 'missionaria' del suo Vangelo
a) Vi sono gruppi giovanili di ispirazione cristiana che guardano a Maria come alla prima evangelizzata e alla prima evangelizzatrice, perché ella, accogliendo nel suo grembo con la totalità del suo essere il Verbo di Dio incarnato, diventa la prima 'discepola' di Gesù e, a sua volta, la prima 'missionaria' del suo Vangelo. A Maria, infatti, è rivolto il primo annuncio messianico del Figlio dell'Altissimo, che viene a prendere dimora in lei come Dio e Salvatore. Maria s'informa sul modo con cui dovrà avvenire la sua maternità. In questa legittima richiesta, ella esprime il desiderio di sapere quale sia il progetto di Dio a suo riguardo e come debba comportarsi nell'attuazione del volere divino. Il messaggero celeste la istruisce e illumina in quel tanto che è indispensabile per condurla ad acconsentire a diventare madre del Messia, restando Vergine. Dato il consenso, si compie in lei un evento nuovo e straordinario, che la pone in un rapporto interpersonale singolarissimo col Verbo incarnato. Per questa sua relazione unica e trasformante, che scaturisce dalla divina maternità, la conoscenza del mistero di Gesù andrà gradualmente chiarendosi. Quasi impercettibilmente durante la vita nascosta di Nazaret, più palesemente durante il ministero pubblico di Gesù. L'apostolo Giovanni scrive che dopo le nozze di Cana, dove Gesù aveva fatto il primo miracolo, sua madre scende con lui a Cafarnao (cf Gv 2, 12). Maria comincia a far parte della nuova comunità messianica, formatasi attorno a Gesù e caratterizzata dalla fede. Parla, inoltre, della presenza di Maria ai piedi della croce (cf Gv 19, 25). I sinottici (cf Lc 8, 19-21; Mc 3, 31-35; Mt 12, 46-50) ricordano il fatto di Maria che con i familiari va a trovare Gesù. Non è improbabile che Maria abbia più volte l'occasione di incontrarsi e di ascoltare Gesù durante la sua vita pubblica, diventando essa stessa 'discepola', non necessariamente in forza della sua dignità di madre di Cristo, ma spinta da un atteggiamento di fede che la porta ad ascoltare l'insegnamento del Figlio e a farlo fruttificare al massimo grado nella sua vita (cf Lc 1, 38; 8, 21; 11, 23). Così, a partire dal momento dell'incarnazione, Maria è chiamata a confrontarsi con persone e avvenimenti e, in seguito, con lo stesso comportamento e la predicazione di Gesù; a scoprire in una nuova luce il senso dei salmi, dei cantici e delle profezie bibliche; e a progredire, dalla profezia di Simeone al dramma del Calvario, nella conoscenza del disegno salvifico di Dio e del mistero del suo Figlio, fino alla sua piena rivelazione con l'evento della risurrezione e l'effusione dello Spirito nel giorno di Pentecoste.
b) La Vergine non è soltanto la prima 'discepola' di Gesù. È anche la prima 'missionaria', avanti la Pentecoste. La presenza dello Spirito, che ha invaso Maria dopo il messaggio dell'angelo Gabriele, la spinge ad annunciare la buona novella del regno e a rivelare la grandezza del disegno salvifico di Dio alla casa di Zaccaria (cf Lc 1, 39-55). Basta la sua visita, perché il segreto gelosamente custodito nel suo animo, venga manifestato. Giovanni Battista, non ancora nato, sussulta nel grembo di sua madre, perché viene santificato dalla grazia del Salvatore. Elisabetta esplode in un inno di ringraziamento a Dio e di benedizione per Maria che ha creduto, diventando così la madre del Signore. Le parole di Elisabetta provocano un'immediata risonanza in Maria. Con il cantico del Magnificat, ella proclama che Dio ha ormai compiuto le promesse fatte ad Abramo, servendosi della fede e dell'obbedienza di una povera ed umile creatura, per far brillare in un modo più splendido la luce della potenza e misericordia divina. Quando Giuseppe, chiarito il dilemma della gravidanza della sua sposa, decide di accoglierla nella sua casa, è ragionevole pensare che sia Maria ad aiutarlo a capire che entrambi sono coinvolti in un misterioso piano d'amore di Dio e debbono offrire tutto ciò che sono ed hanno per la sua attuazione. Dopo la nascita di Gesù, è ancora Maria a presentarlo ai pastori, a Simeone, ad Anna, ai Magi, perché lo riconoscano per quello che è stato loro rivelato e ne parlino ad altri. Alle nozze di Cana Maria sollecita ed anticipa il primo dei 'segni' messianici dal Figlio e dispone i discepoli e gli altri commensali a credere in lui. Durante la vita pubblica, Maria si fa portatrice del messaggio di salvezza del Figlio ai vicini e conoscenti. Rilevante è pure la connessione di Maria con gli inizi della missione evangelizzatrice della Chiesa. Maria è presente nel Cenacolo con gli apostoli ed altre persone (cf At l, 14). Li sostiene, li incoraggia e supplica con loro il Padre perché, come già aveva effuso su di lei lo Spirito Santo nel momento dell'incarnazione del Verbo, così mandi anche il suo Spirito sulla prima comunità dei credenti in Cristo per renderla una comunità missionaria. La preghiera viene ascoltata. Lo Spirito Santo scende su quanti si trovano nel Cenacolo sotto forma di 'lingue di fuoco' (A t 2, 3) e li trasforma da timorosi in confessori convinti della divinità di Cristo e in araldi del suo Vangelo. A questo punto Maria è in grado di comprendere pienamente le meraviglie, che si sono venute operando in lei e la missione spirituale e universale del Figlio. Può dunque rivelare notizie inedite sull'infanzia e sulla giovinezza di Gesù. Notizie che gli evangelisti, in particolare Luca, avranno l'avvertenza di conservare per iscritto.
c) Il contributo di Maria all'evangelizzazione nell'episodio della Pentecoste e nei primordi della Chiesa è un fatto da non sottovalutare. Esso testimonia l'inizio di una maternità spirituale, che assume un valore di esemplarità per il rinnovamento e l'attualizzazione dell'attività evangelizzatrice della Chiesa lungo i secoli. «La Vergine, infatti, nella sua vita fu modello di quell'amore materno del quale devono essere animati tutti quelli che nella missione apostolica della Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini» (LG 65). E Paolo VI precisa: «Al mattino di Pentecoste, ella ha presieduto con la sua preghiera all'inizio dell'evangelizzazione sempre rinnovata che la Chiesa, docile al mandato del suo Signore, deve promuovere e adempiere, soprattutto in questi tempi difficili ma pieni di speranza» (EN 82). Maria dona al mondo Cristo sua salvezza. È madre della divina grazia perché dona Cristo, fonte di ogni grazia divina. Maria dunque è la prima vera missionaria e continua ad esserlo attraverso i secoli con la sua maternità spirituale. La dinamica apostolica della Vergine santa dev'essere uno stimolo soprattutto per i giovani che la invocano e la sentono madre e, animati dal suo esempio, si lasciano evangelizzare per poi diventare essi stessi evangelizzatori dei loro coetanei allo scopo di lavorare insieme a loro per la edificazione di una convivenza umana, dove siano abolite le ingiustizie che dividono i figli di Dio.

 3. L 'itinerario di fede di Maria
a) Come madre del Salvatore, sua prima 'discepola' e 'missionaria' del suo Vangelo, la Vergine ha percorso il proprio cammino di fede. È quello che deve fare anche ogni cristiano secondo la propria vocazione. Dalle testimonianze evangeliche si può dedurre che Maria è una creatura eccezionale, ma non tale da essere posta al di fuori dell'orbita umana. Anch'ella scopre a poco a poco il mistero di Cristo con i mezzi tipici dei poveri di Jahvé: ascolto della parola di Dio, fiducia e abbandono in lui, disponibilità al compimento della sua volontà. La vita di fede di Maria cresce e si chiarisce in mezzo ad un alternarsi di luci e di ombre, di certezze e di attese. L'evangelista Luca annota il turbamento (l,29) e le difficoltà (1,34), che scuotono l'animo di Maria all'inatteso annuncio dell'angelo Gabriele di un qualcosa di incredibile, che era stato preannunciato (cf Is 7,14) ma non aveva ancora avuto riscontro: un concepimento verginale. Maria aveva rinunciato ad avere figli, perché Dio le aveva ispirato la consegna dell'integrità della sua vita a lui. Come può ora pretendere che gli offra la maternità dell'Atteso d'Israele? È ovvio che Maria chieda in che modo avverrà la sua maternità e come dovrà comportarsi per adempiere la volontà di Dio! La risposta misteriosa dell'angelo e l'annuncio di un altro fatto, il concepimento di Giovanni il Battista umanamente inspiegabile data l'età di Zaccaria e di Elisabetta, non eliminano tutte le perplessità di Maria. Essa, però, sorretta dal pensiero che «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37), si affida all'Onnipotente che è capace di operare l'incredibile. Così il suo incondizionato atto di fede e di obbedienza rende possibile l'incarnazione del Verbo, che realizzerà l'opera della salvezza datagli dal Padre (cf Gv 5,36; 17,4).
b) Diventata madre, Maria non si rinchiude in se stessa, non si limita a pensare alle proprie cose. La sua fede non è destinata a rimanere una pura disposizione interiore, che accoglie il piano di Dio nella sua vita e attende passivamente che si attui: è invece chiamata a comunicarsi. Maria si affretta a recarsi da Elisabetta per aiutarla. È un incontro di due madri e di due figli, ma un unico legame li unisce: il compimento delle promesse del Signore: La presenza di Maria, che porta con sé Gesù, provoca l'intervento dello Spirito Santo, il quale santifica il Battista e illumina Elisabetta che, intuendo la missione particolare della visitatrice, la proclama beata per aver creduto ... «nell'adempimento delle parole del Signore » (Lc 1,45). Non è facile immaginare l'imbarazzo in cui viene a trovarsi Maria di fronte a Giuseppe, quando ritorna a Nazareth! Ella percepisce il tormento e il dubbio angoscioso (cf Mt 1,19), che traspare dal volto del suo sposo, il quale non sa spiegarsi come mai sia incinta. Può anche darsi che Maria abbia cercato di rivelare a Giuseppe l'origine prodigiosa della sua maternità, ponendo il marito, senza volerlo, di fronte al dilemma se ritirarsi a causa dell'intervento di Dio oppure accogliere Maria nella sua casa. Sarà un angelo a confermare in sogno a Giuseppe l'origine prodigiosa, il nome e la missione del nascituro (cf Mt 1,20-23). Allora si fa luce sulla misteriosità dell'evento in cui è stata coinvolta in prima persona Maria, i dubbi si dissipano e Giuseppe la prende con sé (cf Mt 1,24) e l'ama di un amore tenerissimo, rispettoso dei disegni di Dio. La nascita di Gesù in una mangiatoia (cf Lc 2,7) deve aver messo a dura prova la sensibilità, la delicatezza e la fede di Maria. La quale, dopo aver appreso dai pastori che l'angelo del Signore ha parlato loro della nascita del Salvatore e li ha invitati a portargli i loro doni, «serba tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19), cioè cerca di capirne il significato. Nella presentazione al tempio, Maria riesce a conoscere qualcosa di più sul futuro destino del suo Figlio. Simeone sposta l'accento dal Messia, re davidico, al Messia servo di Javhé. L'angelo aveva presentato il Messia come un re potente e glorioso, destinato a regnare sulla casa d'Israele (cf Lc 1,32-33). Simeone, invece, basandosi sui carmi di Isaia (42,6; 49,6; 50,4-9; 52,13; 53,12), descrive il Messia come il consolatore d'Israele (cf Lc 1, 25; Is 40, 1; 49, 13), il segno di contraddizione (cf Lc 1,34; Is 8,14), che nel dolore sarà luce per le nazioni e per Israele (cf Lc 1,32-35; Is 42,6; 52,10). Manifestando la contraddizione che susciterà la persona di Gesù, Simeone svela anche le sofferenze di Maria: la sua missione di madre del Messia sarà accompagnata dal dolore, evocato nella metafora della spada che le trafiggerà l'anima (cf Lc 2,35). Ella ascolta, non senza sorpresa, la profezia di Simeone di cui stenta a cogliere la portata (cf Lc 2,33); comincia però a intuire che la missione universale del Figlio si compirà non nel trionfo, ma nella contraddizione e nel dolore. La fuga in Egitto riempie di nuovi interrogativi la mente di Maria. Ella viene a trovarsi con la famiglia nella condizione di una esiliata, di una rifugiata politica, lontana dalla propria terra con il marito in cerca di lavoro, assillato dalla preoccupazione di difendere la vita del figlio, di mantenerlo e di educarlo. Di ritorno a Nazareth, riprende per la sacra Famiglia la vita opaca, monotona e anodina di sempre. Maria attende come buona casalinga alle faccende domestiche. Giuseppe e Gesù lavorano da artigiani. Tutto si svolge nella normalità. Un episodio, però, viene a turbare la serenità della famiglia di Nazareth: la perdita e il ritrovamento di Gesù nel tempio durante il loro pellegrinaggio a Gerusalemme. Al vederlo a discutere con i dottori, Maria e Giuseppe si stupiscono e la madre gli dice: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati ti cercavamo» (Lc 3,48). Gesù risponde sorpreso: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 3,49). Questa risposta avrebbe dovuto gettare un pò di luce sulla filiazione divina di Gesù. Non risulta che i genitori abbiano capito pienamente la risposta del figlio e il significato dell'episodio (cf Lc 2,50). Arriva il momento della morte di Giuseppe. Si può appena immaginare il dolore e il rimpianto di Maria. Le è venuto meno il sostegno materiale e morale, lo sposo che l'amava e la rispettava. Ella accetta con umiltà e fiducia la sua nuova condizione di vedova e concentra la sua attenzione e le sue premure sul Figlio. Dai pochi brani evangelici s'intravede che l'esistenza di Gesù a Nazareth si svolge in un modo del tutto ordinario, senza che egli compia qualcosa di straordinario. Gesù vive da buon israelita, frequenta la sinagoga, porta avanti il suo lavoro con competenza e spirito di sacrificio, matura la sua personalità attraverso gli ordinari rapporti con la madre, con la gente e con Dio Padre, e attende che giunga l'ora stabilita per dare inizio al suo ministero pubblico. Maria l'osserva, s'interroga sull'identità del Figlio e, se tutto non è ancora chiaro, non chiede spiegazioni, ma rinnova la sua totale dedizione e completa disponibilità al servizio di Dio.

4. La docilità di Maria alle mozioni dello Spirito
a)
La crescita della fede di Maria va anche ricollegata con la sua docilità alle mozioni dello Spirito Santo. I giovani, che nella loro esperienza di vita cristiana hanno preso più viva coscienza dell'inabitazione dello Spirito in loro, sono portati a dare rilievo nella devozione a Maria al suo singolare rapporto con lo Spirito del Padre e del Figlio. In effetti, l' azione dello Spirito Santo non attinge soltanto la funzione materna della Vergine, ma permea la totalità del suo essere. Per questo tutta la vita di Maria è aperta all'azione dello Spirito Santo, è disponibilità al suo influsso vitale, è manifestazione della sua potenza che ne fa la «piena di grazia» (Lc 1,28). Maria è la creatura che più d'ogni altra seppe far tesoro dei doni dello Spirito: il dono della lode, dell'intercessione, delle lingue, della profezia, delle guarigioni. È veramente colei che è abitata dallo Spirito Santo, è pervasa da lui ed è immersa in lui. È il segno, il tempio e il sacrario della presenza operante dello Spirito. Preservata da ogni macchia di peccato fin dal primo istante del suo concepimento, Maria, mossa dallo Spirito Santo, va contro la comune mentalità delle donne ebree, desiderose di maritarsi e di avere figli nella speranza di diventare madri del Messia promesso, e ancora fanciulla abbraccia un progetto di vita verginale, esprimendo così la sua volontà di appartenenza totale ed esclusiva a Dio. Il fidanzamento con Giuseppe, voluto dai genitori, non sembra aver distolto la Vergine dal suo precedente proposito. Non a caso, quando l'angelo Gabriele le reca l'invito ad essere madre del Salvatore, Maria lo interroga: «Come è possibile? Non conosco uomo» (Lc 1,34). Il messaggero celeste la rassicura che il compimento del disegno di Dio in lei non offuscherà la sua verginità (cf Lc 1,35). Allora ella accetta di collaborare alla realizzazione dell'opera di salvezza, dopo aver appreso che quello che sarà generato in lei «viene dallo Spirito Santo» (Mt l, 20). È opportuno chiarire che mentre Matteo fa posare lo Spirito Santo sul Salvatore nel grembo della madre (Mt l,18-20), Luca, a differenza di Matteo, fa posare la «potenza dell'Altissimo» non già sul Figlio concepito ma sulla stessa Vergine, rendendola madre del Verbo incarnato: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio» (Lc l,35). L'espressione «scenderà su di te» è abbastanza insolita in Luca. Egli la usa in Atti l,8 per indicare la discesa dello Spirito Santo sui discepoli di Gesù il giorno di Pentecoste, e richiama alla memoria la profezia di Isaia 32, 15: «Ma infine in noi sarà infuso uno spirito dall'alto». Una parola-chiave in Luca l, 35 è «adombrare», che riecheggia il librarsi dello spirito creativo sulle acque al principio della creazione (cf Gn l, 2): analogamente il grembo di Maria, che era vuoto, viene reso fecondo dall'opera creatrice dello Spirito Santo. Più particolarmente la stessa parola «adombrare» evoca in qualche modo la nuvola della gloria di Dio che aleggiava sull'arca nel deserto. L'arca era il segno della presenza e della potenza di Dio in mezzo al suo popolo. Maria, pervasa dalla potenza dello Spirito, diviene l'abitazione dell'Emmanuele, il Dio-con-noi. Il rapporto di Maria con lo Spirito Santo cresce durante tutta la sua vita. Dopo la concezione verginale di Gesù, Maria, ripiena di Spirito Santo, si affretta a visitare la cugina Elisabetta e a offrirle le sue prestazioni premurose. L'azione del «levarsi» (Lc l,39) indica in Maria, come in altri personaggi che si incontrano con Cristo (cf Mc 2,13-22; Mt 9,9; Lc 5,27-28; 17,19), l'esistenza di un nuovo slancio spirituale, che è il risultato della venuta dello Spirito Santo e della presenza di Cristo in lei. Il suo saluto diventa il veicolo dispensatore della potenza dello Spirito e della benedizione divina: esso provoca l'esultanza messianica e la santificazione di Giovanni Battista e l'effusione dello Spirito Santo su Elisabetta, che riconosce in Maria la madre del suo Signore (cf 48 Lc l,39-45). Alle parole profetiche di Elisabetta, Maria, ricolma dello Spirito, esplode in un magnifico cantico di lode, di stupore e di ringraziamento per il modo con cui Dio procede nell'attuare le sue promesse, come vindice dei poveri e degli oppressi che confidano in lui, e stroncatore dei superbi e dei potenti che credono soltanto nella loro forza e nella loro astuzia (cf Lc l,46-55). Nei mesi che precedono la nascita del Salvatore, Maria, guidata dallo Spirito, vive la sua maternità divina, cercando di non lasciarsi assorbire completamente dal lavoro e dalle preoccupazioni domestiche. Nei momenti di silenzio, di raccoglimento e di preghiera intensifica il suo dialogo con Dio e consolida la sua unione con Gesù, che si sta formando nel suo grembo. La nascita di Gesù è la prova manifesta che lo Spirito Santo ha operato in lei cose stupende. La profezia di Simeone non è priva di oscurità e di mistero per Maria. Ella, però, non si perde d'animo e, sostenuta dallo Spirito Santo, rivolge tutta la sua attenzione a preparare il bimbo alla sua futura missione, che non le è ancora del tutto chiara (cf Lc 2,34-35). E quando lo ritroverà a Gerusalemme a discutere con i dottori e non riuscirà a comprendere pienamente la risposta del Figlio (cf Lc 2,48-50), è legittimo pensare che sia ancora lo Spirito Santo a indurla a serbare «tutte queste cose nel suo cuore», a meditare e approfondire ciò che le rimane ora oscuro (cf Lc 2,51).
b) Durante la vita pubblica di Gesù, la presenza di Maria tende a scomparire. Non mancano tuttavia richiami che lasciano intravedere come Cristo, mediante l'azione del suo Spirito, la prepari al ministero di una maternità di grazia. A Cana, Maria interviene a favore dei poveri, per i quali sollecita il Figlio a compiere il primo miracolo (cf Gv 2,11). È ragionevole scorgere in questo episodio l'esercizio della fede di Maria. Ella non comprende la risposta enigmatica del Figlio, ma, sotto l'impulso dello Spirito Santo, realizza la condizione che egli più tardi chiederà prima di operare i miracoli (cf Gv 4,48-53; 9,35-38): la fiducia totale nella sua persona. Infatti Maria, sicura che la sua richiesta non rimarrà inascoltata, dirà agli inservienti: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5). Sul Calvario, il valore universale della maternità di Maria trova conferma nelle parole di Gesù: «Donna, ecco tuo figlio» (Gv 19,26). Da quel momento la maternità di Maria è offerta al discepolo Giovanni e, in lui, a tutti i credenti nel Figlio suo sino alla fine dei tempi. E non solo a loro, ma, come madre universale, a tutti gli uomini, perché tutti sono chiamati a far parte della famiglia di Dio nel Corpo mistico che è la Chiesa. Così l'espressione che l'evangelista Giovanni pone sulle labbra di Gesù morente, assume un significato ecclesiale. È vero che tra le persone che nel Cenacolo attendono la «effusione dello Spirito>>, promesso dal Signore prima di ascendere al cielo, Luca cita, dopo il nome degli Undici Apostoli, la presenza delle donne con «Maria, madre di Gesù» (At 1,14 ). Maria non ha dovuto attendere la Pentecoste per comprendere la missione spirituale e universale del Figlio: ma la discesa dello Spirito porta in lei nuova grazia e nuova luce che le svelano più chiaramente l'insondabile mistero di Cristo. Per l'evangelista Luca, che aveva messo in luce l'importanza di Maria nella preparazione di Gesù alla sua missione, il ricordo della presenza di lei nel Cenacolo ha un suo proprio significato. Come lo Spirito Santo è intervenuto in Maria nella generazione umana del Cristo, così «Scenderà» sulla comunità apostolica per trasformarla in comunità carismatica. Con la sua presenza Maria predispone l'animo dei primi credenti in Cristo ad accogliere lo Spirito, cominciando ad attuare in questo modo la funzione di madre universale. Maria, che per la sua docilità all'azione dello Spirito ha dato un volto umano al Verbo eterno incarnato e lo ha protetto e assistito durante la sua vita terrena, sotto l'influsso dello stesso Spirito continua nella storia a collaborare a dargli un corpo. Quello che Maria fu per Gesù mentre viveva su questa terra, lo è analogamente per la Chiesa peregrinante, Corpo mistico di lui. Per questo le è assegnato il titolo di madre della Chiesa ed è venerata come tale. Infine va precisato che proprio come la risurrezione di Gesù fu opera dello Spirito (cf Rm 1,3-4), così l'assunzione è la sua ultima grazia per Maria, la quale continua a interessarsi maternamente di tutti i fratelli del suo Figlio, «fin tanto che tutte le famiglie dei popoli ( ... ) in pace e in concordia siano felicemente riunite in un solo popolo di Dio a gloria della santissima e indivisibile Trinità» (LG 69).
c) I giovani che riflettono o sono portati a riflettere sulla docilità di Maria all'azione dello Spirito e sulle conseguenze meravigliose di questa docilità, sono indotti ad evidenziarne l'ininterrotta sollecitudine materna a favore della Chiesa e la esemplarità per il cristiano che voglia aderire con prontezza alle mozioni del Paraclito. In sintesi, mi pare di poter dire che i gruppi giovanili cristiani, in base alla catechesi mariana che hanno ricevuto, sono inclini a vedere in Maria il modello, l'aiuto e la guida nella costruzione della loro personalità umana e cristiana, nel loro apostolato, nel loro cammino di maturazione nell'esercizio della fede e nella loro apertura alle mozioni dello Spirito Santo. Nella devozione alla Vergine Santa, i giovani ritrovano la consapevolezza e la gioia di essere e di sentirsi figli di Dio, la speranza in un futuro migliore e il coraggio di impegnarsi nella diffusione del regno di Dio e nella edificazione di una più fraterna solidarietà umana. Essi si rivolgono a Maria come a una persona viva e presente nella loro vita; lodano e ringraziano Dio per quanto ha operato in lei e opera anche in loro; celebrano i tempi e le feste di contenuto mariano con entusiasmo, creatività e spontaneità; riscoprono il valore e il significato del pellegrinaggio ai santuari mariani come un itinerario di conversione e di crescita spirituale ben radicato nella tradizione cristiana; e, infine, considerano il cantico del Magnificat non solo come un invito alla preghiera, ma anche come stimolo a inserirsi nella dinamica di salvezza e di liberazione del Dio cantato da Maria.

5. Proposte conclusive
a)
Bisogna anzitutto aiutare i giovani a coltivare una devozione a Maria, che non perda di vista la centralità di Cristo come unico Salvatore e Mediatore nella vita cristiana (cf 1 Tm 2,5-6; Co/1,16; 2,18; Eb 1,3-13). 52 «Infatti il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, si è fatto Egli stesso carne, per operare, Lui l'Uomo perfetto, la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale. Il Signore è il fine della storia, «il punto focale dei desideri della storia e della civiltà», il centro del genere umano, la gioia d'ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni. Egli è Colui che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei morti. Nel suo Spirito vivificati e coadunati, noi andiamo pellegrini incontro alla finale perfezione della storia umana, che corrisponde in pieno con il disegno del suo amore: «Ricapitolare tutte le cose in Cristo, quelle del cielo come quelle della terra» (Ef 1,10) (GS 45b). Occorre, dunque, evitare il rischio di far precedere la mediazione di Maria alla mediazione di Cristo, come se si potesse arrivare a Cristo soltanto per mezzo di Maria. È Cristo che riunisce in sé e salva, redimendole, tutte le creature, compresa Maria, la quale diventa così una via preclara per accedere a Cristo e vivere più intimamente l'immediato contatto con lui realizzato attraverso la fede e i sacramenti.
b) In secondo luogo è necessario riscoprire la figura biblica di Maria, studiando e approfondendo i passi scritturistici che la riguardano. La parola di Dio mette in luce non soltanto la dimensione storica e antropologica di Maria, ma anche la sua dimensione spirituale con i privilegi che la caratterizzano. Privilegi che dovranno essere pur sempre riproposti alla considerazione dei fedeli, perché fanno parte della genuina fede cattolica ed hanno una portata ecclesiale. Con la sua pienezza di grazia, l'Immacolata spinge i battezzati a lasciarsi trasformare dalla potenza dello Spirito inabitante in essi per diventare artefici, in unione con Cristo, uomo nuovo, della nuova umanità, rigenerata e irrobustita dai sacramenti della iniziazione cristiana, e indica quale dimora Dio scelga per sé nella creatura umana: una dimora di purezza, di fede e di disponibilità. La maternità verginale, destinata a diventare ai piedi della croce una maternità spirituale verso tutte le membra del Corpo mistico, è un invito a vivere come Maria la propria comunione con Cristo, continuando con il suo aiuto a donarlo agli uomini. L'Assunta, «immagine e inizio» della Chiesa glorificata, «brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione fino a quando non verrà il giorno del Signore» (cf 2 Pt 3,10) (LG 68). La Vergine Maria è, pertanto, forza esemplare e rinnovatrice di vita cristiana, perché è «la Donna nuova, accanto a Cristo, l'Uomo nuovo, nel cui mistero solamente trova vera luce il mistero dell'uomo, e vi è come pegno e garanzia che in una pura creatura, cioè in lei, si è già avverato il progetto di Dio, in Cristo, per la salvezza d1 tutto l'uomo. All'uomo contemporaneo, non di rado tormentato tra l'angoscia e la speranza, prostrato dal senso dei suoi limiti e assalito da aspirazioni senza confini turbato nell'animo e diviso nel cuore, con la mente sospesa dall'enigma della morte, oppresso dalla solitudine mentre tende alla comunione, preda della nausea e della noia la beata Vergine Maria, contemplata nella sua vicenda evangelica e nella realtà che già possiede nella città di Dio offre una visione serena e una parola rassicurante: la vittoria della speranza sull'angoscia, della comunione sulla solitudine, della pace sul turbamento, della gioia e della bellezza sul tedio e la nausea, delle prospettive eterne su quelle temporali della vita sulla morte» (MC 57).
c) Per ultimo, è doveroso premunire i giovani contro il pericolo di un consolatorio e securizzante devozionalismo mariano, sentimentale e credulone, che è inadatto a guidarli verso una conoscenza più profonda del Cristo e del ruolo della sua madre, Maria, nella storia della salvezza. La Lumen Gentium ricorda a tutti i fedeli «che la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa vana credulità, ma bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio, e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all'imitazione delle sue virtù» (LG 67). Una fondata presa di coscienza della devozione a Maria e l'incontro filiale con lei possono stimolare i gruppi giovanili di impegno religioso e apostolico e gli stessi gruppi giovanili mariani a superare il pericolo di intimismo, ad evitare di rinchiudersi nel proprio gruppo e ad aprirsi alle necessità spirituali e temporali dei fratelli. Chi legge il Vangelo s'accorge che Maria non fu prigioniera della casa di Nazareth: corse ad aiutare la cugina Elisabetta, si recò al tempio di Gerusalemme per compiere i suoi doveri religiosi, fu attivamente presente alle nozze di Cana, ascoltò la predicazione del Figlio, lo accompagnò sul cammino del Calvario e assistette alla sua immolazione sulla croce. Dopo l'ascensione di Gesù, la troviamo nel Cenacolo a invocare con i discepoli del suo Figlio l'effusione dello Spirito Santo. «Maria di Nazareth, pur completamente abbandonata alla volontà del Signore, fu tutt'altro che una donna passivamente remissiva o di una religiosità alienante, ma donna che non dubitò di proclamare l'intervento liberatore di Dio nella storia contro ogni oppressione ed emarginazione» (MC 37).
d) Il recupero di una più approfondita devozione mariana può anche impedire ai gruppi giovanili, impegnati più direttamente a mediare le nuove esigenze culturali con le istanze evangeliche, di smarrire la loro specificità cristiana, spronandoli a trovare una sempre miglior integrazione tra fede e vita, tra apostolato e lotta per la giustizia. Maria di Nazareth, aperta al dialogo con Dio e sollecita verso le necessità degli uomini, mostra al giovane il cammino che deve seguire per incontrarsi con Dio e collaborare insieme a dare un volto più umano e cristiano alla società. Il richiamo a Maria deve indurre i giovani che la invocano e la considerano Madre ad addestrarsi a vivere sino in fondo le esigenze di una comunione di vita con Dio, che sappia dare il suo proprio contributo alla edificazione di comunità autenticamente umane e fraternamente cristiane ricche di fede e di carità, dove continui a fiorire la gratuità dell'amore e del servizio che gli uni offrono agli altri. Sull'esempio di Maria, essi devono cercare di «fare della propria vita un culto a Dio e del loro culto a Dio un impegno di vita» (MC 21).

Bibliografia
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- GIOVANI
- GIOVANI E MARIA






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