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PIER DAMIANI



1. Cenni biografici
Le maggiori notizie sulla personalità di Pier Damiani le abbiamo grazie al suo biografo Giovanni da Lodi († 1105) autore di una Vita nella quale – come sovente accade nell’agiografia medievale – dominano il tono encomiastico e la finalità edificante. Al di là di quelle che sono le date e le tappe che scandiscono l’esistenza di un personaggio illustre, in Pier Damiani – come è stato fatto osservare giustamente – convivono come tre anime: il monaco, il consigliere dei papi ed il riformatore. Si tratta di tre caratteri, il cui collegamento si rispecchia nelle opere letterarie e teologiche da lui redatte. Nato a Ravenna in condizioni assai disagiate e rimasto ben presto orfano, Pier Damiani ebbe il sostegno di un suo fratello che, potendo disporre di mezzi, lo fede studiare e difatti il giovane si specializzò nelle arti del trivio e quadrivio, ma dopo poco tempo di carriera accademica come insegnante abbandonò il tutto per una vita più radicalmente evangelica. Del 1035 è l’ingresso nel monastero di Fonte Avellana – costruito attorno al 990 – che resterà particolarmente associato al suo nome e del quale diverrà priore nel 1043. Particolarmente attivo all’interno della vita monastica, Damiani scrive tra il 1045 e il 1050 una regola per il suoi monaci il De Institutis Ordine eremitarum. A questo scritto è contemporaneo il Dominus vobiscum, un piccolo opuscolo di teologia e di mistica, in cui il santo ravennate espone la dottrina dell’unità della Chiesa, fondandola sulla preghiera, sull’Eucaristia e sul ciclo liturgico. Nel 1057 viene creato cardinale di Ostia, carica dalla quale chiederà l’esonero 10 anni dopo per dedicarsi maggiormente alla vita eremitica. Accanto a questo legame profondo con la vita monastica, le esigenze della Chiesa nei suoi processi di riforma lo obbligano a continui spostamenti ed incontri con le autorità religiose e civili del tempo. Molto forte è, ad esempio, la sua collaborazione con Alessandro II nella lotta contro la simonia e ciò a partire dal 1061 e due anni dopo deve prendere le difese del monastero di Cluny per salvarlo dalle mire di Drogone, vescovo di Mâcon. C’è tuttavia da osservare che, riguardo alla simonia, Pier Damiani agì senz’altro con severità, ma sempre in modo equilibrato incorrendo a volte in critiche, come nel caso dell’assoluzione per mancanza di prove reali dell’arcivescovo Pietro di Firenze, attorno al 1067. Verso la fine della sua esistenza tuttavia si collocano gli eventi più delicati che vedono Pier Damiani quale protagonista e specialmente l’ultimo è davvero degno di plauso. Già il Sinodo del 1059 convocato a Roma da Niccolò II vede la presenza di Pier Damiani; a lui, successivamente, il papa dà l’incarico di entrare in contatto con i Vescovi e con i preti irregolari immorali per farli tornare ad una vita consona al loro ufficio. Ecco allora il Damiani a Milano in una missione non semplice date le forti tensioni in atto, quella di dirimere alcune questioni legate al corrotto clero di quella città che finì, come abbiamo detto, con il proposito di conversione. Di lì il monaco ravennate passa in Germania per distogliere Enrico IV dal divorzio da Berta di Savoia (1069). Nel 1071 è a Montecassino per la consacrazione della Chiesa, mentre l’anno successivo è a Ravenna per riconciliarla con la S. Sede dopo che Alessandro II aveva lanciato la scomunica per il vescovo Enrico, partigiano dell’antipapa Onorio II. Di ritorno dalla missione ravennate e diretto a Roma per riferire di essa, stanco ed ammalato, Pier Damiani muore a Faenza e viene sepolto nella Chiesa di S. Maria degli Angeli. Era il 1072. Autore di moltissimi scritti, il santo monaco si segnala per la varietà delle tematiche trattate. Chiaramente prevalgono argomenti di natura ascetica, spirituale e monastica, ma il Damiani si occupa anche di morale (coniugale e relativa alla corruzione del clero come il discusso e molto realistico Liber Gomhorrianus10), di diritto canonico e civile, di dogmatica, di liturgia nonché di mariologia e neppure disdegna l’innografia.

2. Il pensiero e gli scritti mariani di Pier Damiani
Collocandosi in un periodo di forte spiritualità e devozione alla Madre di Dio, è inevitabile che il Damiani ne assorba i maggiori e più ricorrenti contenuti. Il suo pensiero, pur non distinguendosi per una vera e propria originalità, possiede tuttavia almeno due caratteristiche: la varietà della produzione letteraria (omiletica, innografia, eucologia) su Maria e, in secondo luogo, l’abbondanza di figurazioni mariane molto spesso tra loro concatenate. Il nostro autore venera con i suoi scritti la Madre di Dio e induce a farlo rivolgendosi soprattutto al mondo monastico per il quale è prodigo di insegnamenti ed esortazioni a coltivare un fervido culto mariano. Volendo sintetizzare il nostro discorso fermeremo la nostra attenzione su due testi importantissimi inserendo, laddove occorre, richiami ad altri luoghi dell’opera del Damiani, tenendo conto che alcuni temi presenti negli scritti in prosa (sermoni, trattati, opuscoli) compaiono anche in preghiere, inni, composizioni di natura poetica. Maria – per S. Pier Damiani – si colloca tra due entità fondamentali verso le quali mantiene un rapporto di servizio: da un lato Cristo ed il suo Regno, dall’altro la Chiesa della quale è modello. Questo “collocarsi tra” è facilmente riconducibile al discorso della mediazione subordinata a Cristo che Maria esercita verso l’umanità e che, in epoca medievale, è particolarmente sentito ed associato al titolo e alle raffigurazioni iconografiche della Mater misericordiæ. Un tema che il Damiani accoglie ed utilizza in una preghiera nella quale si affida a Maria, cosciente dei propri peccati. Tale preghiera è inserita nel De Institutis Ordine eremitarum nel paragrafo relativo alla confessione dei monaci: «Io che sono miserabile ed infelice, confesso al cospetto di Dio, e a te, santa e gloriosa Vergine Maria e a voi tutti santi ed eletti di Dio che vi degnate di pregare per me misero peccatore. Per le intercessioni di tutti voi abbia pietà di me Dio onnipotente, mi rimetta tutti i peccati, mi liberi da ogni male, mi conservi, confermi e corrobori in ogni opera buona. Dio mi sciolga da tutti i vincoli delle mie colpe, e Cristo, Figlio di Dio, mi conduca alla vita eterna». Ma ciò che più conta è la nobiltà e la singolarità della persona di Maria che il monaco e vescovo ravennate pone in evidenza e ciò lo porta a sottolineare quale festa mariana principale la sua Natività celebrata l’8 settembre e alla quale egli dedica due sermoni.
            
3.
Il Sermone 45 sulla Natività di Maria
Nel primo di essi – catalogato dal Migne con il n. 4515 – il punto di partenza resta la decadenza del mondo che – per la Provvidenza di Dio – può rallegrarsi della festa della Nascita di Maria che costituisce l’«exordium humanæ salutis». Al centro abbiamo perciò la precisa volontà di salvezza del mondo da cui si motiva la presenza indispensabile della Vergine Maria. Quindi è possibile recuperare gran parte degli elementi mariologici del Damiani a partire da questo testo considerandolo quale buon punto di osservazione che ci spinge a guardare nella profondità del mistero dell’Incarnazione. Tutta la prima parte del Sermone 45 è un solenne richiamo ai fatti dell’AT e alla condizione dell’Adamo peccatore al quale viene restituita la santità. Singolare è allora la ripresa che il Damiani fa della ormai nota (sin dai secc. II-III) antinomia Eva-Maria: entrambe sono portatrici di frutti, ma il secondo è benefico e risolutivo per la salvezza umana. Partendo da Gv 6,51, il nostro autore pone a confronto tali frutti. Scrive Damiani: «Per (mezzo di) un cibo infatti siamo stati scacciati dalla bellezza del Paradiso, ma anche per (mezzo di) un cibo siamo stati riammessi alle gioie del paradiso. Eva ha mangiato un cibo per il quale ci ha condannati alla fame dell’eterno digiuno; Maria ha prodotto un cibo che ci ha spalancato l’ingresso dell’eterno convito». Quindi il testo prosegue con l’illustrazione dell’evento della redenzione alla quale presta il suo servizio la Vergine, evento che si svolge in un contesto di assenza di peccato senza per questo alludere alla dottrina dell’Immacolata Concezione che Damiani non accoglie pur non sminuendo la gloria e la grandezza di Maria. Scrive il santo: «il Creatore degli uomini prendendo la carne dalla beatissima Vergine è divenuto uomo senza peccato concepito nel seno della Vergine, senza peccato ha dimorato nel mondo». Su questo terreno di assoluta fecondità, ecco attuarsi l’evento dell’Incarnazione che, da parte del Figlio, è essenzialmente atto di offerta che trova il suo culmine nella Pasqua, i cui effetti sono descritti dal nostro autore attraverso citazioni di S. Paolo e della Lettera agli Ebrei. Tale offerta però non deve restare senza seguito ed è necessario che i credenti si pongano sulla linea inaugurata da Cristo: è Lui che dona forza alla sua Chiesa. Qui si colloca Maria che viene additata dalla Chiesa quale modello da imitare. In tal senso, la Madre di Dio resta presenza viva a beneficio del popolo di Dio chiamato a conformarsi a Cristo. Scrive Damiani: «È bene che ciascuno per offrire se stesso al Redentore, si affretti a vivere la comunione con Lui e chi anela gioire con Lui nella vera patria, calchi e imiti le impronte impresse da Lui nella via.. chi desidera partecipare alla meta finale insieme a Lui, lo scelga come sua guida durante il percorso. (…) Ecco l’intemerata e gloriosa Vergine Maria, ci viene proposta ad esempio. Oggi tutta la santa Chiesa celebra in tutto il mondo la sua splendidissima nascita; lei è stata prefigurata nella Legge, preannunziata nei vaticini dei patriarchi e dei profeti, salutata dall’angelo con un particolare privilegio d’onore; lei che è divenuta trono di Dio, soglia divina, palazzo del re eterno e stanza del tesoro, col quale siamo stati comprati e riscattati dalla cruenta schiavitù del diavolo». Dopo aver illustrato questo itinerario di comune servizio ed offerta all’opera della redenzione che vede associati Cristo, Maria e la Chiesa, il Damiani riprende un motivo già noto grazie all’influsso agostiniano: quello del concepimento per fede da parte di Maria. Nella riproposta del Nostro, l’argomento, tuttavia, prende una forte connotazione morale con l’appello alle buone opere: Concepire Cristo nel grembo è stato per la beatissima Vergine un fatto singolare e straordinario, mentre portarlo nel proprio cuore con devozione è un fatto comune ed universale per tutti gli eletti. Felice e senza dubbio beata è la Vergine , che lo ha portato per nove mesi nel suo grembo; felici siamo anche noi, se con assiduità ci sforziamo di portarlo nella mente. È stata una cosa realmente singolare che Cristo sia stato concepito in un grembo carnale, ma non è cosa di minor importanza se lo si porta nel profondo del cuore. (…) Da qui direttissimi bisogna considerare quanto sia grande la nostra dignità, e quanto altrettanto grande sia il nostro rapporto con Maria. Maria ha concepito Cristo nel suo grembo, noi lo portiamo nel profondo della mente. Maria nutriva il Cristo quando egli succhiava il latte dalle mammelle, anche noi lo nutriamo con le gioie che provengono dalle buone opere. Non è da escludere, in quanto il Damiani formula, un’eco di un altro concetto a lui anteriore: quello di anima ecclesiastica che permette di vedere in Maria e nella sua accoglienza il modello dell’anima del cristiano sempre unita allo Sposo. Si tratta di un tema di derivazione origeniana che passa in Occidente e dilaga nel Medioevo e nell’epoca moderna fino ad arrivare al XX secolo. Ecco allora l’estensione ecclesiologica del discorso damianeo, specialmente nel suo trattato Dominus vobiscum dove viene posto in luce come tutto il mistero della Chiesa si realizza in ogni membro e nell’intera comunità: la Chiesa è perciò una in molti e tutta intera in ciascuno dei suoi membri. Per sottolineare ciò, il Damiani ricorre al tema dell’uomo come microcosmo già presente nella filosofia classica. Più avanti il nostro autore si sofferma a contemplare l’umiltà di Maria e come, attraverso questa virtù, Dio è capace di anche di umiliare e riservare gravi sofferenze alle creature da Lui elette. Tale è la vicenda della Madre di Dio che, umile per condizione e per le circostanze sfavorevoli del suo parto (cf. Lc 2,7), si trova ad ascoltare la drammatica profezia di Simeone (cf. Lc 2,35). Per questo la sua vita – conclude il Damiani – deve essere di ammonimento affinché ci si allontani non solo dal peccato, ma da tutto quello che, nella vita terrena, va sotto il nome di comodità: «Anche noi fratelli badiamo a disprezzare le lusinghe di questo modo, ad evitare l’abbondanza delle cose della terra (…) e portare con assiduità nella nostra mente la Croce di Cristo giacché come ora la nostra anima è trafitta dalla spada di Maria con lei un domani si sazierà della dolcezza di una felicità eterna».

 4. Il Sermone 46 sulla Natività di Maria
 Nel secondo sermone sulla Natività, più esteso rispetto al precedente, dopo un inizio encomiastico nei confronti della Madre di Dio e dopo aver considerato i vari fatti legati alla genealogia di Gesù, Pier Damiani colloca al centro il parto e la divina maternità di Maria e fa ruotare attorno a questo evento alcuni aspetti fra loro collegati che illustrano la grandezza della Vergine: l’essere causa di una gioia cosmica, la verginità singolare, l’insieme dei titoli applicati a Maria e desunti tanto dalla Scrittura quanto dalla pia tradizione della Chiesa e, non meno importante, la vicinanza di Maria alla Chiesa in un’ottica di intercessione. Tali elementi ci aiutano a situare il Damiani nel contesto culturale e teologico del tempo facendoci scorgere nel suo argomentare preziose anticipazioni di temi letterari e teologici successivi.
a) Anzitutto Maria è vista come CAUSA DI UNA GIOIA CHE INVESTE IL CIELO E LA TERRA, ma si tratta di una funzione partecipata a quella di Cristo che resta l’unico Salvatore. Attraverso il suo parto, però, Maria contribuisce a tale opera di gioiosa riconciliazione e pace. Motivando la sua argomentazione sull’annunzio ai pastori, il Damiani scrive: «Per mezzo di questa beatissima Vergine non solo viene restituita la vita che un tempo era stata tolta agli uomini, ma è anche aumentata la beatitudine della sublimità degli angeli, perché quando ella dalla terra è condotta al cielo, si reintegra il loro numero che per la superbia aveva conosciuto una diminuzione. Questa superiorità era stata indicata da quella moltitudine di angeli che, nella nascita del Redentore, ai pastori in ascolto aveva proclamato: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Dicendo prima Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e poi aggiungendo pace in terra, si mostra apertamente che l’ineffabile parto della Vergine generava gioia non solo interra ma anche nei cieli». È da notare come in questa citazione il Damiani unisca due misteri salvifici: l’Assunzione di Maria e la sua maternità. Due temi che anche in altri autori sono presenti come apportatori di una gioia tanto del cielo quanto della terra.
b) Successivamente il nostro autore passa a illustrare LA SINGOLARITÀ DELLA VERGINE SOFFERMANDOSI SUL SUO CONCEPIMENTO CHE NON CORROMPE LA SUA INTEGRITÀ, del Dio che non può essere contenuto in alcun luogo. Allo scopo di dare maggiore evidenza al discorso possiamo riportare tre passaggi del testo del Damiani che, anzitutto, esalta la fecondità della verginità di Maria: «O verginità mirabilmente feconda, che per un nuovo e straordinario prodigio puoi essere detta madre e vergine. Colui che non può essere contenuto dal mondo intero, viene infuso nel grembo di una fanciulla non sposata». Quindi ad esprimere la conservazione della verginità di Maria, Pier Damiani aggiunge: «Egli nel concepimento apportò il decoro della fecondità e nella nascita non tolse il decoro della verginità». e, da ultimo, a sottolineare la benigna condiscendenza di Dio: «era nutrito nel grembo di una fanciulla colui che la vastissima latitudine del cielo non riesce a contenere». L’associazione del cielo con la Vergine Maria che compare in questa Omelia non è nuova e ci fa considerare quel passo oltre che conduce il Damiani a identificare la Madre di Dio con il cielo. Il costituirsi di Maria come cielo che è capace di contenere l’Infinito avvalora, da un lato, la sua grandezza e, per altro verso, la missione di servizio del Figlio di Dio mostrata attraverso la sua fragilità di bambino. Ma chiaramente è proprio quest’ultimo fattore, in coerenza con tutta la logica della Rivelazione, a legittimare la singolarità di Maria.
c) Non stupisce allora tutta LA SERIE DI TITOLI MARIANI che leggiamo più avanti e raccolti dal Damiani: Regina del mondo, finestra del cielo, porta del paradiso, tabernacolo di Dio, stella del mare, scala del cielo. Fra tali titoli, un particolare rilievo assume il fiore (nella fattispecie il giglio) nato appunto dalla verga (cf. Is 11,1) – prefigurazione isaiana di Maria – che da alcuni autori di questo secolo XI è particolarmente apprezzata ed utilizzata. Fiore/giglio – dice il Damiani riferendosi a Ct 2,1 – è Cristo, ma lo stesso appellativo è applicabile a Maria. Ecco allora in unità le due immagini: «Da questa verga germogliò come fiore il nostro Redentore, che ha adornato i campi del mondo intero con rose e gigli: i suoi martiri e i suoi confessori. Infatti egli è il singolare fiore della Santa Chiesa come di se stesso dice nel Cantico dei cantici : Io sono un fiore di campo e un giglio delle convalli. Questo giglio non si trova sui monti, ma nasce nelle convalli perché Dio, che resiste ai superbi, si trova nel cuore degli uomini. Cristo è chiamato giglio; giglio è detta anche sua madre come viene indicato successivamente nello stesso Cantico: Come un giglio fra le spine, così l’anima mia fra le fanciulle». L’immagine del fiore (che ha una vasta letteratura risalente al III secolo33) è importante per i successivi sviluppi in campo teologico e poetico. Possiamo pensare a Dante e alla preghiera di S. Bernardo dove compare la frase di forte intonazione cristologica «così è nato questo fiore»,  ma non si deve porre sotto silenzio anche l’altra immagine delle spine, indicativa ed anticipatrice della graduale formulazione teologica dell’Immacolata. Abbiamo già parlato dell’opinione di Damiani relativa a questa verità di fede. Tuttavia egli aggiunge un ulteriore spiegazione del passo di Ct 2,2 dove si parla di giglio tra le spine: «Come giglio tra le spine, così la beatissima Vergine Maria ha risplenduto tra le fanciulle: lei che era nata dalla spinosa stirpe dei Giudei brillava nel corpo per la purezza della sua verginale castità». Quindi Maria possiede una luce ed una purezza che contrastano efficacemente con le spine rappresentate dal suo popolo. Proseguendo nella stessa Omelia sulla Natività, il santo ravennate riprende alcune tematiche che mostrano, da un lato, la novità rappresentata da Maria (il suo essere nuova Eva, il presentarsi come madre che genera e, al contempo, come ancella che è generata, ecc.) e, per altro verso, la sua unione con Cristo.
d) Dall’insieme degli elementi variamente concatenati dal nostro autore in un crescendo il testo si conclude con una POTENTE RICHIESTA DI INTERCESSIONE: a Maria, paragonata alla città di Dio ed apportatrice di gioia, si eleva la supplica per ottenere il necessario aiuto per la salvezza: «Ti supplichiamo, o clementissima, Madre della stessa pietà e misericordia, noi che sulla terra gioiamo nel celebrare solennemente le insigni tue lodi, ti supplichiamo di meritare di avere nel cielo l’aiuto della tua protezione. E, come per mezzo tuo il Figlio di Dio si è degnato di scendere tra noi, così anche noi per mezzo tuo possiamo giungere alla comunione con lui». Il potere di intercessione di Maria che spinge l’umanità peccatrice a richiedere di poter condividere la gloria celeste, compare in sintesi anche in una lettura-orazione del Piccolo Ufficio della Madonna in cui è evidente l’influsso dell’antica antifona Sub tuum præsidium. Scrive Damiani: «Regina del mondo, scala del cielo, trono di Dio, porta del paradiso, ascolta le preghiere dei poveri, non respingere il gemito degli infelici. Ti invochiamo: sii tu a presentare le nostre suppliche e i nostri gemiti al cospetto del Redentore, affinché ciò che non è accolto per i nostri meriti, per tua intercessione possa essere ascoltato dalle divina misericordia. Cancella i peccati, mitiga le azioni malvagie, rialza chi è caduto, libera i prigionieri. Per tuo mezzo vengano estirpati le spine e i germogli dei vizi e nascano i fiori e gli ornamenti delle virtù. Con la tua preghiera rendi benigno il Giudice che hai generato con parto verginale come Salvatore, affinché, fatto partecipe della nostra umanità per mezzo tuo, ancora per mezzo tuo ci renda partecipi della sua divinità».

Conclusione
Volendo concludere questa panoramica sul pensiero mariano del Damiani potremmo condensare in un concetto di fondo, non nuovo, certo, ma sapientemente orchestrato dal Nostro: quello di NOVITÀ. E novità è appunto quella nascita di Maria che il dottore ravennate antepone ad ogni altra festa mariana. È significativo infatti che, parlando della nascita della Madre di Dio, il nostro autore orienti subito il suo discorso sull’Incarnazione illustrato a diversi livelli e specificazioni. Questo evento nuovo (ogni nascita è, in fondo, sinonimo di novità) fa sì che Maria compaia quale creatura umana con una serie di caratteri che la differenziano dall’umanità. La sua singolarità le assegna perciò un ruolo attivo del tutto particolare di cooperazione alla salvezza e ciò giustifica la ripresa tanto del binomio Eva-Maria quanto dell’altro Eva-Chiesa in ordine alla restaurazione dell’uomo e, in ultima analisi, non privo di risvolti per la riforma della Chiesa. Una singolarità ed una grandezza che condensate nell’unica persona di Maria, a beneficio del popolo di Dio, si esplicitano nel loro: a) essere causa di gioia; b) esercitare l’intercessione e garantire l’affidamento; c) collocarsi qual modello di fede e vita virtuosa. Novità, quindi, composita nei suoi caratteri e che ben si innesta in tutto il programma di riforma della Chiesa del tempo. Una presenza quella di Maria, potremmo dire, trasversale e tale da toccare le diverse aree della teologia, della devozione e della vita ecclesiale del tempo così come esse sono comprese e vissute da questo grande protagonista della Chiesa.

Bibliografia
DI GIROLAMO L., Teologia monastica e teologia scolastica: Maria in san Pier Damiani e san Bonaventura, in Sabati Mariani, Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma,   febbraio 2011, pp. 1-9; DAMIANI P., Opera omnia, Vol. 1 - Vol. 2, Città Nuova, Roma 2000 - 2015; ID., Lettere, Vol. 1 - Vol. 2, Città Nuova, Roma 2002 - 2015; ID., Sermo 45 In Nativitate B. M. Virginis, in PL 144,747 B-C.; ID., Dominus vobiscum c. VIII, in PL 145,239 D.; ID., Sermo 46 In Nativitate B. M. Virginis in PL 144,748 B-761 C.; ID., Carmina et preces 51, in PL 145,935 D-936 A.; D’ANGELO E., Storia della letteratura mediolatina, Accademia Vivarium Novum, Montella 2004; PALAZZINI P., Pier Damiani, in Bibliotheca sanctorum, vol. X, pp. 555-56; ID., S. Mariæ Virginis camerarius, in Tabor 12 (1958), pp. 900-18;LUCCHESI G., San Pier Damiano. Nel IX centenario della morte (1072-1972), Centro Studi e ricerche sulla antica provincia ecclesiastica Ravennate, Cesena 1978, vol. IV; GOBRY I., L’Europa di Cluny, pp. 319-20, in PL 145,335 C-64 D; LECLERCQ J., St. Pierre Damien ermite et homme d’Église, Ed. Storia e Letteratura, Roma 1960; ID., La spiritualità del Medioevo, Ed. EDB, Bologna 1986; FERRETTI W., La comunità cristiana secondo Pier Damiani in AA. VV., Studi su San Pier Damiano in onore del Cardinale Amleto Giovanni Cicognani (Biblioteca Cardinale Gaetano Cicognani 5) Faenza 1970; BALDASSARRI S., La mariologia in S. Pier Damiano, in La Scuola Cattolica 61 (1933), pp. 304-12; ROSCHINI G. M., La mariologia di S. Pier Damiano, in S. Pier Damiano nel IX centenario…, pp. 195-237; LASSUS L. A., Essai sur la mariologie de saint Pierre Damien, précurseur de S. Bernard, in Collectanea Cisterciensia  45 (1983), pp. 35-56.; DI DOMENICO P. M. (a cura di), Maria Madre di Misericordia. Mostra te esse matrem, Ed. Messaggero, Padova 2003;  BALBONI D.,, S. Pier Damiano, maestro e discepolo in Pomposa, in Benedictina 22, 1975, I-II, p. 77; CALATI B., S. Pier Damiano maestro nella Scrittura, in Fonte Avellana nella società dei secoli XI e XII, pp. 307-8; PICASSO G., Il ricordo di S. Ambrogio nelle opere di S. Pier Damiani, in Archivio Ambrosiano 27 (1974), pp. 111-122; SANTI F., Una mariologia del «cielo dei cieli» ?, in RIGHINI D. (a cura di), «Psallitur per voces istas». Scritti in onore di Clemente Ferri, Firenze 1999, pp. 361-70; PIASTRA C. M. (a cura di), Figure poetiche e figure teologiche nella mariologia dei secoli XI e XII, Edizioni Sismel del Galluzzo, Firenze 2004, pp. 61-79.






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