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MOVIMENTO MARIANO


1. Il movimento mariano dei secolo XVII e XVIII
Durante gli ultimissimi anni del XVI secolo comincia un nuovo slancio mariano. Il rinnovamento parte dai Paesi non toccati dalla Riforma: l'Italia e soprattutto la Spagna, ancora all'apogeo della sua gloria, e che dà il tono in tutti i campi, dalla mistica alla moda, dalla teologia alla letteratura. Esso ha per protagonisti i primi grandi teologi della Compagnia di Gesù; in Spagna: Salmeròn (†1585), Surez, che elabora nel 1590 la prima mariologia sistematica, poi Salazar che lancia nel 1618 la prima grande opera sull'Immacolata Concezione e la prima esposizione ex professo sulla parte di Maria nella Redenzione; S. Pietro Canisio in Germania e Bellarmino in Italia.
a) Per designare lo straordinario slancio che si verifica a partire dai primi anni del XVII secolo e che si prolungherà in parecchie ondate fino a un'epoca recentissima, conviene parlare del «movimento mariano». Movimento, preso in questo senso, significa un impulso collettivo, organico e spontaneo, che tende al rinnovamento e alla promozione di idee, di opinioni o d'organizzazioni. Così si parla del movimento romantico o del movimento surrealista nel campo letterario, del movimento operaio o femminista nell'ordine sociale, ecc. Il movimento di cui si tratta fa pensare al sollevamento di un'ondata sulla riva del mare. Vi è senza dubbio una spinta negativa: la preoccupazione di reagire contro i dubbi elevati dal protestantesimo, per vendicare l'onore della Vergine. Ma la reazione supera largamente la polemica, onde la preoccupazione costruttiva predomina. Vi è un desiderio di conoscere meglio la Vergine e di glorificarla in tutti i modi. Bruscamente le pubblicazioni che le sono dedicate si moltiplicano. Il numero di opere pubblicate ogni anno sale rapidamente fino al 1630 circa, per raggiungere un massimo tra il 1630 e il 1650. Poi lentamente la parabola declina, come se l'impulso, esauritosi, si ripiegasse su se stesso.
b) Il movimento viene rianimato durante più di un secolo da alcune controversie in cui lo zelo mariano si getta a corpo morto: polemica attorno agli Avvisi salutari della Vergine ai suoi devoti indiscreti, dal 1673 al 1678; controversia contro gli spregiatori di Maria d'Agreda alla fine del XVII e all'inizio del XVIII secolo; controversia attorno al «voto del sangue» tra il 1714 e il 1764. Grandi nomi guidano ancora il movimento: S. Giovanni Eudes (†1680), S. Grignion de Montfort (†1716) il cui successo attenderà un secolo, infine S. Alfonso de' Liguori, che pubblicò nel 1750 Le Glorie di Maria, la più forte tiratura delle opere mariane di tutti i tempi. Dopo la metà del XVIII secolo, tuttavia, il movimento ricade inevitabilmente nel silenzio per più di mezzo secolo (dal 1780 al 1830). L'inizio del periodo così delimitato è caratterizzato da un cambiamento di ispirazione e un'esplosione di entusiasmo. Il contrasto tra i primi tre quarti del XVI secolo e gli inizi del XVII è sorprendente. Da un lato alcune opere brevi, esangui, assorbite da preoccupazioni polemiche; dall'altro una letteratura sovrabbondante, dominata da preoccupazioni costruttive fino a dimenticare ordinariamente l'esistenza dei protestanti. Il XVI secolo si era limitato al compito di difendere l'eredità. Il XVII è guidato dalla preoccupazione, talvolta eccessiva, di promuovere le glorie misconosciute della Vergine, e di suscitare forme di devozione inedite: feste nuove, congregazioni e associazioni dedicate a Maria, monumenti di ogni genere, impegni e consacrazioni, tra i quali bisogna situare in primo piano il « voto di Luigi XIII ».
c) Se si vogliono ricondurre tutte queste attività alloro oggetto teologico centrale, non vi è punto da esitare: è l'Immacolata Concezione. Questa credenza, ostacolata da gravi difficoltà teologiche e dal peso di autorità tanto considerevoli quanto S. Bernardo e S. Tommaso d'Aquino, è allora sospetta all'Inquisizione Romana, che esercita pressioni contro gli immacolisti, e finisce per formulare segretamente un decreto che proibisce il titolo di Immacolata Concezione. Più precisamente: non si doveva riferire l'aggettivo « immacolata » alla concezione di Maria, ma soltanto alla sua persona. Così si poteva dire: « La concezione della Vergine immacolata », ma non « la concezione immacolata della Vergine ». A partire dal 1627, il decreto obbligò gli inquisitori a intervenire più volte contro quei libri che portavano il titolo così proibito. Il decreto, reso pubblico nel 1644, mise i campioni dell'Immacolata in una situazione difficile. Nondimeno, alcune opere furono consacrate a tale questione. Gli autori impararono a diventare tanto più prudenti sui titoli delle loro opere, quanto più pubblicavano vicino a Roma. Questa letteratura immensa - stampata e manoscritta - ha sfidato finora tutti gli inventari. Gli autori accumulano le testimonianze, le edizioni, le nuove edizioni, le argomentazioni, ecc.: lavoro enorme, ineguale, spesso deformato dalle preoccupazioni polemiche. Si stenta oggi a farsi un'idea della violenza delle passioni che furono allora impegnate pro e contro questa dottrina. Questa violenza spiega il riserbo della Santa Sede, la cui preoccupazione dominante fu quella di ristabilire la pace, necessaria per vederci chiaro. Ma niente era più difficile. Da un lato i macolisti erano forti alla Inquisizione. Essi agivano nell'ombra. Dall'altro gli immacolisti erano sostenuti dai principi cristiani, in primo piano i re di Spagna. Questi mandarono appositamente a Roma tre solenni ambasciate con l'incarico di ottenere ad ogni costo una definizione di quella che si chiamava «la pia credenza». Appena prese, le decisioni destinate a metter fine alle discordie, erano utilizzate dai macolisti come un'arma di persecuzione, dagli immacolisti come una conferma trionfale del loro punto di vista. Così tirata in tutti i sensi, la barca di Pietro avrebbe dovuto capovolgersi venti volte nella incoerenza. Con l'aiuto dello Spirito Santo, avvenne proprio il contrario. Nonostante la successione di papi, le cui tendenze personali erano diverse, le decisioni del Magistero supremo tracciano una linea ferma e coerente. Queste decisioni di carattere disciplinare, in cui si delinea lentamente e progressivamente un orientamento dottrinale, realizzano un triplice compito: ristabiliscono la pace, riducono progressivamente al silenzio gli avversari dell'Immacolata Concezione e preparano le vie alla definizione del 1854.
d) A questo riguardo la tappa più notevole fu la bolla Sollecitudo, promulgata 1'8 dicembre 1661 da Alessandro VII. Senza condannare l'opinione contraria (che era ancora vietato attaccare), il papa vi dichiarava positivamente il favore della Santa Sede per l'Immacolata Concezione, precisava i termini teologici di questa credenza, e vietava di attaccarla sotto qualunque forma. Ancora per mezzo secolo, l'attività sempre più occulta dei «macolisti» terrà in sospeso i partigiani della «pia credenza». Ma essi ormai non sono più che una piccola cricca che perde ogni anno terreno. I tornisti, che avevano combattuto i partigiani dell'Immacolata Concezione in nome di S. Tommaso d'Aquino, ora dispiegavano tutta la loro ingegnosità per farne un immacolista misconosciuto. A metà del XVIII secolo, dopo le, ultime scaramucce e le ultime controversie, tutti sono stanchi. Il terreno è ingombro da una tale massa di opere, di autorità vere o fittizie, di distinzioni positive o strampalate, di esposizioni divergenti del mistero, da smarrircisi. Questo gigantesco lavoro non era stato inutile. Ma bisognava che si decantasse. Come dopo giorni di vane ricerche e di inestricabili riflessioni, lo scienziato trova talvolta nel sonno la soluzione che gli sfuggiva, così, al termine di un periodo sterile (1751-1851), la Chiesa tirerà fuori definitivamente la soluzione in cui si risolveranno tante divergenze e complicazioni.

2. Il XIX secolo
a) I primi trent'anni del XIX secolo sono forse il periodo più vuoto della letteratura mariana. I libri sono rari e mediocri. Ciononostante, l'impulso riprende all'improvviso sotto forme nuove e sorprendenti. Prima di tutto, nel 1830, un'apparizione, la prima di una lunga serie che caratterizzerà il XIX secolo. La Vergine dà a Caterina Labouré l'effigie della medaglia miracolosa. Il fatto resta nascosto, ma determina un vasto movimento di pietà e di conversioni. È sotto il segno della medaglia miracolosa che la Vergine appare ad Alfonso Ratisbonne. Questa medaglia, che mostra la Vergine, «concepita senza peccato» e con le mani irradianti, sembra proporre il programma che orienterà il movimento mariano per un secolo: Immacolata Concezione e Mediazione. Il periodo, inaugurato da un'apparizione, continua con una definizione. Nel 1854 l'Immacolata Concezione è dichiarata dogma di fede. La sentenza infallibile arriva prima che la teologia abbia manifestato segni di rinascita. Lo sforzo dei secoli XVII e XVIII sembra allora dimenticato e quello del XIX secolo si riduce ancora a ben poco. Prima di procedere alla definizione, Pio IX consulta i vescovi sul sentimento della Chiesa. Ma il lavoro teologico di preparazione non va molto lontano, tanto che si trova a stento un'opera teologica organica che rappresenti, se non un metodo rigoroso, per lo meno un lavoro di ampio respiro; e il suo autore, C. Passaglia, che iniziò Scheeben alla mariologia, finirà poi in rotta con la Santa Sede, a causa della questione romana.
b) In breve, questo periodo sconcertante, in cui la Chiesa è indebolita e minacciata, in cui sotto tanti aspetti le mancano le risorse intellettuali, tutto parte dall'alto, e la deficienza delle realizzazioni maschera assai spesso la qualità dell'ispirazione. Una fioritura carismatica precede la rinascita dottrinale e letteraria. L'inizio del secolo è caratterizzato dall'assenza di opere sulla Vergine. Di lì si passa, all'improvviso, verso il 1840, a una proliferazione ancor più affliggente. Qui sta tutto il dramma religioso del XIX secolo. È un'epoca in cui una pietà ardente e profonda si nutre di una letteratura sofisticata e di un'arte deplorevole. La teologia resta debole durante tutto il XIX secolo, ad eccezione di precursori allora misconosciuti: Newman in Inghilterra (1866) e Scheeben in Germania (1822). É deludente rileggere oggi le mariologie allora in voga. Perfino Monsignor Malou ci fa talvolta sobbalzare, per esempio dove chiama Maria «una persona divina», o «la quarta persona della Santissima Trinità» e questo «secondo i Padri» dei quali non dà nessun riferimento. E con ragione!

3. Il periodo 1900-1958
a) Nonostante queste deficienze, la vitalità del movimento mariano si mantiene. La teologia stessa finisce per progredire. All'inizio del XX secolo, le opere di Terrien e di Renaudin ne danno testimonianza. Il 1900 apre l'era dei congressi mariani internazionali: adunanze entusiaste e ferventi, preoccupate di moltiplicare i dogmi e le manifestazioni cultuali. Il primo, tenuto a Lione dal 5 all'8 settembre 1900 lancia il movimento, che avrà successo, per la definizione dell'Assunzione. Questo movimento avrà i suoi apostoli, le sue riviste, le sue associazioni. Raccoglierà 8.036.393 firme e susciterà una quantità considerevole di petizioni rivolte al papa. Leggendo questa letteratura raccolta in due enormi volumi non si sfugge all'impressione che vi sia in questo zelo una parte di artificio. A differenza del movimento immacolista del XVII secolo, il movimento assunzionista è meno polarizzato dal suo oggetto dottrinale che dalla volontà di promuovere di fronte al mondo una nuova glorificazione della Vergine. Esso ha preso la forma di un gruppo di pressione che si sforza di agire sulla Santa Sede con tutti i mezzi. Produce più passi esterni che approfondimenti teologici. A lungo andare si sgonfia e declina.
b) Nel 1920, esso viene sostituito dal movimento mediazionista, il cui oggetto è la definizione della mediazione universale di Maria. Il promotore di questo nuovo movimento è il cardinale Mercier. Egli vi pensava fin dal 1913, ma non poté lanciarlo effettivamente che nel 1921, dopo la guerra. Il cardinale era allora al colmo del suo prestigio: si dice abbia avuto più di 10 voti al conclave del 1922. Egli ebbe il merito di lanciare, prima di tutto, una corrente di studi dottrinali. Così, lungi dall'intisichire e degradarsi, come il movimento assunzionista, il movimento mediazionista si sviluppa con un'ampiezza senza precedenti. E come sempre, quando si lavora, il livello sale: libri, articoli di riviste, lavori di commissioni si moltiplicano. Tuttavia la formula che il cardinale aveva scelto su un impulso spontaneo e senza studio preliminare trovò delle difficoltà in alto, specialmente al Santo Uffizio, colpito dal problema; come conciliare la mediazione della Vergine e l'Unico Mediatore di S. Paolo? E soprattutto: in che senso parlare di mediazione universale? È forse «attraverso Maria» che son venute le grazie dell'Antico Testamento? È per mezzo di lei che si stabilisce la grazia abituale? E come può essere compatibile quest'ultima dottrina col fatto che la grazia è attuazione immediata dell'anima da parte di Dio? Son forse conferite per mezzo di lei le grazie sacramentali ex opere operato? In tal caso come conciliare questa dottrina col fatto che si tratta di atti salvifici operati da Cristo stesso là dove il suo ministro pone il segno sacramentale? Parecchi esperti ufficiali restavano perplessi o reticenti davanti a queste questioni.
c) Così Pio XII ritornò all'Assunzione che fu definita nel 1950, dopo alcuni anni di studi e una consultazione dell'episcopato. I fasti di questo atto solenne ebbero uno strascico nell'anno mariano 1954, in cui fu celebrato il centenario della definizione dell'Immacolata Concezione, con la proclamazione della regalità di. Maria che ebbe luogo quello stesso anno, poi col centenario di Lourdes, nel 1958. Il pontificato di Pio XII (†1958) segnò così l'apogeo ufficiale del movimento mariano. Certi discorsi, certe opere facevano intravvedere allora un crescendo di nuove ascensioni e di nuove conquiste. In realtà da allora sembra prodursi un riflusso a causa di una svolta sconcertante che risponde alla transizione dal periodo post-tridentino a quella che si potrebbe chiamare l'era del Vaticano II.

4. L'era nuova del Vaticano II e i suoi antecedenti

a) Nel Concilio Vaticano II il testo consacrato alla Vergine fu l'oggetto di particolari difficoltà; Se ne ebbe sentore già alla fine della prima sessione, quando fu fatto un tentativo per promulgare affrettatamente lo Schema sulla Beata Vergine Maria, Madre di Dio e Madre degli uomini (dicembre 1962). Questa proposta prematura fu rapidamente ed elegantemente scartata, senza che ci fosse il tempo di iniziare un conflitto. L'anno seguente, quando alcune sollecitazioni fatte oralmente e per iscritto dal dicembre del 1962 costrinsero a porre la questione: «Bisogna reintegrate lo schema sulla Vergine nello schema' sulla Chiesa? », la divergenza dei punti di vista divenne manifesta. Gli uni volevano questa integrazione. Essi intendevano situare la Vergine ai suo posto nella comunione dei santi e nella storia della salvezza, rimediare così sia alle tendenze chiuse della mariologia, sia alle dissociazioni tra teologia e pietà mariane. Gli altri vedevano in questa reintegrazione un avvilimento della Vergine regina al livello degli altri cristiani, un'azione minimista. La propaganda fu intensa nei giorni che precedettero il voto del 29 ottobre 1963: azioni individuali, conferenze, ecc. Alcuni foglietti furono distribuiti nelle cassette delle lettere, all'ingresso di S. Pietro, e persino nel posto dei vescovi la mattina del voto. Uno dei foglietti manifestava così le apprensioni degli oppositori:
1. La dottrina tradizionale sulla Madonna corre un grave pericolo, perché così la si considera come uguale a noi.
2. La concezione di quelli che vedono in Maria «il tipo della Chiesa» è del tutto nuova, non conforme alla Tradizione e inventata in questi ultimi anni.
3. Essa minimizza così i privilegi della Madonna e diminuisce la devozione verso di lei.
Argomentazione certamente eccessiva, poiché « tipo della Chiesa» è una formula di sant'Ambrogio, corrente presso i Padri. Ma questi temi fecero impressione.
b) Il mattino del voto, numerosi vescovi erano perplessi. Votare l'integrazione dello schema, non era votare contro la Vergine? I risultati furono spartiti: 1.114 voti a favore, 1.074 contro. Era la prima volta che il Concilio, ordinariamente unanime a più del 90% e anche del 95% si trovava diviso in due parti quasi uguali: lo spostamento di venti voti su più di 2.000 avrebbe cambiato il risultato. Risultato tanto più paradossale in quanto lo schema dichiarava la Vergine « fautrix unitatis », fautrice di unità. Fu una costernazione. Che avveniva? Che significava questa crisi che il Concilio si adoperò fin da allora a risolvere?

5. Il riflusso del movimento mariano
Il cambiamento, che si manifestava, veniva da lontano ed era inerente a motivi storici necessari e alla natura stessa del «movimento mariano» che aveva caratterizzato la vita della Chiesa cattolica durante più di tre secoli.
a) Ogni movimento storico scompare quando raggiunge il suo scopo. È la fine normale e onorevole. Così il «movimento liturgico» perde la sua esistenza di movimento via via che esso instaura nella Chiesa la vita liturgica finalmente adattata al nostro tempo. Bisogna infatti distinguere, con Giovanni XXIII, i movimenti che passano e la dottrina che non passa. Un movimento non è la Chiesa, ma una corrente particolare che l'attraversa. Come una rapida o una cascata sono un episodio della vita di un fiume, così i «movimenti», questi fenomeni storici, sono chiamati ad essere riassorbiti presto o tardi nella vita della Chiesa. La Vergine manterrà sempre il suo posto nella dottrina e nella pietà cattoliche, ma il movimento mariano post-tridentino non poteva essere eterno. Questo movimento aveva raggiunto il suo maggiore obiettivo con la definizione del 1854. Aveva goduto di un nuovo slancio, di una seconda vita che in qualche modo si prolungò per più di un secolo: longevità del tutto eccezionale per un movimento. Tuttavia questa sopravvivenza era in parte artificiosa, mentre si avvertiva sempre più un certo infiacchimento. I programmi di conquiste e di innovazioni, come di vittorie polemiche, suscitavano sempre meno entusiasmo, sempre maggiori reticenze. La preoccupazione, spesso artificiosa, di innovare cedeva irresistibilmente il posto al bisogno di ricentrare, di situare la Vergine al suo posto autentico nel piano di salvezza.
2. Il movimento mariano aveva avuto i suoi eccessi, la sua intemperanza. Aveva esaltato il «mariano» e frenato vigorosamente la critica, suscitando da tempo stanchezze, reticenze, reazioni discrete. Anche prima dell'apertura del Concilio, quanti vescovi si sentivano ripetere sommessamente: «Non si deve esagerare! Attenzione al sentimentalismo, all'artificioso, ecc.». Spingendosi così lontano, l'ondata ascensionale del movimento mariano aveva preparato il proprio riflusso: un riflusso normale.

6. L'interferenza dei movimenti di aggiornamento e loro apporti positivi
a) Fenomeno più positivo: in tutti i campi il Concilio apportava un rinnovamento di prospettive. Nessun settore poteva sfuggire alla revisione, fosse pure la Vergine. Questa revisione era legata alla comparsa di movimenti di un nuovo genere: i movimenti di ritorno alle fonti: biblico e patristico; i movimenti di ordine dottrinale: movimento ecclesiologico e teologico di storia della salvezza; movimento pastorale: liturgico e missionario; infine movimento ecumenico. Questi movimenti procedevano con irresistibile appetito per tutto quello di cui la Chiesa aveva digiunato per alcuni secoli, con un bisogno di ammorbidire quel che era stato irrigidito, di liberarsi di certi artifici, di completare ciò che era parziale, di allargare ciò che era ristretto. Questi movimenti passarono in primo piano dei centri di interesse della vita della Chiesa. Di colpo il movimento mariano passò in secondo piano. Vi è di più, i movimenti nuovi sembravano richiederne la revisione, se non rimetterlo in discussione. Di qui una ansietà: quella che regnò al tempo del voto del 29 ottobre 1963.
b) Cerchiamo di capire i motivi di questa inquietudine.
- Il movimentò biblico raccomandava il primato della Scrittura e più precisamente del senso letterale. Non significava tornare a una mariologia «primitiva, arcaica, sottosviluppata», antecedente le conquiste post-tridentine? Non era rimettere in onore quel che certi mariologi chiamarono allora i «versetti antimariologici» della Scrittura:
« Essi non compresero » (Lc 2,50).
« Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? » (Mc 3,33-35).
« Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio... » (Lc 11,28).
« Che ho da fare con te, o donna? » (Gv 2,4; cfr. Gv 7,2-6).
- Il movimento patristico poneva lo stesso problema con ancora maggiore acutezza, date le esitazioni di numerosi Padri della Chiesa sulla santità di Maria o sulla sua verginità nel parto e dopo il parto, attesa la loro ignoranza dell'Assunzione e dell'Immacolata Concezione e tante dichiarazioni sull'universalità del peccato, eccettuato Cristo.
- Il movimento ecclesiologico sembrava invitare a rimettere la Vergine ad un posto modesto, se non minimo, secondo i timori citati più sopra: non faceva ricadere la regina del cielo al livello di un'umile donna della Palestina, di un'umile fedele nella comunità primitiva, di una santa tra le altre, nella comunione dei santi?
- Il movimento della teologia della storia di salvezza (heilgeschichtlich) sembrava portare con sé un riassorbimento analogo. Situando la Vergine relativamente alla salvezza, esso la faceva passare in secondo piano; situandola nella storia, svalutava i «privilegi» a profitto di un significato complessivo.
- Il movimento liturgico faceva passare in secondo piano le devozioni private che la mariologia post-tridentina sembrava identificare puramente e semplicemente con la « devozione mariana ». Sotto questo titolo, infatti, la letteratura mariana specializzata passava in rivista ogni sorta di esercizi, dimenticando spesso la preghiera ufficiale della Chiesa. Vi è di più, mentre il movimento mariano aveva fatto entrare nella liturgia una quantità di feste nuove, di vigilie, di ottave, il movimento liturgico, preoccupato di proporzioni e di coerenza, tendeva, al contrario, a riassorbire il santorale a profitto del temporale, a sopprimere o declassare certe feste della Vergine.
- Il movimento missionario, che è caratterizzato dalla preoccupazione di risvegliare a Cristo, dall'interno, la massa del mondo scristianizzato, di riconoscere e di vivificare «la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo» (Gv 1,9) tendeva a svalutare tutto quel che sa d'artificio: dunque la «multitudo verborum» e le forme di religiosità «chiuse» che una certa forma di zelo mariano aveva ipertrofizzato.
- Il movimento ecumenico promoveva il passaggio dalla controversia al dialogo; ora il dialogo suppone prima di tutto che si ascolti, che si capiscano le difficoltà dell'altro: in questo caso, i protestanti. Non era accogliere nella fortezza i nemici contro i quali il movimento mariano aveva condotto la «buona battaglia»?
c) Ecco come l'ascesa dei movimenti era - più o meno chiaramente - risentita nell'orbita del movimento mariano nel momento in cui, giunto a un posto ufficiale senza precedenti, si sforzava di mantenersi con una certa ansia, di fronte a un disamore e a reticenze crescenti. In realtà questi conflitti erano superficiali, esistendo nella misura in cui il movimento mariano era un prodotto della Controriforma, e i movimenti di aggiornamento, degli sforzi compensatori della Controriforma. In questa misura essi si opponevano, si ostacolavano. Ma nella misura in cui questi movimenti rappresentavano uno sforzo per rivalorizzare la Rivelazione vivente, essi si accordavano più di quanto non sembrasse. Visti dall'interno, i movimenti nuovi, questi movimenti usciti dalla vita stessa della Chiesa con lo scopo di rivalutare alcuni aspetti sottosviluppati della Tradizione, non erano affatto diretti contro la Vergine. Anzi è significativo che ciascuno di essi abbia implicato, a diversi gradi, una scoperta positiva della Vergine sotto una nuova luce. Il compito peculiare del Concilio Vaticano II fu di far proprio questo apporto positivo nel capitolo 8 della Costituzione sulla Chiesa: un apporto vivo e considerevole.
- Il movimento biblico ha rimesso in luce alcuni tratti essenziali della fisionomia spirituale della Vergine: la sua fede, la sua carità, la sua umiltà, «la sua povertà» troppo dimenticata in un'accentuazione troppo esclusiva della sua gloria. Esso ha riconosciuto in lei la «Figlia di Sion», «l'Arca dell'alleanza escatologica», la personificazione della Chiesa e la madre dei discepoli.
- Il movimento patristico ha rimesso in primo piano l'importanza dell'annunciazione e il suo significato: la fede della Vergine che ha «concepito nel suo cuore prima che nel suo corpo». Esso ha riscoperto il significato antropologico della nuova Eva.
- Il movimento ecclesiologico ha rimesso in luce il significato della Vergine nella Chiesa, il suo compito esemplare. Ha rimediato al difetto maggiore della mariologia post-tridentina: al suo carattere chiuso e dissociato. Non ha distrutto i privilegi della Vergine. Ha ridato ad essi il loro significato funzionale.
- La teologia della storia di salvezza ha ugualmente contribuito a restaurare il significato storico, ecclesiale, antropologico della Vergine, novella Eva.
- Il movimento liturgico ha ugualmente restaurato l'essenziale che era stato trascurato a profitto dell'accessorio: ha ricondotto all'unità e alla sobrietà una proliferazione talvolta mediocre. Ha rivalorizzato soprattutto quella che è l'antica radice tradizionale e il centro della vera devozione: il posto della Vergine nel mistero dell'Avvento e del Natale, nella Messa, in una parola, nel mistero stesso della salvezza. Il movimento liturgico non ha condannato né distrutto le devozioni: i testi conciliari lo dicono molto esplicitamente. Li ha invece ristrutturati, riclassificati secondo una giusta gerarchia, epurati anche in funzione dell'essenziale. Riconduce alla coerenza quel che era anarchico.
- Il movimento missionario ha contribuito a ricondurre così la pietà mariana a quel che vi è di più essenziale, di più autentico: il mistero esemplare dell'annunciazione e della visitazione. La Vergine vi appare come il tipo dell'apostolato della Chiesa, un apostolato ispirato dallo Spirito Santo e fondato, non sui mezzi di potenza, ma sull'irradiamento di Cristo ricevuto e portato nella fede. La Vergine, dal momento che ha ricevuto lo Spirito, lascia la sua casa e si affretta attraverso le montagne per portare Cristo nella casa del precursore. È ciò che il movimento missionario ha spontaneamente rimesso in luce. E il Concilio ha fatto sua questa luce.
- Se, infine, il movimento ecumenico comporta una rimessa in discussione e una prova, se invita allo spogliamento delle forme artificiose che avevano proliferato nella calde serre post-tridentine, ha anche il suo lato positivo. Non solo invita a rivalorizzare l'essenziale, ma conduce a percepire e integrare meglio dei valori in qualche modo misconosciuti: la gratuità della grazia di Dio verso Maria in cui tutto è cominciato mediante la «sola grazia», la sua fede esemplare, la sua povertà, cantate in modo così fervente da Lutero, che il più mariano dei vescovi polacchi citò in modo elogiativo allo stesso Concilio. Da parte degli ortodossi, un immenso programma di lavoro è aperto: esplorare insieme la Tradizione comune dei Padri e degli autori bizantini che ci sono comuni, superare così le ristrettezze della mariologia latina che si è sviluppata durante il periodo di separazione, senza contatto sufficiente con la tradizione orientale. I frutti di questo ritorno alle fonti sono davanti a noi, pieni di promesse. Il Concilio orienta verso questo lavoro e verso queste promesse.
d) Tutti questi movimenti hanno restaurato in modo convergente un'evidenza centrale: Maria si situa al punto di partenza e al centro stesso del mistero di salvezza. E lei che ebbe per missione di fare entrare Cristo nella stirpe umana, nella storia umana. E questo compito primordiale è esemplare; è tipico nei riguardi della Chiesa stessa. In questa prospettiva, Maria non brilla più dello splendore mutuato ad una gloria separata, ma della luce stessa del Dio-Salvatore e della salvezza in cui egli le ha dato il posto privilegiato. Sarebbe dunque vano essere inquieti per l'avvenire della Vergine nella Chiesa. La prova che hanno subìto le forme post-tridentine rivela a che punto essa occupa un posto insostituibile. Infatti, nonostante i loro orientamenti apparentemente minimizzanti, i movimenti di aggiornamento hanno arricchito la conoscenza della Vergine sotto rapporti inattesi e a un livello essenziale: non nel senso dell'innovazione spettacolare e dello splendore esterno, ma nel senso dell'approfondimento, del ricentramento, dell'autenticità. E in questa linea che la Vergine, oggetto di troppe lotte, tende a ridiventare agli occhi di tutti quello che è veramente: fattore di unità, lei che è stata chiamata a realizzare nella sua carne e mediante la sua fede, l'unità di Dio e della stirpe umana

7. Sguardo retrospettivo
a) Al termine di questa storia, è bene sottolineare che lo sviluppo al quale noi abbiamo assistito è proprio uno sviluppo e non una «evoluzione», nei termini di un cambiamento eterogeneo, secondo il senso ovvio di quest'ultimo concetto. Dopo la fine della generazione dei dodici apostoli, la Rivelazione è chiusa. Dio non ha dato nuovi dati oggettivi. Il posto della Vergine nella storia della salvezza è stato solamente meglio compreso, attraverso il lavoro dell'intelligenza, mediante la penetrazione stimolata dall'amore e dall'imitazione. Come il bambino di Virgilio imparava a conoscere la madre dal suo sorriso, così la Chiesa ha imparato a conoscere dall'interno la Vergine: il suo tipo, la sua realizzazione originale. Essa ha appreso progressivamente a distinguersi dalla Vergine partendo da un'identificazione di cui danno testimonianza la Scrittura e più esplicitamente i Padri:
- Non vi è che una Vergine Madre, mi piace chiamarla Chiesa (Clemente d'Alessandria, Pedagogo, I, 6: PG 8,300).
- La Vergine, cioè la Santa Chiesa (Omelia 4 pronunciata a Efeso nel 431: PG 77,996 C).
- Noi chiamiamo la Chiesa dal nome di Maria (Efrem, ed. Lamy, 1, 531-553).
Prendendo coscienza di questo mistero, la Chiesa ha sempre meglio compreso il significato di Maria, l'icona della sua purezza originale e della sua escatologia: Immacolata Concezione e Assunzione non sono il frutto di un nuovo messaggio di Dio, ma un'integrazione dei dati della storia della salvezza e del destino di Maria, secondo la luce dello Spirito, che illumina la pienezza di ciò che Cristo ha insegnato (Gv 14,26 e 16,13).
b) Questa presa di coscienza è stata laboriosa, mista a disprezzi, errori, artifici, che hanno utilmente decantato ciò che abbiamo chiamato le fasi del silenzio o della discrezione. L'alternarsi di sviluppo e di arresti che abbiamo costatato nel corso della storia risponde ad altrettante tappe dell'esplicitazione dogmatica. Ma attraverso queste alternative, la fede essenziale della Chiesa non ha conosciuto alcuna alterazione. Loquace o silenziosa, inventiva o discreta, essa è rimasta nella sua vivente integrità. Imperturbabilmente la liturgia ha continuato a celebrare la Vergine. In sostanza, per quel che riguarda Maria, come altrove, la Rivelazione è un tesoro nascosto da cui il teologo dotto del regno trae cose antiche e nuove. In materia dogmatica, queste cose nuove non sono che l'inalterabile giovinezza della Parola di Dio.

8. Prospettive e vitalità degli orientamenti
Non è il caso di insistere là dove le direttive del Concilio sono chiare: la mariologia sarà attenta alle fonti, sempre più nutrita di un'autentica conoscenza della Bibbia e dei Padri. Sarà più fortemente cristocentrica, meglio legata all'ecclesiologia. La preghiera sarà più liturgica, più attivamente impegnata nelle realtà missionarie. Allo stesso tempo saranno aperte delle possibilità di riconciliazione ecumenica senza rinnegamenti né ristrettezze. Tutto questo conduce a superare molte dissociazioni, a meglio comprendere non solo l'unità interna della mariologia, ma l'unità della salvezza in Cristo che è la Via, la Verità, la Vita. Tentiamo di esaminare altre linee di avvenire: quelle che il Concilio ha affrontato meno formalmente, ma che rispondono al vivo dei problemi e degli orientamenti attuali. Per cominciare dai più esterni, la teologia della Vergine si trova di fronte alla critica delle correnti nuove del pensiero moderno coi loro rischi, ma anche coi loro apporti. È meglio guardare in faccia i rischi e le difficoltà che ignorarne la minaccia.
a) Fede e mito
In primo luogo, la nostra epoca ha preso coscienza di un modo di conoscenza che, sia che noi lo vogliamo o no, ha una parte importantissima nella conoscenza in generale e nella conoscenza religiosa in particolare: il mito. Si tratta di un tipo di conoscenza che non è puramente astratto, ma dipende dalle risorse dell'immaginazione intellettualizzata e, più profondamente ancora, dagli atteggiamenti più intimi dell'uomo. Questa conoscenza simbolica sembra governata da forme a priori di conoscenza: gli archetipi, usciti dalle prese di contatto più radicali dell'uomo col mondo. Vi sono, specialmente, gli archetipi della femminilità e della maternità. In modo cosciente o no, essi abitano in noi, orientano la nostra concettualizzazjone, il nostro discorso, la nostra poetica, la nostra teologia, quando parliamo della Vergine. Questi archetipi, non possono essere ignorati. Diversamente si rischierebbe di subirli senza rettificarli. In tal modo si proietterebbe, in modo incontrollato, sulla Vergine Maria, rivelata nella Bibbia, l'archetipo dell'eterno femminino, della maternità che circonda, se non accaparra, addirittura delle dee-madri, ecc. È per aver subito l'illusione di tali miti che gli autori dei XVII secolo hanno contrapposto alla giustizia vendicatrice di Cristo la misericordia di sua Madre: «Gesù vuoi dannare, Maria vuoi salvare », scriveva allora Binet. Era proiettare sulla comunione perfetta di Cristo e della Vergine il mito della brutalità virile e della tenerezza femminile. Per non essere lo zimbello dei miti, bisognerebbe fare un'analisi degli archetipi o matrici di conoscenza simbolica che si trovano dentro di noi e fare una sana critica degli aspetti accettabili e inaccettabili che essi contengono. In secondo luogo, il pensiero moderno è meno portato all'oggettivazione che la scolastica. Esso diffida della materializzazione pseudo-ontologica dei privilegi, della reificazione della grazia di Maria. Al contrario, tende a valorizzare l'elemento relazionale: in primo piano, la relazione della persona di Maria con la persona divina del Figlio. La mariologia, come il resto della teologia, tende a divenire meno ontologizzante, più esistenziale, più personalista, secondo la relazione personale con Dio che è Amore: sorgente e centro, oggetto e principio di ogni amore. Una transizione è in corso a questo riguardo. Essa è percettibile se si paragona il testo di alcune encicliche pontificie al testo conciliare. Si tratta di portare a termine questa evoluzione conservando ciò che vi è di essenziale nella riflessione sull'essere che caratterizza la Teologia, pur elevandosi al di sopra di quel che vi è di artificioso, in certe oggettivazioni e ontologizzazioni indebite. Più profondamente, più positivamente, la teologia della Vergine è chiamata a prendere un orientamento antropologico e pneumatologico: in altri termini a divenire funzione di una conoscenza dell'uomo (anthropos) e dello Spirito (pneuma).
b) L'orientamento antropologico
L'orientamento antropologico è, in qualche modo, assunto dal Concilio. Il tema Eva-Maria, ripreso dai Padri, situa la Vergine in funzione del piano divino sulla donna: Eva, le donne buone e malvagie dell'Antico Testamento, le realizzazioni collettive che sono il popolo d'Israele (la figlia di Sion) e la Chiesa, infine Maria che ne è la personalizzazione, rispondono a uno stesso archetipo divino, che si realizza in pieno o a vuoto, in ombre o in luci, secondo le misteriose alternative del trionfo della grazia o degli insuccessi della libertà umana. La miglior fonte di questo orientamento antropologico è il Vangelo di Giovanni. «La Madre di Gesù» vi è intenzionalmente situata in rapporto ad altre donne, ad altre realtà femminili: la Samaritana, le sorelle di Lazzaro, Maria Maddalena. Lungi dall'avere una parte puramente passiva e ricettiva, la donna, secondo Giovanni, è precorritrice del mistero. Lo chiama, lo attira, lo precede, lo introduce per grazia. Lo genera in qualche modo (Gv 16,21; 19,25-27). Così la Samaritana porta l'annuncio salvifico a tutto il suo villaggio (2,39). Le sorelle di Lazzaro invocano la guarigione e la risurrezione del loro fratello: la sola risurrezione riportata dal Vangelo di S. Giovanni, quella che è il prototipo della risurrezione di Cristo stesso (11,4.21-29). Maria anticipa la morte e la sepoltura di Gesù con l'unzione di Betania (12,7). Maddalena annuncia ai discepoli increduli «la risurrezione», insinuando in essi la buona novella della fede. Allo stesso modo, Maria introduce il primo miracolo di Gesù, quello che fonda la fede dei discepoli (Gv 2,12). Così sul Calvario ella è il tipo della Chiesa, secondo un mistero di maternità (Gv 19,25-27; cfr. 16,21), legato al dono dello Spirito Santo (19,30). Questa pista di riflessioni risponde a uno degli assi essenziali della teologia ortodossa, ed è di un grande valore ecumenico. Illumina il significato della donna nella Chiesa e nel mondo: significato così misconosciuto.
c) L'orientamento pneumatologico
L'orientamento pneumatologico avrebbe per oggetto di sondare il rapporto della Vergine con lo Spirito Santo rendendo a questo il suo posto centrale. Un tale sforzo è chiamato ad attuarsi, a svilupparsi correlativamente e inseparabilmente per la Vergine e per la Chiesa. Il periodo precedente era caratterizzato da un passaggio: da una prospettiva gerarcocentrica (o se si vuole papocentrica) in ecclesiologia e da una tappa mariocentrica in mariologia, a una tappa cristocentrica. E il Concilio è arrivato fino in fondo a questa tappa. Ma ci si può domandare se ha reso allo stesso tempo allo Spirito Santo il suo posto fondamentale. E questo è importante. In ecclesiologia, infatti, come ha mostrato H. Miihlen, un cristocentrismo senza pneumatologia (per dire altrimenti una ecclesiologia del Cristo senza lo Spirito) tende a un monofisismo ecclesiale, vale a dire a una teologia del corpo mistico in cui il contatto diretto di Cristo con la Chiesa dei riscattati è dimenticato, in cui la personalità di ogni membro scompare perché considerato solamente come membro o cellula impersonale del corpo di Cristo. Ora lo Spirito Santo è precisamente, secondo i Padri, colui che realizza l'unità delle molteplici persone nell'unica persona mistica di Cristo e che la realizza perfettamente, dall'interno stesso delle persone, senza annientare, ma rispettando le diversità peculiari di ogni individuo e di ogni comunità, perché lo Spirito è la radice profonda della libertà, dell'iniziativa, dell'efflorescenza differenziata, dunque della centralizzazione e di altre numerose istanze del Vaticano II. Queste istanze non hanno ancora pienamente trovato la loro giustificazione, per mancanza di una sufficiente pneumatologia. Così pure in mariologia. Quel che vi è stato di eccessivo, di molesto negli sviluppi tardivi della mariologia post-tridentina, è che essi si sono fatti in una epoca di sottosviluppo della teologia dello Spirito, nel vuoto lasciato dalla pneumatologia trascurata. Questa diagnosi è stata fatta da qualche decennio, non solo tra i non cattolici, ma anche all'interno stesso del cattolicesimo. Certamente non deve essere esagerata né interpretata unilateralmente, ma il problema viene posto da adagi comuni negli ambienti mariani, questi per esempio: «La Vergine forma in noi Cristo». Ma « formare Cristo in noi », è prima di tutto e fondamentalmente il compito dello Spirito. «A Gesù attraverso Maria », ma non si va a Gesù prima di tutto ed essenzialmente per mezzo dello Spirito Santo? (Gv 14,26; 15,13-14). «La Vergine, vincolo tra noi e Cristo», ma questa è prima di tutto una funzione essenziale dello Spirito. Non diciamo che queste formule sono false, perché la Vergine è strettamente legata allo Spirito Santo, ma bisognerebbe qui stabilire il compito proprio e divino dello Spirito e situare al suo giusto posto il compito subordinato che è quello della Vergine nella comunione dei Santi. Questa revisione tutta positiva toccherebbe soprattutto il problema della parte di Maria nella redenzione: il titolo di Corredentore con lo schema di associazione, se non di uguaglianza che implica la particella «co», converrebbe prima di tutto allo Spirito Santo. Sembra paradossale che non si sia mai pensato ad applicarglielo, mentre è classico applicano alla Vergine. Accade lo stesso per la teologia della mediazione: Biliot, un teologo così critico e persino rigoroso in materia di corredenzione, scriveva che « Maria fu costituita da Gesù Cristo.., sorgente e principio per noi di ogni vita soprannaturale » 6 Queste espressioni non converrebbero prima di tutto allo Spirito Santo che Cristo ha designato come « sorgente di vita » nel profondo dell'anima del credente (Gv 7,38-39)? Maria è legata a questa sorgente di salvezza, ma non la si può chiamare sorgente che in dipendenza dallo Spirito Santo. Come si vede, non si tratta di sopprimere la Vergine, ma di ricollocarla al suo posto vitale con lo Spirito. Ella è, infatti, la prima nella storia della salvezza ad averla ricevuta secondo l'economia del Nuovo Testamento, per stabilire il legame fondamentale tra Cristo e l'uomo: la prima inserzione di Cristo nella stirpe umana e l'inserzione della stirpe umana in Cristo per la redenzione. Non può esservi che progresso e fruttificazione se si va fino alla fine di questa luce. Grignion de Montfort l'aveva capito, lui per cui gli «ultimi tempi» erano non solo un'era mariana, ma il tempo dello Spirito. Grignion de Montfort ha detto molto bene che Maria è tutta relativa al Cristo. Bisogna aggiungere che è tutta relativa allo Spirito: testimonio, segno e luogo dello Spirito, icona e tempio dello Spirito.

Bibliografia
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