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REGALITÁ DI MARIA



Il riconoscimento della dignità regale di Maria appartiene al tesoro della fede della Chiesa primitiva: lo stesso arcangelo Gabriele può esserne considerato il primo araldo. Il titolo esplicito di “Regina” (con il suo equivalente “Signora-Domina”) è attestato fin dai primi secoli del cristianesimo dal coro unanime delle voci della tradizione patristica, liturgica, omiletica, popolare, artistica. Le obiezioni di tipo sociologico o psicologico appaiono oggi meno forti che in passato: il magistero mariano dei papi, gli orientamenti conciliari, le novità sul versante liturgico hanno riportato l’attenzione alla Scrittura e alla Tradizione e hanno indotto a rivisitare le ragioni, i fondamenti, il significato di un titolo largamente usato e tuttora declinato in forme anche relativamente nuove. A mantenere viva l’attenzione alla regalità di Maria contribuisce non poco, ai giorni nostri, la pietà popolare, mentre si scorgono tenui segni di ripresa degli studi sull’argomento.

1. La regalità di Maria nella Parola di Dio

 «Il popolo cristiano ha sempre creduto a ragione, anche nei secoli passati, che colei, dalla quale nacque il Figlio dell’Altissimo, che “regnerà eternamente nella casa di Giacobbe” (Lc 1,32), (sarà) “Principe della Pace” (Is 9,6), “Re dei re e Signore dei signori” (Ap 19,16), al di sopra di tutte le altre creature di Dio ricevette singolarissimi privilegi di grazia. Considerando poi gli intimi legami che uniscono la madre al figlio, attribuì facilmente alla Madre di Dio una regale preminenza su tutte le cose». Così l’enciclica Ad Caeli Reginam, che nel presentare le ragioni teologiche di questa prerogativa mariana si limita ad utilizzare i passi scritturistici relativi alla sola maternità regale. Tre sono le vie seguite dagli studiosi per offrire il necessario supporto biblico a una dottrina messa in discussione solo in epoca moderna: la ricerca dei testi-prova, la deduzione da altre verità chiaramente rivelate, il ricorso alla ‘tipologia’. Tentativi in sé validi e utili; l’approccio storico-salvifico appare tuttavia più agevole e proficuo.
1.1. La tradizione della Regina Madre nella monarchia davidica
È riconosciuta la fecondità del contributo di H. Cazelles che nel 1959 attirò l’attenzione sulla presenza della tradizione della gebîrâ e sulle sue implicazioni teologiche nel vangelo di Luca. Radicata nel milieu storico-politico dell’antico vicino oriente in cui la figura istituzionalmente rilevante di regina non è la sposa bensì la madre, questa tradizione offre un’importante chiave di lettura per alcune pagine del NT. Dopo la concessione dell’istituzione monarchica (1Sam 8), è con la dinastia davidica che Dio stringe un legame del tutto particolare; per comprendere l’importanza della regina-madre del futuro Messia e re davidico occorre pertanto guardare al ruolo giuridico-istituzionale delle regine-madri di tale dinastia che ne costituiscono una sorta di anticipazione, senza enfatizzare le figure storiche in sé e tenendo conto dello scarto tra le attese e il compimento. Nella corte davidica la gebîrâ o “Grande Signora”, per ragioni legate all’esperienza religiosa del popolo santo, aveva un ruolo importante ed ufficiale: interveniva nella designazione dell’erede, precedeva in dignità i ministri e gli alti funzionari, era associata al governo del regno con un’autorità seconda solo a quella del figlio (possedeva trono e corona), fungeva da avvocata per il popolo e da influente consigliera.
a) Passi dell’AT – Is 7,14
In un momento particolarmente critico per la vita del paese il Signore offre ad Acaz un “segno” straordinario di benevolenza: la ‘almâ (la “vergine”, nei LXX) darà alla luce l’erede che assicurerà continuità e stabilità al regno. Il significato del nome che la regina-madre in persona imporrà a questo figlio (E. Brown) - Emmanuele significa «Dio con noi» - si riferisce direttamente alla preservazione della tradizione dinastica (cfr. 2Sam 7,8-16). La speranza appare legata alla “giovane donna” sulla quale è annunciata un’azione divina trascendente; Mi 5,2 conferma il vaticinio di Isaia: la salvezza verrà quando «colei che deve partorire partorirà» (cfr. Lc 2,6s). Allorché il “segno” diviene pienamente realtà, come tale è anche riconosciuto: l’evangelista Matteo dichiara adempiuta la divina promessa con la nascita di Gesù dalla “Vergine davidica”. – Gen 3,15. - Passo notoriamente messianico, Gen 3,15 è inserito in un contesto dominato da chiari motivi regali e può essere letto alla luce delle vicende del regno davidico; presenta, in una cornice dinastica e in una posizione centrale (cfr. Is 7,14), una figura regale di madre associata alla sua regale discendenza nell’infliggere la sconfitta al nemico; questa figura ha un indubbio valore prototipico ed è fortemente evocativa.
b) Passi del NT – Mt 1-2
Nel vangelo dell’infanzia di Matteo, Gesù è presentato con assoluta evidenza nel contesto del regno davidico e Maria è illuminata nel suo ruolo di madre del nuovo re: trova posto nella genealogia (Mt 1,16) e nel dichiarato compimento delle profezie (Mt 1,23 cita Is 7,14); il fatto che il bambino sia ripetutamente presentato insieme con la madre ricorda l’uso - attestato nei libri dei Re - di registrare il nome della regina-madre accanto a quello del figlio. I motivi davidici sono evidenti nel racconto della visita dei magi: si parla del “re dei Giudei”, dell’omaggio tributatogli dalle nazioni, della “stella”, di “Betlemme”; quando giungono, Maria è accanto al Figlio in veste, appunto, di gebîrâ: è lei a intronizzare il neonato re-messia e a presentarlo all’adorazione “delle genti”. – Lc 1,26- 38 - Promessa sposa di un uomo “della casa di Davide” la Vergine è rivelata dall’angelo come l’eletta, per grazia, a madre dell’atteso messia erede del trono di “suo padre”. Gesù è annunciato come il re davidico per eccellenza: sarà “grande” e “figlio dell’Altissimo” in senso proprio e unico per la potenza dello Spirito Santo che interverrà direttamente nel suo concepimento (Lc 1,31 allude a Is 7,14). – Lc 1,39-45 - Con il titolo di «madre del mio Signore» - e lo stesso timore reverenziale dimostrato da Davide per l’arca (cfr. 2Sam 6,9) - Elisabetta, oltre a riconoscere la signoria messianica del bambino, saluta in Maria la “madre del suo re”: una singolare eccellenza e dignità. – Ap 12 - La Donna, che occupa una posizione centrale nella visione profetica, è presentata con un ricco corredo di simboli che la qualificano come regina-madre; il passo richiama Is 7,10.14 (questo “segno nel cielo” ricorda quello che Achaz è invitato a chiedere), Gen 3,15.16 (cfr. Ap 12,17.2: si compie qui la lotta iniziata in Gen 3), Gv 19,25-27 e 16,20-21 (dove compaiono una donna, le doglie del parto, il tema dell’ora). Sul Calvario la madre del Messia (e Rex Iudaeorum) è costituita madre del discepolo fedele e ideale del vangelo; la Donna dell’Apocalisse è madre sia del figlio maschio destinato a governare le nazioni con scettro di ferro, sia di tutti coloro che osservano i comandamenti: i discepoli di entrambe le situazioni sono correlati. Il segno grandioso si riferisce certo alla comunità credente, ma come immagine di Maria che, in quanto madre del Messia davidico, è precisamente la gebîrâ escatologica.
1.2. Otre la tradizione storica
L’esegesi scientifica, confermando la presenza nella Parola di Dio di una tradizione come quella della regina-madre davidica, offre elementi utili a comprendere dignità e ruolo regale di Maria nella storia della salvezza; con due limiti: 1) fatica a recuperare sia Gv 2,1-11 che liturgia e magistero non esitano ad assegnare alla stessa tradizione, sia At 1,14 che nel corso dei secoli ha avuto un’interpretazione in tal senso; 2) non isola sufficientemente i dati, senza dubbio fondamentali, riconducibili al messianismo regale dinastico, da quelli altrettanto importanti di origine diversa. La luce che illumina appieno il significato della dignità e del ruolo regale di Maria viene anche da altre direzioni; occorre perciò riascoltare i Padri, per i quali come tutta la Scrittura parla di Cristo così tutta la Scrittura parla di Maria, la cui regalità scoprono adombrata in numerosi altri testi, letti - senza trascurare la lettera - in una pluralità di prospettive, a partire da quella tipologica e profetica.

2. La regalità di Maria nel pensiero dei Padri
La dottrina della regalità di Maria appare discretamente elaborata negli scritti di Efrem e di Ambrogio; ma già il Protovangelo di Giacomo (II sec.) contiene un primo ventaglio di aspetti sotto i quali questo mistero di grazia, chiaramente enunciato nel NT, sarà sempre più indagato e compreso via via che se ne scopriranno le anticipazioni specialmente simboliche nell’AT.
2.1. Regina e Madre del Salvatore
Nel piano redentivo e salvifico divino, proprio Maria è la prima beneficiaria di quella radicale trasformazione che coinvolgerà tutto il genere umano: come nuova e vergine terra - nella quale sarà seminata la Chiesa (Efrem) - questa creatura è collocata in un giardino nuovo, il cielo-Dio, nel quale diventa “figlia del Re celeste.” La “Virgo regia”, la “pura”, dal cielo proviene, e fa il suo solenne ingresso nel momento culminante della storia della salvezza in veste di “regina”, di “domina”. È lei la porta orientale, altissima e “unica” della visione di Ezechiele (Ez 44,1-3) per la quale passa il Principe ed entra nel mondo la salvezza: la sola degna dimora o reggia celeste di Dio, la sola creatura umana preferita ai cori angelici dalla quale Dio assumerà la propria umanità, la madre che partorirà mantenendo clamorosamente intatta la propria regale dignità verginale. È lei la “vera regina” predestinata dall’eternità, prefigurata dall’arca custodita nella tenda della testimonianza: interamente rivestita e coronata (Es 25,11: Vulgata) di oro purissimo, ammantata di splendore, ciò che essa contiene allude alle realtà future: nuova legge, Pane di vita, regno-sacerdozio. La nuova e definitiva “Arca di santità”, ben più preziosa e regale della prima, è chiamata ad un compito inaudito: il Sal 45 (44) dà il lieto annuncio-euangélion (Crisippo) della somma dignità cui sarà elevata: la “figlia del re Davide” metterà al mondo il “figlio del Re celeste”, la profetizzata virga della radice di Iesse trasmetterà al “fiore di bellezza” scettro trono e corona (cfr. Ct 3,11). La santa “Sposa di Dio” - “fedele serva del Signore” che genererà il “servo obbediente di Jhwh”, nuova Eva che darà alla luce il nuovo Adamo - è elevata alla reggia del cielo per divenire mediatrice e causa della salvezza: per mezzo di lei la gloria di Dio riempie la terra, il Sole di giustizia è donato al mondo, il potere delle tenebre e del diavolo sono distrutti, l’antica maledizione sciolta, la morte annientata, la vita riparata, la pace tra Dio e l’uomo ristabilita, il Regno finalmente instaurato. È lei il trono veramente regale eccelso ed elevato (cfr. Is 6,1) sul quale il Signore degli eserciti fa il suo ingresso glorioso, il nuovo “Tempio del Re delle genti” che sostituisce l’antico, dove è possibile accostarsi all’adorabile mistero di Dio: una fanciulla porta, senza infrangersi, Colui che con la sua forza sostiene tutto il mondo. Il portento della maternità divina è accompagnato dal conferimento di una gloria maestà nobiltà e perfezione senza paragoni. Dio la onora più di ogni altra creatura e vuole sia grandemente onorata dal popolo della nuova alleanza sigillata dal suo «fiat». Perla preziosissima del Regno, tesoro dell’amore di Dio è “la più bella con il più bello” tra i figli dell’uomo. La ricchezza di grazia di cui viene ricolmata non la tiene per sé, bensì la comunica ed elargisce. Sublime per virtù, radiosa di meriti, vestita di luce, splendente come e più del sole e di esso più grande perché irradia dalla sua persona la Luce (cfr. Gv 1,5.14), è la Donna più benedetta perché la più umile; fedele al suo mandato di ancilla Domini è la superiore che visita immediatamente l’inferiore (Lc 1,39).
2.2. Regina e Madre di tutti i salvati
La maternità divina colloca la Semprevergine Madre di Dio nel cuore stesso del dinamismo salvifico, l’agire trinitario, come centro propulsore di vita di grazia di gioia, fonte di speranza luce bellezza, sorgente di tutti i beni: i doni nuovi del Regno. Nella Piena-di-grazia dimora e agisce una potenza che le consente di capovolgere le situazioni, sottomettere le forze avverse, rovesciare il regno del dolore, demolire gli idoli, purificare e rinnovare radicalmente il mondo preparandolo ad accogliere il Re; il suo dominio è coestensivo a quello del Figlio, e si allarga all’universo. A motivo della grazia e dignità conferitele, quello di regnare è compito che le viene affidato da subito: «Queste cose, Madre, annunciale a tutti… per queste cose sii Regina» (Romano, Inno II del Natale 18). Collaboratrice di Dio, “Madre della vita”, “avvocata” della progenitrice in difesa di tutto il genere umano, la nuova Eva - che Dio ha rimessa sul trono perduto dalla prima (Damasceno) - è madre universale; “madre di tutti i salvati”, “grembo che rigenera tutti gli uomini in Dio”. Sul Calvario, al centro della “stanza nuziale”, appare in qualità di sposa del nuovo Adamo e di regina alla destra del Re, partecipe delle sofferenze del Crocifisso, “coronata” dal suo sangue; al contrario del primo, il parto della schiera infinita dei suoi nuovi figli avviene nel dolore. Proprio nel momento in cui il Cristo porta a compimento la volontà del Padre con il dono supremo di sé, è costituita solennemente e formalmente “inizio” della Chiesa, all’interno della quale ha un ruolo centrale ed esemplare di guida e di maestra: detiene il primato nell’annuncio del Regno (è Regina Apostolorum) e presiede la preghiera di invocazione del dono dello Spirito (At 1,14). Andrea di Creta la riconosce presente nella più grande delle preghiere: è la Regina che imbandisce il banchetto “regale” per antonomasia, quello eucaristico. La mediazione sacramentale affidata alla Chiesa trova nell’aula (regalis) caelestium sacramentorum (Ambrogio) il proprio senso originario. In vista della perfezione voluta dal Maestro la “prima” e “perfetta” discepola esercita in unione con il Figlio un servizio di grazia e autorità efficaci per la salvezza, sostenendo fin dai primi passi, nel nuovo grandioso esodo, il popolo dei salvati con infiniti provvidenziali interventi. Il potere / signoria che esercita nella Chiesa è apertamente riconosciuto e proclamato: bisogna che i credenti rientrino nella sfera d’azione di questa Domina già in questo mondo per poter appartenere al Dominus in cielo (Ildefonso). L’amore e la venerazione che dimostriamo alla Madre del Re garantiscono dell’autenticità del nostro culto di adorazione a Dio. L’assunzione, glorificazione e intronizzazione in cielo - dove, analogamente al Risorto, ritorna come regina vittoriosa - significano per l’umanità tutta il passaggio dalla miseria alla ricchezza. Nella pienezza delle sue funzioni regali e materne sostenute dall’onnipotenza dello Spirito, la “Signora di tutte le creature” opera incessantemente per ricomporre la frattura causata dal peccato: la sua mediazione salvifica (portare Dio al mondo e condurre il mondo a Dio) appare in tutto materna: si traduce nella protezione e conservazione dell’esistenza: la vita soprannaturale, prima di tutto. Superiore anche agli esseri incorporei (pur essendo serva, con loro, di Dio, gli angeli sono al suo servizio e di essi pure ella è Regina) è associata ancor più strettamente al dominio del Rex gloriae sino alla fine dei tempi, in cui c’è da attendersi un’intensificazione del suo intervento salvifico proprio in quanto Regina.

3. La regalità di Maria nel Magistero recente

 L’enciclica Ad Caeli Reginam di papa Pio XII, rimane il testo magisteriale più importante sulla regalità di Maria; l’insegnamento che esso contiene è tuttavia in perfetta continuità con quello della lettera apostolica Ineffabilis Deus, dello stupendo epilogo dell’enciclica Mystici Corporis, della costituzione apostolica Munificentissimus Deus e di altri documenti ancora. La verità proposta da Pio XII non è nuova, perché da sempre concordemente professata dall’Oriente e dall’Occidente; il papa ne richiama i fondamenti tradizionali e le ragioni teologiche: «la beatissima Vergine è Regina, non solo perché Madre di Dio, ma anche perché quale nuova Eva, è stata associata al nuovo Adamo»; la sua regalità non consiste soltanto nel grado supremo di eccellenza e di perfezione che ella possiede dopo Cristo, ma altresì nella «partecipazione di quell’influsso, con cui il suo Figlio e Redentore nostro giustamente si dice che regna sulla mente e sulla volontà degli uomini»; il suo potere nell’elargizione delle grazie è quasi immenso. L’enciclica non tratta di singole specifiche questioni, né approfondisce le relazioni della regalità con i numerosi altri aspetti del mistero mariano (immacolata concezione, corredenzione, maternità spirituale, assunzione...): questo compito è lasciato all’impegno dei teologi. Particolarmente trasparente la finalità pastorale del solenne intervento: la festa liturgica è istituita perché tutti gli uomini possano raccogliersi in preghiera attorno alla loro Regina e consacrarsi al suo Cuore Immacolato: «In questo gesto infatti è riposta grande speranza che possa sorgere una nuova era». Nel cap. VIII della Lumen Gentium il Concilio, consapevole della congruenza biblico-teologica di una tematica che non oscura e non contraddice la dimensione biblico evangelica della Madre di Gesù, inquadra il titolo universorum Regina nella prospettiva della glorificazione della Vergine-Madre e della più piena conformazione al Figlio (LG 59) indugiando sull’aspetto essenziale della sua maternità nell’ordine della grazia (LG 62). AG 42, AA 4, PrO 18 riprendono il titolo Regina Apostolorum per sottolineare la “missione” e quindi il “servizio” che, sulle orme di Cristo e come modello della Chiesa, ella svolge fino alla parusia (LG 68). La Marialis cultus ricorda che Maria, «vera sede della Sapienza e vera Madre del Re», nella gloria del cielo «splende come Regina e intercede come Madre» (Regina di misericordia, Madre di grazia) e ripropone come perennemente valido il monito di s. Ildefonso: «ricade sul Re l’onore che vien reso in umile tributo alla Regina» (cfr. MC 5.6.11.22.25). La Redemptoris Mater al n. 41 legge la regalità alla luce del Magnificat: «Maria è diventata la prima tra coloro che, “servendo a Cristo anche negli altri, con umiltà e pazienza conducono i loro fratelli al Re, servire al quale è regnare” (LG 36), ed ha conseguito pienamente quello “stato di libertà regale”, proprio dei discepoli di Cristo: servire vuol dire regnare!». Ancora: «La gloria di servire non cessa di essere la sua esaltazione regale: assunta in cielo, ella non termina quel suo servizio salvifico, in cui si esprime la mediazione materna, “fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti” (LG 62)». Un servizio inaugurato già alle nozze di Cana (RM 21). Nella catechesi mariana del 23.7.97 Giovanni Paolo II ricorda che il popolo cristiano con il titolo di Regina vuole porre Maria al di sopra di tutte le creature, esaltandone il ruolo e l’importanza nella vita di ogni singola persona e del mondo intero. La sua regalità esprime il potere donatole per svolgere la sua peculiare missione materna, ne è un corollario: associata al potere del Figlio, ha un ruolo nell’estensione del Regno mediante la diffusione della grazia divina nel mondo; segue i suoi figli, di cui tutto conosce, con una vicinanza continua e premurosa, sostenendoli nelle prove, comunicando la felicità che le è stata concessa: «È una Regina che dà tutto ciò che possiede, partecipando soprattutto la vita e l’amore di Cristo».

4. La regalità di Maria nella Liturgia

 La presenza della Regina nella Chiesa è presenza prima di tutto nella liturgia dove, ancora una volta, è “singolare” il suo ruolo. La preghiera quotidiana delle ore ospita antifone di antica bellezza (Salve Regina, Ave Regina caelorum, Regina caeli); un cenno discreto alla sua regalità è in ogni celebrazione eucaristica quando risuona il “gloriosa” del canone romano, ma nelle solennità mariane questa nota è una dominante.
4.1. La memoria liturgica di Maria Regina
Oggetto specifico della memoria liturgica - come già della solennità dell’Assunzione di cui è festoso prolungamento - è l’intronizzazione della Regina alla destra del Re (Antifona d’ingresso), consolante verità che devotamente professiamo adorando «Cristo Signore che ha dato alla sua Madre la corona di gloria» (Invitatorio) e ringraziando il Padre che ci ha donato Maria come «nostra Madre e Regina» (Colletta, Orazione dopo la Comunione). La prima lettura (Is 9,1-3.5-6) ripresenta nell’oggi liturgico l’avvento del Messia atteso: egli attua a favore del suo popolo la trasformazione radicale della realtà aprendo le porte al regno eterno e universale di Dio. Ma il Figlio-bambino, Principe della pace, che entra nella storia umana è l’Agnello senza macchia che si offre sulla croce per il riscatto di tutti (Orazione sulle offerte). Lo accoglie anzitutto la Vergine-Madre: con il coraggio di Giuditta espone con prontezza la vita per sollevare il suo popolo dall’umiliazione e dall’abbattimento (Salmo responsoriale: Gdt 13,18-20); generosa collaboratrice del Redentore, porta in fretta il lieto annuncio ai poveri in attesa: per mezzo della sua voce ricevono l’effusione dello Spirito Santo (Vangelo: Lc 1,39-47). La Chiesa, in preghiera con la Madre di Gesù, si apre a sua volta all’accoglienza del Salvatore per avere parte con lui nel Regno che viene; ricorda con gioia la totale dedizione della Vergine alla vita missione e sacrificio del Figlio; seguendola nel cammino dell’umiltà (Canto al Vangelo) e della fede (Antifona alla Comunione e al Magnificat) a lei si associa, lei imita, con lei offre riconoscente la propria disponibilità a servire Cristo e i fratelli già in questo mondo, aspirando alla conformazione più piena con il suo Signore che la «nobilissima Regina del mondo» (Antifona al Benedictus) ha già raggiunto, e alla partecipazione all’eterno convito che attende tutti gli eletti (Orazione dopo la Comunione). Il dono della gloria filiorum, culmine dell’esistenza e coronamento della vocazione a regnare con Dio, possiamo invocarlo e sperarlo con fiducia: la nostra preghiera è sostenuta dall’efficace intercessione della celeste Regina (Colletta).
4.2. Il rito dell'incoronazione dell'immagine della Beata Vergine Maria
La beata Vergine a buon diritto è ritenuta ed invocata “Regina”: perché Madre del Figlio di Dio e Re messianico, collaboratrice augusta del Redentore nella costituzione del regno, perfetta discepola e sovreminente membro della Chiesa, giustamente «Signora degli uomini e degli angeli e Regina di tutti i santi» (Praenotanda 5). La coronazione dell’immagine riattualizza il raggiungimento da parte di Maria della meta cui tutti i credenti aspirano: l’ingresso nel regno preparato dal Padre sin dalla fondazione del mondo per coloro che gli appartengono. Lo sfondo dottrinale dei testi eucologici (Lc 14,11; Mt 20,25-28 e simili) orienta l’esistenza del discepolo: la corona sarà il premio per la fedele sequela del Maestro; il grande titolo alla regalità anche per Maria è quello di essere “l’umile serva” del Signore «sollecita della nostra eterna salute, ministra di pietà e regina di amore». L’azione di grazie e invocazione, il testo più significativo, è modulato sul Magnificat. La Provvidenza rivela il proprio meraviglioso disegno di salvezza rispetto al quale l’esistenza di Cristo e di Maria hanno carattere esemplare: poiché entrambi hanno fatto proprio consapevolmente e liberamente tale disegno umiliando se stessi, Dio li ha esaltati. Quello di Maria è un regnare effettivo: gloriosamente intercede come Avvocata di grazia e Regina di misericordia operando efficacemente affinché il mistero compiutosi in lei si attui anche nel popolo messianico. L’Ordo contiene le suppliche litaniche a Maria Regina, e sette antifone latine particolarmente suggestive.
4.3. Le messe della Beata Vergine Maria
Le messe votive, vera preziosa novità nel solco dell’autentica riforma liturgica voluta dal Concilio, aiutano a riconoscere il luogo eminente e regale di Maria all’interno del popolo di Dio e a contemplarne il mistero lungo tutto il corso dell’anno liturgico. Attingendo abbondantemente al linguaggio dell’antica tradizione ecclesiale, molti formulari immettono in modo esplicito nel tessuto della celebrazione proprio la nota della regalità, che nell’insieme della raccolta si può ammirare in tutta la sua ricchezza di sfumature come in un caleidoscopio. Gli embolismi prefaziali dei quattro schemi che nell’editio typica sono dedicati in modo specifico al tema, sottolineano opportunamente l’intima relazione di Maria con lo Spirito Santo (ff. 18 e 45), la “compassione” (f. 29), il suo amore misericordioso e senza limiti verso tutti i suoi figli (f. 39).

5. Regalità di Maria: Linee di sintesi

 Il significato teologico della regalità di Maria si coglie facilmente considerandone i tre aspetti fondamentali: la condivisione della signoria-regalità di Dio; il servizio d’amore oblativo; la maternità nel popolo messianico.
5.1. Regina nel Regno di Dio
Nella vicenda esaltante e drammatica degli interventi di Dio nella storia per ripristinare il dialogo con le sue creature, nella progressiva rivelazione del misterioso piano eterno di salvezza che converge tutto verso il suo compimento, Gesù Cristo, risuona a tratti l’annuncio gioioso e liberatorio: «Il Signore regna!» (Es 15,18 ... Ap 12,10). In un momento assolutamente unico e decisivo del dispiegarsi di questo disegno ecco nel cielo, vera «stella del mattino», la regale figura di una “Donna nuova” disegnata dal Padre, scelta dal Verbo, consegnata allo Spirito di santità, resa - «piena di grazia» - capace di operare in sinergia con Dio per la riparazione e restaurazione universale in vista del perfezionamento dell’alleanza: la comunione di vita con Dio, scopo ultimo della stessa creazione. Il «Sole di giustizia» prende da lei la veste della propria umanità e come Re-Salvatore riscatta rigenera reintegra nella dignità originaria i figli dispersi prigionieri lontani (cfr. Lc 15). In lei, aeterne vitae ianua, Dio si fa di nuovo vicino all’uomo e l’uomo di ogni tempo può di nuovo avvicinarsi a Dio. All’ombra dell’Altissimo, con la potenza dello Spirito di cui diviene per sempre dimora, la Virgo-regia apre la via alla sconfitta del nemico del genere umano e alla vittoria definitiva del Figlio (cfr. Gen 3,15) di cui condivide intimamente e indissolubilmente fin dal suo pellegrinaggio terreno la vita, la missione e il potere.11 In quest’opera di portata cosmica, che durerà fino alla parusia, la nuova Eva, l’immacolata Madre del Redentore e di tutti i salvati, è posta come autentico aiuto a fianco del nuovo Adamo (cfr. Gen 2,18) «pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14). Il vangelo del Regno (regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, di amore e di pace) che Dio instaura mediante l’opera del suo Cristo è dunque accompagnato dal lieto annuncio della presenza regale di una “figlia di Davide”, vera “Arca dell’alleanza” che porta Dio e vera “tenda del convegno” che prepara incessantemente l’incontro con il Salvatore iniziando, fin dalla visita ad Elisabetta, «a predicare il nuovo regno» (Efrem, Diatessaron I, 28), fermento di vita immortale già presente e attivo. Con il compimento del mistero pasquale (cfr. Gv 19,30) il mistero dell’ “eccelsa figlia di Sion” e “nuova Gerusalemme” diviene il mistero della Chiesa “sposa dell’Agnello” e “madre” di una moltitudine immensa di figli (Ap 7,9); di essa Maria è perennemente inizio, modello, fonte, cuore (cfr. At 1,14). Accanto al Re dei secoli, vestita dello splendore abbagliante della luce divina (Ap 12), esercita sull’universo una sovranità donatale dal suo stesso Figlio, ed opera incessantemente ed efficacemente alla diffusione del Regno ottenendo con la sua potente intercessione le grazie necessarie alla santificazione di ciascuno dei suoi figli.
5.2. Icona del Servo di JHWH
Nelle str. 10-27 del IV dei Carmina Soghita, attribuito a s. Efrem, la Madre di Gesù sembra quasi schermirsi dall’omaggio dei “principi della Persia”, cela la vera identità del bambino e anche la propria: «quando mai una misera serva partorì un re? ... non chiamate quindi re il figlio mio... vedete che il bambino tace e che la casa della madre è vuota e povera; non vi è nulla di regale... avete forse smarrito la strada ed il re nato deve essere un altro...»; appurata l’onestà dei visitatori dapprima li scongiura: «Magi, tacete! ... io ho mantenuto il segreto e non l’ho rivelato a nessuno»,12 quindi dona loro la pace e li invia come apostoli della verità; essi infatti confessano apertamente alla “Grande Signora” la loro fede e riconoscono che la potenza del bambino suo figlio, al quale tutti i popoli saranno sottomessi, comincia già a regnare nel mondo e a santificare la terra. Umiltà, povertà, svuotamento di sé caratterizzano il servizio a Dio e al suo Regno offerto da Maria di Nazaret. Questo aspetto di mistero nascosto che contraddistingue la dignità regale di Maria la cui vera grandezza (come già quella di Gesù a tre dei suoi discepoli: cfr. Mc 9,2ss) appare in tutto il suo fulgore al veggente di Patmos - si estende alla Chiesa-corpo di Maria: la dignità che essa già possiede scaturisce dall’intima comunione di vita con il suo Signore, ed è una realtà “altra” da quella esteriore e mondana. Del Messia “umile” la Madre annuncia e anticipa in sé lo stile (cfr. Gv 13,14); è una regina, ricorda Massimo il Confessore, che faceva penitenza: pregava e digiunava. Nel momento incomparabilmente gioioso della sua prima elevazione alla gloria (la maternità divina), non viene meno in lei la perfetta coscienza della propria dimensione creaturale: «praebet Maria fidele servitium» (Pier Crisologo); la consapevolezza della propria regale dignità trapela tuttavia discretamente nel Magnificat dove Dio è esaltato in quanto “rovescia i potenti dai loro troni ed innalza (intronizza) gli umili”; ma egli ha guardato, per l’appunto, all’umiltà della sua Serva.
5.3. Regina del Popolo Messianico
Maria “Regina” è il messaggio-verità per ogni uomo che viene in questo mondo, anticipazione della gloria futura della Chiesa che illumina la vocazione escatologico-regale di tutto il popolo di Dio. L’inserimento vitale in Cristo, nostra via verità e vita è preparato, favorito, incessantemente accompagnato e sostenuto dalla Theotokos che in sinergia con lo Spirito, il divino Iconografo, forma progressivamente e fino alla perfezione nei figli l’immagine del Figlio, veste regale necessaria per l’ingresso nel Regno. In continuità e comunione con l’«eletta figlia del Padre» e vera «Mater nova» di tutti i viventi - nella quale fiorisce in modo unico la grazia della conformazione a Cristo e tutta la grazia della Chiesa si trova come intensificata e condensata (C. Journet) - la Chiesa, Sposa del Signore, rigenera nei sacramenti della fede i chiamati alla salvezza. Il “sì” all’amore di Dio - la conversione - costituisce l’inizio di un percorso sul quale l’umanità tutta ritroverà finalmente la propria originaria regale dignità, oggetto dell’impaziente attesa della stessa creazione (cfr. Rm 8,19ss); in questo cammino – possibile soltanto all’insegna della fede incondizionata e dell’accoglienza dei disegni di salvezza / realizzazione che Dio ha in serbo per ciascuno - la più santa delle creature è guida infallibile: Ecce Mater tua! L’accoglienza del dono che il Cristo morente fa al discepolo- Chiesa per compiere in tutto la volontà del Padre, e la comunione di vita con lei (l’affidamento-consacrazione al suo Cuore Immacolato per poter condividere il suo servizio al Regno) è, per la Chiesa, insieme grazia da invocare e risposta d’amore alla volontà del Kýrios: «Chiama quelli che sono nella sala (delle nozze: il Calvario!): essi sono servi tuoi. Accorrerà ognuno, tremando, e ti ascolterà, o Santa, quando dirai: “Ov’è il Figlio e Dio mio?”» (Romano, Maria ai piedi della croce 5). Il servizio alla Regina è titolo di gloria per ogni cristiano: «Servire Domino Dominae que regnare est».

Bibliografia

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VEDI ANCHE:
- AD CAELI REGINAM
- INCORONAZIONI MARIANE
- REGINA






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