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CONCILIO DI NICEA



1.Motivazioni del Concilio
Il motivo che ha indotto l'imperatore Costantino il Grande a convocare nel 325 questo concilio, sotto il pontificato di Papa Silvestro, è stato quello di indurre gli organismi competenti della Chiesa a porre termine ad una controversia che rischiava di acuirsi sempre più e di avvelenare il clima spirituale della cristianità. Contro Ano e i suoi seguaci, il concilio ha riconosciuto che il Verbo di Dio è eterno e consostanziale al Padre, in tutto uguale a lui nella divinità. Il documento conciliare di un qualche interesse mariologico è la formula della professione di fede.

2. Il credo di Nicea
La verità dell'Incarnazione viene bensì inserita nella professione di fede, ma riassunta in termini molto stringati: «Discese, si incarnò, si fece uomo, patì e risorse il terzo giorno, ascese al cielo, verrà a giudicare i vivi e i morti». La Madre del Verbo Incarnato non viene nominata; la sua funzione rimane implicitamente supposta; tuttavia, l'accento posto dal concilio sulla discesa del Verbo dal cielo, e quindi sulla sua origine divina, e il silenzio circa la sua origine terrena dal seno di Maria, sembrano sottintendere una specie di cristologia discendente o dall'alto, da opporre alla cristologia ascendente o dal basso, implicita nella dottrina ariana, che concepiva il Verbo come creatura del Padre e quindi a lui inferiore. Al di là dell'impostazione teologica, questo silenzio sulla persona e sul ruolo di Maria nell'Incarnazione fa nascere qualche perplessità, per cui ci si può domandare fino a qual punto i credenti di allora fossero consapevoli del significato e della portata che ha avuto la funzione esercitata dalla Vergine Madre nel mistero dell'Incarnazione. L'accentuazione del ruolo trascendente di Cristo in senso paolino e giovanneo, come si prospettava nella dottrina ortodossa, induceva forse a passare sotto silenzio il contributo di una semplice creatura quale era Maria all'economia della salvezza? E ancora ci si può chiedere se l'antica dottrina della nuova Eva, cooperatrice del nuovo Adamo, già elaborata da noti autori cristiani appartenenti alla remota antichità, era entrata nella mentalità dei fedeli di quel periodo storico, oppure rimaneva ancora appannaggio di menti elette e geniali, capaci di entrare nei tesori della rivelazione. Gli storici del culto mariano hanno individuato dati sicuri sulla devozione e sul culto della Vergine nei secoli più antichi del cristianesimo; non è certamente il fenomeno in sé che pone delle difficoltà. Infatti anche se il credo di Nicea non sembra testimoniare in questo senso, potremmo riferirci ad altri documenti in grado di aprire qualche significativo spiraglio sulla devozione mariana del tempo. Per limitarci a qualche contemporaneo, possiamo citare Alessandro di Alessandria (†328), predecessore di Atanasio nella sede patriarcale e padre conciliare a Nicea. Qualche anno prima del concilio, in una lettera sinodica del 321 indirizzata al suo omonimo Alessandro, vescovo di Bisanzio, traccia un quadro della problematica teologica nella Chiesa di allora per quanto riguarda, la dottrina trinitaria e, dopo aver affrontato la questione delle relazioni del Logos con il Padre, aggiunge anche un breve riferimento al mistero dell'Incarnazione, nel quale la Theotokos Maria viene esplicitamente nominata. Ma di lui abbiamo anche un discorso rivolto ad una comunità di vergini consacrate, nel quale propone loro Maria come modello di vita cristiana perfetta e le esorta a seguirne gli esempi: «Avete la condotta di Maria, la quale è il tipo e l'immagine di quella vita che è propria del cielo». Dopo Alessandro, lo stesso Atanasio, che lo aveva accompagnato al concilio in qualità di segretario ed esperto, non ha mancato di far risaltare alcuni aspetti morali e ascetici della personalità della Madre di Dio, rivolgendosi egli pure alle vergini e quindi esprimendosi in un contesto devozionale e ascetico. Presentando loro come modello la vita verginale condotta da Maria, esorta le sue ascoltatrici all'imitazione della vita di lei: «La Scrittura che ci istruisce e la vita di Maria, la Madre di Dio, sono sufficienti come ideale di perfezione e norma di vita celeste». Tornando alla scarna e implicita testimonianza mariana offertaci dal Concilio di Nicea, si potrebbe ipotizzare che essa suggerisca un'impostazione diversa del problema; potrebbe cioè suscitare in noi un quesito non semplice da chiarire e che si può formulare nei seguenti termini: fino a qual punto le intuizioni e le riflessioni dottrinali dei Padri riuscivano ad influire sulla mentalità e la pietà mariana del popolo di Dio, nel senso di favorire in esso una maturazione di carattere teologico?

3. Una notevole testimonianza anonima

Si tratta di un documento di origine copta, pubblicato insieme ai cosiddetti Proverbi del Concilio di Nicea, e il cui contenuto è in grado di esercitare un fascino autentico sul lettore. In qualche passo viene chiamata in causa l'esemplarità della Madre di Dio, presentata come illuminante e stimolante nella pratica della vita cristiana: «Maria assomiglia ad una vergine sapiente. Chi potrebbe descrivere la bellezza della Madre del Signore, che fu amata da Dio a causa delle sue opere? Perciò il suo diletto Figlio dimorò in lei... Maria è detta Madre del Signore e lo è veramente, perché ella ha dato alla luce colui che l'ha creata... Né ella ha perso la verginità quando ha messo al mondo il Salvatore; al contrario, questi l'ha preservata intatta come un prezioso tesoro. Maria non vide mai il volto di un estraneo ed è per questo che rimase confusa quando udì la voce dell'angelo Gabriele». Il testo continua occupandosi del comportamento di Maria e offrendo delle curiose informazioni che manifestamente tradiscono la loro origine dai vangeli apocrifi. Ecco qualche esempio: «Ella non mangiò per procurare piacere al corpo, ma soltanto per le necessità della natura... Quando si recò dalla madre, non poté dirle neppure una parola sulle sue condizioni (di vergine gravida), perché aveva giurato a se stessa che non ne avrebbe fatto parola con nessuno in questo mondo. Ella sedeva sempre con il volto rivolto ad oriente, perché pregava in continuazione. I suoi fratelli desideravano vederla e parlarle, ma ella non ha voluto riceverli. Siccome gli angeli la visitarono diverse volte, poterono osservare il suo stile di vita esemplare e l'ammirarono. Ella dormiva, ma unicamente secondo le necessità. Il Signore, che ben conosceva la creazione intera, non vide nulla di simile a Maria e per questo la scelse come madre. Se dunque una ragazza vuole essere chiamata vergine, deve assomigliare a Maria». Chiaramente questo ritratto della Madre del Signore è stato confezionato in modo tale da corrispondere ad un ideale di verginità consacrata, in auge nella cristianità del IV secolo e illustrato anche da alcuni Padri. Invece il Concilio di Nicea non scende in questi dettagli che toccano la vita personale dei fedeli, soprattutto delle anime consacrate a Dio nella pratica della verginità. Il concilio si preoccupa di salvaguardare la dottrina della fede e per conseguire tale obiettivo sembra che il rigore e la sobrietà siano d'obbligo, al fine di evitare che i misteri della fede possano rischiare pericolose semplificazioni o banalizzazioni, con grave pericolo anche per la vita cristiana. Si comprende allora perché i 318 padri conciliari non abbiano voluto far entrare nel simbolo aggiunte non strettamente necessarie al ristabilimento dell'ortodossia, lasciando fuori anche il nome della Madre del Verbo Incarnato.

Bibliografia

GAMBERO L., Riferimenti mariologici nei documenti dei primi quattro concili ecumenici, in Theotokos XII (2004), n. 1-2, pp. 3-23; Conciliorum Oecumenicorum Decreta, Istituto per le scienze religiose, Bologna 1973; OPITZ H. G., Urkunden zur Geschichte des arianischen Streites, Berlin 1934; DOSSETTI G. L., Il simbolo di Nicea e di Costantinopoli, Roma 1967; ORTIZ DE URBINA I., Nicée et Constantinople, Paris 1963, PP. 69-92;  KELLY J. N. D., Early Christian Creeds, London 1979, pp. 205-230; THEODORETUS, Ecclesiastica Historia, 1,3, PG 82, p. 908; HAASE F., Die koptischen Quellen zum Konzil von Nicaea, in Studien zur Geschichte und Kultur des Altertums 10 (1929), pp. 50ss.

VEDI ANCHE
- CONCILIO COSTANTINOPOLITANO I
- CONCILIO COSTANTINOPOLITANO II
- CONCILIO DI CALCEDONIA
- CONCILIO DI EFESO
- CONCILI ECUMENICI
- CONCILIO VATICANO II

 






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