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PADRI DELLA CHIESA


1. Maria nel pensiero dei "Padri della Chiesa"
a)
Vengono considerati «Padri della Chiesa» quegli scrittori in possesso dei seguenti quattro requisiti: ortodossia; santità di vita; approvazione ecclesiastica; antichità. Tuttavia lo studio della Chiesa primitiva non può essere limitato ai soli «padri» perché vi sono tanti altri, scrittori, ortodossi ed eterodossi, la cui conoscenza è preziosa per la comprensione dottrinale dei primi secoli (Origene, Tertulliano, ecc.). Fra tutti i «padri-scrittori» un posto di preminenza è occupato dai Padri Apostolici, che rappresentano l'anello di congiunzione tra la predicazione orale degli apostoli e la propagazione della Chiesa. Essi sono coloro che ricevono e trasmettono il primigenio annuncio apostolico. La dottrina mariana dei Padri non presenta un trattato specifico, ma si desume dagli scritti sull'incarnazione salvifica di Cristo. Per rispondere ai vari attacchi provenienti dall'ambiente circostante, giudei, gnostici, pagani, manichei, i Padri ribadiscono la veridicità dell'Incarnazione: la natura non è corrotta perché è stata assunta e redenta dal Verbo e l'Incarnazione era necessaria per la nostra salvezza. Nel piano dell'Incarnazione l'attenzione non può non concentrarsi sulla figura di Maria che è sempre vista in relazione a Cristo e alla Chiesa.
b) Il pensiero dei Padri segue sostanzialmente la Scrittura e, nel riflettere sul mistero dell'Incarnazione, affronta il tema mariano in modo indiretto. Ben presto, però, risolte le grandi controversie dogmatiche intorno a Cristo e alla Trinità, appaiono i primi trattati autonomi sulla Santa Vergine. Già il primitivo pensiero patristico guarda a Maria inserendola nella grande storia della salvezza, - iniziata con la creazione -, introducendo quell'efficace e fortunato parallelismo Eva-Maria che tanto influenzerà la riflessione futura. Esso appare nell'Adversùs haereses di Ireneo e nel Dialogo con Trifone di Giustino martire. Maria appare negli scritti teologico-apologetici De Incarnatione (Apollinare, Ambrogio, Teodoreto, Nestorio, ;ecc.); nei commenti biblici (Origene, Ambrogio, Cirillo di Alessandria); nelle omelie e catechesi (Severiano, Agostino, Basilio, Cirillo di Gerusalemme); nei trattati ascetici De Virginitate (Atanasio, Ambrogio); negli inni cristologici (Efrem, Sofronio). Tutte queste opere offrono un panorama vastissimo sul pensiero mariano dei primi secoli e mettono in luce i temi della partecipazione di Maria all'economia salvifica, la sua maternità divina e le varie tipologie mariane (vergine, sposa, madre). Accanto a questi scritti troviamo i vangeli apocrifi tra i quali il Protovangelo di Giacomo (Natività di Maria) che costituisce una vera e propria vita della Vergine. Abbiamo, infine, monografie riguardanti la verginità di Maria: il De margarita, attribuita a Efrem (m. 373); l'Adversus Helvidium di Girolamo, composto verso il 383; mentre Epifanio di Salamina (m. 403) scrive una lunga lettera sulla perpetua verginità. In Occidente Idelfonso di Toledo (m. 667) compone il Libro aureo dove tratta lo stesso tema.

2. I primi Padri
a)
IGNAZIO DI ANTIOCHIA (†115ca)
La sua dottrina mariana, strettamente connessa con il mistero dell'Incarnazione, ribadisce la verità sulle due nature di Cristo; ne consegue l'affermazione della vera maternità di Maria e del suo concepimento verginale. Ignazio professa la messianicità di Cristo quale discendente di Davide, veramente nato nella carne nel modo in cui nasce ogni uomo al mondo (tale dottrina viene fortemente affermata contro i docetisti). Nella lettera agli Efesini Ignazio menziona tre misteri rimasti nascosti al demonio: la verginità di Maria, la nascita verginale del Figlio di Dio e la sua morte in croce. Enuncia soltanto questi misteri senza però pretendere di spiegarli. Maternità autentica e creazione verginale rappresentano quindi il cardine dell'insegnamento ignaziano.
b) GIUSTINO MARTIRE (†165ca)
Anche per Giustino la mariologia è inserita nel mistero di Cristo. Egli afferma che il Vangelo non è un sistema filosofico, ma la sola verità a cui l'uomo possa approdare e la cui validità è eterna. Vede Maria sotto una duplice angolatura: come Vergine-Madre e come Nuova-Eva. La dottrina di Giustino sull'Incarnazione del Verbo ha per centro il verginale concepimento. Che Cristo sia nato da una Vergine e per lui un fatto storico, attestato dalle «memorie. degli apostoli", è un fatto di fede. Giustino interpreta Is 7, 14 letteralmente in chiave mariana: uno solo è il Figlio della Vergine, chiamato Emmanuele: Cristo Signore. Contrapponendosi ai miti pagani della fecondazione di una vergine da parte di una divinità, Giustino ribadisce con fermezza la verità storica della concezione verginale. Riguardo al parallelismo Eva-Maria, Giustino è il primo a introdurlo in una riflessione che nel futuro si rivelerà molto feconda.
c) MELITONE DI SARDI
Il vescovo di Sardi indirizzò un'apologia all'imperatore Marco Aurelio della quale conosciamo ben poco, quel poco che ci viene riferito da Eusebio di Cesarea nel Chronicon Paschale. Tuttavia possediamo un'omelia sulla Pasqua, di recente scoperta, dove Melitone fa riferimento esplicito alla Vergine. Il contenuto è cristologico e lo stile è quello di un preconio pasquale. Di particolare interesse l'appellativo con cui il nostro autore chiama Maria: «Agnella immacolata».
d) IRENEO DI LIONE (†200ca)
Maria è per Ireneo «Signum virginis»: Vergine non solo perché ha conservato intatto il suo grembo, ma soprattutto perché Dio stesso l'ha investita di potenza dall'alto. E vera madre perché ha dato la carne al Verbo. Nella maternità verginale di Maria trova il suo compimento la profezia di Isaia sull'Enimanuele. Il Verbo, incarnandosi nel seno della Vergine, diventa il principio rigeneratore dell'umanità. Ireneo presenta ancora Maria come Nuova Eva che con la sua obbedienza supera la disobbedienza della prima donna.
e) ORIGENE (†254ca)
Centro della sua teologia è il Verbo fatto carne per restituire all'uomo la partecipazione alla grazia. divina. Gesù è la sola via che può condurci al Padre. La Vergine Maria si iscrive in questo mistero. Ribadisce la dottrina del concepimento verginale ad opera dello Spirito Santo. Il filosofo Celso aveva ritenuto il concepimento di Cristo un "mito", mentre Origene ne sottolinea la portata storica. Origene è il primo ad usare l'espressione «Theotokos» nel suo commento all'epistola ai Romani del quale, purtroppo, non possediamo l'originale greco. Origene guarda a Maria attraverso il Vangelo cogliendone la portata e la profondità. Maria è la creatura-sposa più toccata nell'intimo dall'azione di Dio cui risponde con generosità e disponibilità. La figura della Vergine appare nel pensiero di Origene come la donna piena di fede che ascolta la parola di Dio, rivoltale dall'angelo. ll calvario diventa il luogo della prova di Maria. Origene, interpretando la profezia di Simeone, vede la Vergine ai piedi della croce straziata non tanto nel cuore quanto nell'animo perché contempla con i suoi occhi la morte di Dio, anche in lei come negli apostoli si insinua la «spada del dubbio».

3. Da Nicea a Calcedonia (325-451)
Il periodo che va da Nicea a Calcedònia è anche chiamato «età d'oro della patristica», proprio perché rappresenta il momento della più alta fioritura del pensiero dei Padri. Per quanto riguarda la riflessione mariana assistiamo a un nuovo impulso dovuto all'estensione della trattazione del tema: il rinnovato interesse per la Sacra Scrittura, lo sforzo di formulazioni dottrinali in risposta ai vari movimenti ereticali, l'affermazione del genere epistolare a contenuto dogmatico, l'omiletica, l'innografia, l'iconografia. È anche il periodo del grande e appassionato dibattito sul termine «Theotokos» che trovò la sua formulazione dogmatica al concilio di Efeso (43 1) e le cui conseguenze si protrassero fino a Calcedonia (451) sul modo di intendere le due nature di Cristo, nell'unità dell'unica persona del Verbo. Nel IV secolo hanno origine le prime forme di vita monastica, maschile e femminile; la «fuga dal mondo» e il desiderio di seguire Cristo per la «via perfetta» determinarono l'esodo verso il deserto o i «luoghi della contemplazione» di molti uomini che, nel nuovo stato di vita, presero come esempio Gesù e Maria. La considerazione mariana diventa consequenziale per uno stato di vita in cui si privilegia l'ascolto della parola, coniugato con la castità. Fu in Egitto, paradiso della vita monastica, che questa spiritualità si sviluppò di più. In uno scritto anonimo degli inizi del IV sec., conservato in copto, si rappresenta Maria che vive in orazione continua, separata dal commercio degli uomini e in compagnia degli angeli. L'ideale della vita monastica si proietta sulla persona di Maria: «Dio, contemplando il mondo intero, non trovò nessuna donna paragonabile a Maria: così la scelse perché fosse sua madre. Se qualcuna vuole essere chiamata vergine, deve imitare Maria».

4. I Padri Orientali

a) CIRILLO DI GERUSALEMME († 387ca)
La sua opera principale sono le Catechesi dove tratta il tema mariano stimolato dalla controversia con i giudei e i manichei, che ritenevano l'Incarnazione cosa non degna di Dio. Cirillo afferma con forza la convenienza dell'Incarnazione per la nostra salvezza: non vi può essere contaminazione nella carne dell'uomo perché anch'essa fa parte della bontà della creazione ed è uscita dalle mani di Dio. Incarnandosi nel seno della Vergine, Dio trova la bontà originaria della carne. Cirillo è il primo a parlare della santificazione di Maria nell'annunciazione.
b) ATANASIO (†373)
La sua dottrina mariana può essere vista sorto una duplice angolazione: dottrinale e liturgica. Sorto l'aspetto dottrinale difende la consustanzialità del Verbo con il Padre, afferma la maternità divina di Maria (Theotokos), contro gli ariani. Contro le eresie cristologiche che negavano la vera carne di Cristo, ribatte, con argomentazioni scritturistiche e razionali, l'integrità della nostra carne assunta dal Verbo, l'unità della sua persona, l'immutabilità della sua natura divina. In campo liturgico la prima omelia mariana viene attribuita ad Atanasio, ivi commenta l'Annunciazione e il Natale, tessendo le lodi della Vergine ispirandosi al Magnificat.

5. I Padri Cappadoci

In Cappadocia, nella seconda metà del IV secolo, assistiamo a una grande fioritura del pensiero teologico, grazie all'apporto dei tre grandi vescovi, Basilio Magno, Gregorio Nazianzeno, Gregorio Nisseno. Il loro interesse si dirige, principalmente, verso la cristologia e la dottrina trinitaria. Solerti difensori della fede nicena contro gli ariani, costituiscono il punto di riferimento per la tradizione teologica bizantina. -
a) BASILIO († 379)
La sua dottrina mariana verte soprattutto sulla perpetua verginità di Maria, appellandosi al sensus fidelium: i fedeli hanno percepito e credono profondamente nella perpetua verginità della Madre di Dio. Basilio, tuttavia, vuole dimostrare che tale verità è necessaria ai fini del progetto salvifico. Basilio fornisce questa spiegazione dello sposalizio di Maria con Giuseppe: «Perché la verginità fosse onorata e perché il matrimonio non fosse disprezzato».
b) GREGORIO NAZIANZENO (†390)
Gregorio Nazianzeno dedica pochi passi al mistero di Maria. L'esigua mole non va discapito della profondità della dottrina, dove afferma con vigore il tema della maternità divina: «Se qualcuno non crede che Maria è Madre di Dio, è fuori della divinità». Anticipa così la definizione efesina contro Apollinare che negava la vera maternità di Maria. Presenta la verginità di Maria come modello per la vita consacrata e parla anche di una previa purificazione della Madonna.
c) GREGORIO DI NISSA (†392)
Di Maria parla soprattutto nell'omelia sul Natale, nel trattato sulla verginità, nel commento al Cantico dei Cantici. In polemica con Apollinare di Laodicea, egli afferma la vera e reale maternità di Maria, difendendo la piena umanità del Cristo. La natura umana di Gesù non era preesistente, ma è stata assunta nel seno della Madre e possedeva tutti i requisiti dell'uomo: un corpo, un'anima materiale o principio di vita, e uno spirito dotato di libera volontà. Siccome il Cristo è Figlio di Maria, Maria è Madre di Dio o Theotokos. Gregorio usa cinque volte questo termine che verrà ripreso come formula dogmatica nel Concilio di Efeso. Nel proclamare la verginità di Maria, Gregorio sottolinea il mistero della verginità nel parto, a cui egli annette uno speciale valore di segno ambivalente, perché da una parte indica l'intervento e la presenza della divinità nel Bambino nato da Maria, dall'altra testimonia il dono della vita verginale fatto dal Signore agli uomini... L'antico parallelo Eva-Maria viene ripreso dal Nisseno con una sfumatura nuova: al dolore di Eva nel partorire i propri figli si oppone la gioia di Maria nella nascita del Figlio di Dio.

6. I Padri Latini

a) AMBROGIO (†397)
In molte sue opere parla di Maria, pur non avendo scritto di lei nessuna trattazione: ed è giusto, perché Maria - secondo il contesto del suo pensiero - appartiene al mistero di Cristo e a quello della Chiesa. Personalmente egli ha della Madre del Signore una venerazione profonda, che manifesta con titoli ed espressioni ammirative nei suoi riguardi: venerazione che nasce dalla conoscenza profonda del suo ruolo nel mistero salvifico al quale Dio l'ha voluta associare. Ed è da questa conoscenza e venerazione che egli parte, per proporre Maria all'imitazione di tutti: delle vergini in primo luogo, delle madri e delle vedove, e di ogni fedele. Ambrogio dimostra una fortissima propensione per lo stato di verginità consacrata. Le linee più incisive del profilo verginale di Maria sono: il suo equilibrio interiore: corpo e mente si fondevano armoniosamente insieme; pensiero e parola, comportamento e gesti erano costantemente guidati dalla ragione; la sua ascesi continua: custodia degli occhi e del cuore, ritiratezza, riserbo, parsimonia di cibo, abbondanza di digiuni, laboriosità assidua, sonno moderato, ecc.; il mantenersi continuamente discepola: attenta alle virtù di tutti, per' imitarle; ma soprattutto «amante dello studio divino», che la mente richiamava anche nel sonno; infine, uno dei tratti più squisiti della vita monastica e verginale: la carità verso tutti, in parole e opere; la propensione e la tenerezza verso i poveri, cui donava i frutti del proprio lavoro, alle cui preghiere si affidava. Così si capisce come per Ambrogio la verginità di Maria si identificasse con lo stile di vita evangelico. Ambrogio non trova in Maria se non virtù da proporre all'imitazione di tutti. Egli è il pioniere della grande corrente latina, che in Maria non vede peccato. Ambrogio è il primo tra i Padri che introduce, con formule chiare e inequivocabili, il rapporto dogmatico-pastorale tra Maria e la Chiesa: egli afferma che Maria è il tipo della Chiesa perché Vergine-Sposa-Madre.  Afferma, inoltre, che tutti i credenti possono diventare spiritualmente "madri" di Cristo: «Fate la volontà del Padre e sarete la madre di Cristo».
b) AGOSTINO (†430)
Tralasciando tutti quegli aspetti comuni con Ambrogio e la tradizione orientale, vogliamo concentrare la nostra attenzione sul problema della santità di Maria. Il suo pensiero va inquadrato nella controversia pelagiana sullo stato di bontà dell'uomo. Pelagio, per comprovare la sua posizione, si oppone all'insegnamento di Agostino sull'universalità del peccato, appellandosi all'esempio di Maria concepita senza peccato. Agostino, pur ammettendo lo stato di santità eccelsa di Maria, vuole salvaguardare l'universalità della redenzione di Cristo, alla quale non può essere sottratta neanche la Madre. Ma Agostino intende il peccato originale o quello attuale? La controversia che scatenerà induce à pensare a una non chiara posizione del grande vescovo di Ippona. Egli, infatti, conoscerà la reazione di Giuliano d'Eclano che sottolinea, contro Agostino, la bontà naturale dell'uomo in quanto nato senza peccato e appellandosi all'esempio di Maria rimprovera Agostino di essere peggiore di Gioviniano: «quegli - [Gioviniano] infatti nega la verginità di Maria a causa del parto, tu invece affidi Maria al diavolo a causa della nascita». La risposta di Agostino è ingegnosa ma ambigua, si libera dell'opposizione di Giuliano, ma non fa eccezioni per Maria: «Quello che gli impediva di trovare una soluzione, era la sua teoria della trasmissione del peccato originale attraverso la generazione sessuale. Effettivamente, la dottrina agostiniana fu per lungo tempo un ostacolo, per i teologi-occidentali, all'ammissione di una concezione immacolata».

7. L'ultimo periodo (fino all'VIII secolo)

Questo periodo sostanzialmente ripete la dottrina dell'era d'oro della patristica sulla divina maternità di Maria, sulla perpetua verginità, sull'eminente santità della Madonna. Politicamente il cristianesimo bizantino è impegnato nelle lotte contro i persiani e gli arabi, le lotte interne e la crisi iconoclasta. Fiorisce l'iconografia che illustra meravigliosamente la teologia e la mistica della bellezza. Liturgicamente vengono introdotte nel calendario orientale e poi occidentale le feste dell'infanzia di Maria di ispirazione apocrifa (natività, presentazione al Tempio, concezione di Anna), e la "festa delle feste": Assunzione o Dormizione. La riflessione sull'Assunzione costituirà il punto centrale di quest'ultimo periodo della patristica. Si fa ampio riferimento ai racconti dei vangeli apocrifi, ma vi è anche la preoccupazione di fondarli biblicamente. E quello che fa Teotecno di Livia in una sua omelia sull'assunzione. Vengono composte opere sul transito della Vergine e pronunciati discorsi e omelie. Solo per fare alcuni nomi celebri: Andrea di Creta (m. 720), Germano di Costantinopoli (m. 733) e Giovanni Damasceno (m. 749).

Bibliografia

DAMIGELLA G., Il mistero di Maria. Teologia, storia, devozione, Città Nuova, Roma 2005, pp. 92-120; AA. VV., Testi mariani del primo millennio: vol. 1: Padri e altri autori greci, Città Nuova, Roma 1988 - vol. 2: Padri e altri autori bizantini, Città Nuova, Roma 1989 - vol. 3: Padri e altri autori latini, Città Nuova, Roma 1990 - vol. 4: Padri e altri autori orientali, Città Nuova, Roma 1991; TONIOLO E., Padri della Chiesa, in DE FIORES S. - MEO S. (a cura di), Nuovo Dizionario di mariologia, San Paolo, Cinisello Balsamo 1986, pp. 1044-1083; GAMBERO L., Maria nei Padri della Chiesa, San Paolo, Cinisello Balsamo 1991; AA. VV., Maria nei primi tre secoli, in Theotokos IX (2001), n. 1.  pp. 3-292; AA. VV., La Vergine Maria nei secoli I-II, in Theotokos IX (2001), n. 2, pp. 295-506; AA. VV., Maria nei Concili Ecumenici e in scrittori dei secolo IV-V, in Theotokos XII (2004), nn. 1-2, pp.3-285; AA. VV., Maria in scrittori del V-VIII secolo, in Theotokos XIV (2006), pp.3-243; AA. VV., Studi di Mariologia patristica, in THeotokos XVI (2008), n. 1, pp.3-299; FELICI S. (a cura di), La mariologia nella catechesi dei Padri, Roma 1989; AA.VV., Maria è il suo nome. Itinerario storico-teologico, Roma 1985; VISMARA M. E., Il testamento del Signore nel pensiero di S. Ambrogio e la maternità di Maria SS. verso gli uomini, in Salesianum, VII (1945), 1-2, pp. 7-38.

VEDI ANCHE:
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