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PROTOTIPO DELLA CHIESA


1. Maria, prototipo della Comunità Ecclesiale
Seguendo la linea della migliore tradizione ecclesiale, il Concilio Vaticano II ha messo in rilievo la relazione intima che intercorre tra Maria e la Chiesa, presentandola nel suo valore proiettivo e significante in relazione con la stessa comunità ecclesiale. E così Maria è, secondo il Vaticano II:
• «Sovreminente e del tutto singolare membro della Chiesa» (LG 53).
• «Sua figura ed eccellentissimo modello nella fede e nella carità» (ibidem).
• «Figura della Chiesa nell'ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo» (LG 63).
• «(Modello) in modo eminente e singolare, quale vergine e quale madre» (ibidem).
• «Modello di virtù» (LG 65).
• «Eccelsa Figura» (ibidem).
• «Immagine purissima di ciò che essa tutta (= Chiesa) desidera e spera di essere» (SC 103).
Seguendo questi e altri testi conciliari equivalenti, possiamo affermare che «Maria è il membro iniziale e perfetto della chiesa storica. Non è al di fuori o al di sopra della chiesa; con lei la chiesa inizia e raggiunge già la sua perfezione. Tutta la missione materna e la sua cooperazione con il Cristo è in funzione della chiesa. Egualmente ne rappresenta la figura e il modello e, nel suo realizzarsi storico, la chiesa deve ispirarsi a lei in un continuo processo imitativo e di identificazione; in lei ha già raggiunto l'apice della perfezione morale ed apostolica; alla sua molteplice intercessione deve indirizzarsi per superare il peccato e le difficoltà della vita (LG 6l-65) ». Fondandoci sui testi indicati, si può affermare che una visione corretta e sicura del mistero di Maria può influire decisivamente sulla giusta comprensione del mistero della Chiesa. Ancor più, che «riguardo ai singoli uomini redenti, tutti i misteri di Maria sono dei princìpi universalmente validi». Infatti, «lungo tutto il suo destino, la Vergine realizza anticipatamente tutto ciò che la Chiesa realizzerà più tardi. Prima che la Chiesa appaia, ella è santa e immacolata; prima della Chiesa, Maria si unisce a Cristo, forma con lui un solo Corpo, una sola vita, un solo amore; prima della Chiesa ella partecipa alle sue sofferenze e coopera alla Redenzione; prima della Chiesa, infine, è elevata al cielo, corpo e anima, con Lui. E tuttavia, tutte queste anticipazioni non sono estranee alla Chiesa, perché Maria è già la Chiesa. Si potrebbe dunque dire altrettanto bene che in Maria la Chiesa comincia ad essere santa e immacolata, ad essere incorporata a Cristo, a partecipare ai suoi misteri e a risuscitare con Lui. In questa prospettiva la Vergine appare come il primo membro della Chiesa, quello nel quale la Chiesa realizza nel modo più perfetto, e per anticipazione, la sua essenza più profonda e più inalienabile, che è la comunione con Cristo». Tre sono, nella sua relazione con la comunità ecclesiale, le prospettive o dimensioni imprescindibili e complementari del mistero di Maria:
1. L'antropologica, che sottolinea l'autenticità e la singolarità personale di Maria in quanto creatura concreta, caratterizzata riguardo a Dio e a Cristo.
2. La teologica, che sottolinea il superamento del semplice livello umano (storico-biologico) per collocare la persona di Maria nella prospettiva teologica della sua relazione trinitaria e sul piano concreto della storia della salvezza.
3. La simbolica o tipologica, che sottolinea la profonda ed essenziale relazione di reciprocità esistente tra Maria e la comunità ecclesiale. In virtù di questa reciproca relazione, Maria è allo stesso tempo la personificazione del disegno di Dio sulla comunità ecclesiale e della risposta di questa al disegno di Dio. In questo modo, Maria diventa effettivamente una purissima immagine di ciò che la Chiesa tutta intera desidera e spera di essere (cf SC 103).

2. Dimensioni del prototipismo ecclesiale di Maria

Alla luce di questa molteplice prospettiva tipologica mariana, possiamo indicare alcune dimensioni essenziali di Maria nella sua relazione con l'intera comunità ecclesiale.
a) Maria, la donna
Dobbiamo, innanzitutto, valorizzare nella Mariologia gli aspetti antropologici, scoprendo sempre di più la radicale e profonda «vicinanza» della situazione in cui visse Maria riguardo al resto dell'umanità. Davanti a Maria, infatti, ci troviamo, in tutto e soprattutto, davanti a un'autentica creatura umana, e, più in concreto, davanti a una donna. Per questo motivo la teologia attuale, così sensibile agli aspetti antropologici del mistero cristiano, valorizza ed evidénzia con enfasi quella che potremmo chiamare la dimensione o base umana della figura di Maria. Paolo VI, nell'Esortazione Marialis Cultus, si chiese se Maria, una donna che condusse la sua esistenza duemila anni fa, in situazioni socio-culturali profondamente diverse dalle nostre, può continuare a essere ancora oggi «modello» dell'uomo contemporaneo (MC 34-37). La risposta che lo stesso Papa dà è decisamente affermativa. Si fonda sul fatto che la Chiesa nella sua considerazione «non si lega a schemi rappresentativi delle varie epoche culturali né alle particolari concezioni antropologiche che stanno alla loro base». E ciò nonostante che talune espressioni della figura di Maria «perfettamente valide in se stesse, siano meno adatte a uomini che appartengono ad epoche e civiltà diverse» (ibid. 36).
Paolo VI però non si accontenta di mettere le basi di questo principio, ma esorta anche «i teologi, i responsabili delle comunità cristiane e gli stessi fedeli a dedicare la dovuta attenzione a tali problemi» (ibid. 34), offrendo egli stesso alcuni punti di riflessione. Egli quindi presenta Maria come donna del nostro tempo, dato che si presenta nel Vangelo come una donna dialogante, capace di opzioni serie e impegnative, con una religiosità aperta e rivolta verso gli altri, forte di fronte a situazioni dolorose ed estreme, animatrice di progetti audaci e generosi. A ragione può, dunque, concludere dicendo che «la figura della Vergine non delude alcune attese profonde degli uomini del nostro tempo ed offre ad essi il modello compiuto del discepolo del Signore: artefice della città terrena e temporale, ma pellegrino solerte verso quella celeste ed eterna; promotore della giustizia che libera l'oppresso e della carità che soccorre il bisognoso, ma soprattutto testimone operoso dell'amore che edifica Cristo nei cuori» (ibid. 37).
b) Maria, la credente
In secondo luogo, è necessario rilevare un aspetto particolarmente importante della vita della Chiesa nel quale Maria si presenta come «modello eccelso»: la sua condizione di «credente». Tale condizione per lungo tempo è rimasta nell'oscurità e anche ignorata nella riflessione mariana e nella pietà del semplice popolo, eppure è il principale titolo di gloria di Maria; esso supera perfino quello della sua divina maternità, anzi, è proprio e soprattutto questo titolo che la avvicina ai membri della comunità ecclesiale. «Maria ha condiviso l'oscura condizione della fede, che è quella degli altri redenti. Questa fu la sua beatitudine sulla terra e nessun'altra: non quella della scienza padrona dei suoi concetti o della visione estatica, ma quella di "specchio" e di "enigma", come dice san Paolo; non "la saggezza dei sapienti", ma "la follia della Croce" (1 Cor 1,18-19). Il Cristo non le concede nemmeno le soddisfazioni della maternità secondo la carne, per quanto legittime siano. Fin dall'infanzia ricorda a questa madre terrena che egli la lascerà senza preavviso per il servizio del Padre Celeste (Lc 2,49). A coloro che esaltano in lei una beatitudine secondo la carne, Egli replica: "Beati coloro che odono la parola di Dio e la osservano" (Lc 11,27-28); E ancora: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Chiunque fa la volontà del Padre mio, quegli mi è fratello e sorella e madre" (Mt 12,50). Questa è la parte di Maria, la parte migliore: "conservare nel suo cuore le parole" (Lc 2,19.5 1) di Cristo che è la Parola di Dio. E la sua beatitudine, proclamata una volta per tutte da Elisabetta, è: "Beata colei che ha creduto, perché si sono compiute le promesse che le sono state annunziate da parte del Signore" (Lc 1,45)... Togliere alla Vergine di Nazareth l'oscura condizione della fede per elevarla alla visione beatifica fin dal tempo della sua vita terrena, significa falsare il senso del suo destino e in certo modo diminuirla pur con l'intenzione di magnificarla». In quanto credente, Maria ha pure una funzione di modello e di rappresentanza in relazione alla comunità ecclesiale, a cui anch'essa appartiene. Anche il Vaticano II si fa eco di questa condizione di credente di Maria, affermando in modo generico che Maria occupa nella Chiesa «il posto più alto e più vicino a noi» (LG 54), e, più concretamente e direttamente, che Maria precede, proprio in quanto credente, la comunità ecclesiale. Maria accolse, dunque, la Parola come Vergine in ascolto, nella chiara oscurità della fede. Essendo il mistero dell'Incarnazione l'ammirevole unione di due «Sì» (quello di Dio che decide e quello di Maria che accetta), si può affermare che, in virtù del suo atteggiamento credente, il «sì» di Maria aprì la porta al «sì» di Dio (cf 2 Cor 1,19-20), alla parola salvifica di Dio (MC 6). Da parte sua, Giovanni Paolo II nell'Enciclica Redemptoris Mater analizza ampiamente la condizione credente di Maria, la cui vita si svolse totalmente nella più profonda e stretta «obbedienza di fede»: cf Rm 16,26; 1,5; 2 Cor 10,5-6; così come analizza la ripercussione che l'esempio di Maria è destinato ad avere nella comunità ecclesiale .46 Unendo strettamente la fede della Chiesa con quella di Maria, afferma che «questa fede di Maria che segna l'inizio della nuova ed eterna Alleanza di Dio con l'umanità in Gesù Cristo, questa eroica sua fede "precede" la testimonianza apostolica della Chiesa, e permane nel cuore della Chiesa, nascosta come uno speciale retaggio della rivelazione di Dio. Tutti coloro che, di generazione in generazione, accettando la testimonianza apostolica della Chiesa partecipano a quella misteriosa eredità, in un certo senso partecipano alla fede di Maria» (RM 27). E più oltre insiste: «Coloro che in ogni generazione, fra i diversi popoli e nazioni della terra, accolgono con fede il mistero di Cristo, Verbo incarnato e Redentore del mondo, non solo si volgono con venerazione e ricorrono con fiducia a Maria come alla loro madre, ma cercano nella fede di lei il sostegno della propria fede. E appunto questa viva partecipazione alla fede di Maria decide della sua speciale presenza nel pellegrinaggio della Chiesa, quale nuovo popolo di Dio su tutta la terra» (ibidem). A ragione, quindi, si può concludere con il Vaticano II che «Maria, la quale per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce per così dire e riverbera i massimi dati della fede, mentre viene predicata e onorata chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre» (LG 65).
c) Maria, la discepola di Gesù
La condizione di credente di Maria ha risvegliato una nuova sensibilità ecclesiale in relazione con un aspetto importante nella vita della Madre di Gesù: la sua condizione di «seguace e discepola» del Figlio. Nella Chiesa di oggi, che deve affrontare la sfida della «sequela di Cristo» in un mondo sottomesso a un profondo cambio culturale, Maria appare come «modello e prototipo» di un autentico discepolato. Certamente Maria non appartenne al gruppo dei discepoli che Gesù aveva costituito affinché lo seguissero, facendo vita comune con Lui (cf Mc 3,13-19; Lc 6,12-16; Gv 15,16). Neppure stava con il gruppo di donne «seguaci e discepole» di Gesù delle quali ci informa Luca (8,1-3). Ma, senz'altro, appartenne al gruppo dei discepoli che potremmo chiamare domestici, perché rimanevano nelle loro case, nel loro paese o città: Zaccheo, Giuseppe di Arimatea, Nicodemo, Lazzaro con le sorelle Marta e Maria, ecc. Maria, la madre di Gesù, dovette sottomettersi a quella trasformazione che il superamento del semplice livello biologico, quello dei vincoli della carne e del sangue, richiede per entrare nella famiglia escatologica formata, meglio, formalmente «costituita» dal Figlio suo all'inizio della sua vita pubblica. Una trasformazione è sempre dolorosa, perché suppone il passaggio dalla condizione di madre a quella di discepola (cf Mc 3,20-21.31-35), dall'ordine della maternità fisica a quello della sequela di Gesù (cf Lc 2,51). Ed ella lo fece in modo tale che varie volte si meritò l'elogio dallo stesso Gesù: essa è beata non soltanto perché ha portato nel suo grembo e allattato Gesù (così facevano normalmente tutte le madri, insieme ad altri aspetti propri della maternità biologica), ma perché forma parte del gruppo di quelli che, avendo udito la Parola di Dio e conservandola nel loro cuore, si fanno discepoli (cf Lc 11,27-28). Essa è beata perché, superando i semplici vincoli materni che provengono dalla carne e dal sangue, è entrata a far parte della famiglia escatologica di Cristo: una famiglia formata da «uditori della Parola» e da generosi «realizzatori» della stessa (cf Lc 8,18-21; Gc 1,22-25). La qualità del suo discepolato risalta nel deciso e breve invito (che è piuttosto un ordine) rivolto ai servi delle nozze di Cana: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5). Tenendo presente la chiara intenzionalità simbolica del quarto Vangelo, è evidente che l'ordine di Maria era l'espressione di ciò che essa stessa viveva, e di ciò che la prima comunità cristiana aveva intuito della relazione di Maria con Gesù, suo Figlio. In questo senso, si può affermare che «l'immagine globale che il Nuovo Testamento ci offre di Maria è quella di una donna che, con una coerenza straordinaria, si è per sempre messa al servizio del Signore; quella di una donna che ascoltò la Parola, la meditò nel silenzio e nell'oscurità e superò la tentazione dell'incredulità. Si collocò incondizionatamente al servizio della causa del Figlio suo e divenne perfetta "seguace" di Gesù, benché non sempre lo abbia seguito fisicamente. Anche qui potremmo glossare l'evangelista Luca dicendo che "seguì Gesù nel suo cuore". Esiste un'ammirevole corrispondenza tra gli atteggiamenti fondamentali di Maria e quelli di Gesù che essa seguiva. Al "sì" di Cristo ("Ecco io vengo, o Dio, per fare la tua volontà": Eb 10,7), corrisponde il "fiat" di Maria (Lc 1,38). Il "fiat" di Maria all'angelo corrisponde al "fiat" del Padre nostro (Mt 6,10). Come Gesù, la Vergine ascolta e mette in pratica la Parola di Dio (Lc 11,27-28; Mt 7,21). Maria si associa al sacrificio di Cristo (Gv 19,25; Eb 9,14). Maria conduce gli uomini a Cristo». Se oggi la Chiesa vuole rinnovarsi nel suo impegno di sequela e di discepolato di Cristo per non perdere la sua identità, se vuole essere profondamente fedele a Cristo e ai tempi di profonda transizione culturale che deve vivere, dovrà fissarsi in colei che, nelle condizioni concrete di vita, aderì totalmente e responsabilmente alla volontà di Dio; in colei che, nell'ubbidienza della fede, fece lo sconcertante e rischioso transito dall'Antico al Nuovo Testamento; in colei il cui agire fu sempre animato dalla carità e dallo spirito di servizio; in una parola, in colei che fu «la prima e la più perfetta seguace di Cristo» (MC 35)50
d) Maria, madre-vergine
La comunità ecclesiale, come «madre dei credenti», è destinata a generare verginalmente Cristo nel cuore di tutti gli uomini e in particolare dei battezzati. Ebbene, in questa duplice condizione di madre e vergine, la Chiesa intera trova un punto obbligato di riferimento in Maria che si presenta «in modo eminente e singolare quale vergine e quale madre» (LG 63) davanti alla comunità ecclesiale. Questa è una delle convinzioni più profonde e generalizzate nella tradizione della Chiesa sin dai primi momenti della riflessione teologica: Maria e la Chiesa hanno in comune una vocazione fondamentale: quella di essere «madre-vergine di Cristo»; del Cristo fisico e del Cristo mistico. H. Rahner, riassumendo e riflettendo il pensiero della tradizione patristica, afferma al riguardo: «Maria, Madre di Gesù, per l'ineffàbile dignità di essere madre vergine dell'Uomo-Dio, è diventata modello e compendio della Chiesa madre; o, per esprimerci con più chiarezza e audacia, Maria giunse a essere la madre vergine di Dio, proprio perché nella visione eterna della redentrice e amante provvidenza del Padre, doveva essere il compendio della comunità di tutti coloro che "non sono nati da sangue, né da volontà umana, ma da Dio" (Gv 1,13)». Di qui il fatto che la Chiesa riconosca se stessa in Maria, non soltanto come quella che, in quanto comunità, è redenta e madre di tutti i redenti, ma anche e in modo particolare, come il grembo nel quale ciascuno, per opera dello Spirito, è generato verginalmente in Cristo ed è raggiunto dalla salvezza compiuta da Cristo, autore della salvezza, concepito egli stesso verginalmente nel grembo di Maria per opera dello stesso Spirito. San Leone Magno esprime assai bene questa realtà quando afferma: «Per ogni uomo che rinasce, l'acqua battesimale è un'immagine del grembo verginale reso fecondo al fonte battesimale dallo stesso Spirito che fecondò la Vergine».Infatti, dice altrove, «diede all'acqua quello che diede alla madre». Sant'Ildefonso di Toledo, pregando con questi stessi presupposti, si raccomanda a Maria affinché gli ottenga la capacità di generare verginalmente Cristo nel proprio cuore. In questo modo Maria, che per la sua maternità verginale appartiene a Dio e dice una totale e assoluta relazione a lui, precede la comunità ecclesiale, chiamata pure a continuare e generare verginalmente Cristo nel cuore degli uomini lungo tutta la storia. «Si tratta dunque di una correlazione in cui Maria è prima sia nell'ordine cronologico, nel senso che ella precede la Chiesa della Pentecoste (Lc 1,35 e At 1,8), sia nell'ordine ontologico, nel senso che in lei è racchiuso in modo esemplare tutto ciò che la grazia di Dio realizza nella Chiesa».
e) Maria, la tutta santa
In una Chiesa, totalmente chiamata e anche obbligata a cercare con insistenza la santità secondo la propria vocazione e secondo lo stato di ciascun battezzato," Maria appare come quella che «condensa, secondo una perfezione definitivamente acquisita, quello che è l'essenziale della santità dei membri della Chiesa». Ella è modello e prototipo che stimola e indica il cammino da seguire: «I fedeli si sforzano ancora di crescere nella santità debellando il peccato; e per questo innalzano gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti» (LG 65). Maria infatti «fu santificata; in essa raggiunge il suo culmine più alto la santità del Popolo di Dio. Maria viveva in santità prima della vocazione-annunciazione. Sarebbe altrimenti inspiegabile la risposta così generosa e totale che diede alla chiamata di Dio. Nella scena della vocazione-annunciazione, la Chiesa scopre una intensità di risposta a Dio, che risulterebbe inspiegabile se il Fiat della Vergine non avesse avuto presupposti assai profondi nella sua vita anteriore; una risposta piena di santità esige radici molto sante». Specificando il principio della «universale chiamata» alla santità di tutti i battezzati, il Vaticano I! presentò Maria come modello e paradigma di santità per i diversi membri della Chiesa secondo la vocazione, funzione e ministero di ciascuno nel corpo ecclesiale: siano essi presbiteri (P0 18), futuri presbiteri (OT 8), religiosi (PC 25) o laici (AA 4). Anche Paolo VI, nella Marialis Cultus, presentò sotto questo aspetto Maria come modello ed esempio di tutti i battezzati: «La santità della Vergine muove i fedeli ad innalzare "gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti" (LG 65). Si tratta di virtù solide, evangeliche: la fede e l'accoglienza docile della Parola di Dio (cf Lc 1,26-38; 1,45; 11,27-28; Gv 2,5); l'obbedienza generosa (cfLc 1,38); l'umiltà schietta (cf Lc 1,48); la carità sollecita (cf Lc 1,39-56); la sapienza riflessiva (cf Lc 1,29-34; 2,19.33.51); la pietà verso Dio, alacre nell'adempimento dei doveri religiosi (cf Lc 2,21.22-40.41), riconoscente dei doni ricevuti (cf Lc 1,46-49), offerente nel tempio (cf Lc 2,22-24), orante nella comunità apostolica (cf A 1,12-14); la fortezza nell'esilio (cf Mi 2,13-23), nel dolore (cf Lc 2,34-35.49; Gv 19,25); la povertà dignitosa e fidente in Dio (cf Lc 1,48; 2,24); la vigile premura verso il Figlio, dall'umiliazione della culla fino all'ignominia della croce (cfLc 2,1-7; Gv 19,25-27); la delicatezza previdente (cf Gv 2,1-11); la purezza verginale (cf Mt 1,18-25; Lc 1,26-38); il forte e casto amore sponsale. Di queste virtù della Madre si orneranno i figli, che con tenace proposito guardano i suoi esempi per riprodurli nella propria vita» (MC 57).
f) Maria, fedele e docile allo Spirito
Maria appare ancora nella Chiesa come segno vivente di fedeltà pneumatologica. La Chiesa, infatti, sa di essere nata dal costato di Cristo per opera dello Spirit061 e si sente responsabile in coscienza di rispondere alla molteplice presenza e azione dello Spirito in essa. Nella prima Chiesa, riunita nel Cenacolo, che rimane sempre il paradigma della comunità ecclesiale lungo i secoli, appare lo Spirito quale protagonista di tutto il processo di espansione missionaria della Buona Notizia: dalla discesa dello Spirito su tutti e ciascuno dei membri della comunità (cf A 2,14), fino alla predicazione apostolica realizzata con potenza e sostenuta da numerosi segni e prodigi (cf A 3,1-8; 4,29-3 1; 5,12-16), passando poi mediante l'impulso ricevuto dallo Spirito a predicare la Buona Notizia a giudei e gentili senza distinzioni di classe (cf At 10,19-47; 11,12-18) e mediante la forza decisiva che lo Spirito dà loro affinché siano in ogni occasione e davanti a tutti testimoni validi e qualificati di un Cristo morto e risorto (cf At 1,8; 4,842; 5,32). Anche in questa esigente dimensione di fedeltà ecclesiale, Maria si presenta alla Chiesa di oggi come prototipo e modello dell'atteggiamento che bisogna avere di fronte allo Spirito. Infatti, se risaliamo al momento della Chiesa nascente, possiamo scoprire la mutua e profonda interrelazione tra Maria, che condivide la condizione di credente e discepola con i discepoli riuniti nel Cenacolo (cf At 1,14), e il resto della comunità ecclesiale, che non soltanto è beneficiaria della sua presenza, ma si fissa in essa per riuscire a rispondere all'opera dello Spirito. Collocata al centro della comunità cristiana che attende la venuta dello Spirito, Maria offre e ottiene da questa comunità la forza e la fedeltà allo Spirito, diventando per tutta la Chiesa "opera maestra dello Spirito". Di conseguenza, «per conoscere l'agire dello Spirito, per discernere i segni della sua forza e della sua speranza escatologica, dobbiamo fissarci in Maria». Se infatti lo Spirito agì in Maria affinché in essa prendesse corpo la Parola, se durante la vita di Maria lo Spirito continuò ad attualizzare la Parola che Maria conservava nel suo cuore (cf Lc 2,19.5 1), se Maria, dopo aver concepito la Parola, è spinta dallo Spirito perché vada a comunicarla (cf Lc 1,39-45), se nel grembo di Maria la Parola non soltanto prende corpo per opera dello Spirito, ma si personalizza prendendo un nome "Gesù" (cf Lc 1,31; Mt 1,21), la comunità ecclesiale, oggi, è chiamata a seguire Maria, lasciandosi trasportare dallo Spirito affinché in essa prenda corpo quella stessa Parola; affinché in essa la Parola si mantenga viva, attualizzata ed efficace (cf Eb 4,12); affinché si diffonda sempre di più tra gli uomini (cf At 2,41; 4,4; 6,7; 8,4-25; 9,31; 13,49); affinché si personalizzi in ciascuno dei credenti, mettendo radici, maturando e fruttificando nel cuore di ciascuno; affinché quella Parola non soltanto non sia dimenticata, ma, al contrario, sia attualizzata e vissuta coerentemente nell'oggi della storia (cf Gv 14,26; 16,13-15).
g) Maria, portatrice di una missione
Maria è, finalmente, modello della Chiesa nella missione che le è stata affidata. «La Chiesa - afferma Giovanni Paolo Il - deve guardare Maria, madre e modello, per comprendere il senso della propria missione nella sua pienezza» (RM 37). Nella Chiesa d'oggi, infatti, che scopre se stessa missionaria nella sua totalità e nella sua essenza più profonda ,61 Maria è sentita e presentata dalla prima Chiesa come la credente che, grazie alla sua collaborazione con lo Spirito, rese possibile la presenza di colui che è l'«Inviato» per eccellenza (cf Gv 5,43; 7,16-18.28-29.37-52), e inoltre appare come colei che, nel momento in cui gli apostoli stanno per ricevere lo Spirito che li spingerà alla «missione» affidata loro dal Risorto (cf Mt 28,18-20; Mc 16,15-20), è presente in modo rilevante, condividendo con essi quel momento veramente decisivo (Cf A 1, 8). L'atteggiamento di Maria non è cambiato dall'Annunciazione alla Pentecoste, perché, come si è detto sopra, essa non appartiene al «gruppo» dei discepoli che seguivano Gesù facendo vita comune con Lui, a coloro che aveva chiamato per affidare loro una «missione»: la sua stessa «missione» (cf Gv 17,18; 20,21; Mc 3,13-19; 16,15; Mt 28,19; Lc 24,47ss). In questo senso, è chiaro che «Maria non ha ricevuto direttamente questa missione apostolica. Non era tra coloro che Gesù inviò "in tutto il mondo per ammaestrare tutte le nazioni" (cf Mt 28,19), quando conferì loro questa missione. Era, invece, nel cenacolo, dove gli apostoli si preparavano ad assumere questa missione con la venuta dello Spirito di verità: era con loro. In mezzo a loro Maria era "assidua nella preghiera" come "madre di Gesù" (cf A 1,13-14), ossia del Cristo crocifisso e risorto. E quel primo nucleo di coloro che nella fede guardavano "a Gesù autore della salvezza", era consapevole che Gesù era il Figlio di Maria, e che ella era sua madre, e come tale era, sin dal momento del concepimento e della nascita, una singolare testimone del mistero di Gesù, di quel mistero che davanti ai loro occhi si era espresso e conférmato con la Croce e la risurrezione» (RM 26). Secondo ciò, è evidente che «la grazia di Maria non era destinata, come quella degli apostoli, alla costruzione della Chiesa mediante la dottrina e il ministero dei sacramenti». Tuttavia, Maria appare in tutti i misteri di Cristo come portatrice di Colui che è, per eccellenza, l'Inviato ad annunciare una Buona Notizia: l'Incarnazione (Lc 1,26-38), la Visitazione (Lc 1,39-56),: il Magnificat (Lc 1,46-55), i Pastori e i Magi (Lc 2,6-20; Mt 2,1-11), le Nozz di Cana (Gv 2,1-11), la Pentecoste (At 1,l4).65 Se inoltre, come insegna Paolo VI, la prima e fondamentale forma di missione ed evangelizzazione è «testimonianza», è evidente che Maria dev'essere considerata come il prototipo dell'azione missionaria che la comunità ecclesiale deve assumere in mo costante e rinnovato. D'altra parte, se pensiamo che non c'è né può esserci vera missione ecclesiale se non nella misura in cui è presente e agisce lo Spirito Santo (EN 75) che precede e accompagna sempre l'azione missionaria e apostolica, comprendiamo la qualità della condizione missionaria di Maria scoprendo in essa creatura nella quale, come abbiamo appena detto, lo Spirito Santo trovò q terreno preparato che rese possibile tale pienezza di fecondità da far germinare in essa il Salvatore (cf Is 11,1-10; 45,8). Al seguito di Maria, «la capacità generatrice della Chiesa dipende dall'agire dello Spirito al suo interno. Una Chiesa in cui l'alimento vitale dello Spirito soffia a malapena, è una Chiesa scarsamente feconda». Il Concilio Vaticano II ricorda, in modo significativo, che «fu dalla Pentecoste che cominciarono gli "Atti degli Apostoli", allo stesso modo che, per l'opera dello Spirito Santo nella Vergine Maria, Cristo era stato concepito e per la discesa ancora dello Spirito Santo in lui che pregava, Cristo era stato spinto a svolgere il suo ministero» (AG 4). Già prima aveva affermato che «nella sua opera apostolica la Chiesa giustamente guarda a Colei che generò Cristo, concepito appunto dallo Spirito Santo e nato dalla Vergine per nascere e crescere anche nel cuore dei fedeli per mezzo della Chiesa. La Vergine infatti nella sua vita fu modello di quell'amore materno, dal quale devono essere animati tutti quelli che, nella missione apostolica della Chiesa, cooperano alla rigenerazione degli uomini» (LG 65). Non senza giusti motivi, si può concludere che Maria è «prototipo per coloro che Cristo chiama a partecipare all'opera di salvezza nel successivo decorso della medesima storia e degli stessi impulsi»,68 essendo «l'azione della Chiesa nel mondo come un prolungamento della sollecitudine di Maria» (MC 28). Per il resto, «al mattino della Pentecoste Ella ha presieduto con la sua preghiera all'inizio dell'evangelizzazione sotto l'azione dello Spirito Santo: sia lei la Stella dell'evangelizzazione sempre rinnovata che la Chiesa, docile al mandato del suo Signore, deve promuovere e adempiere, soprattutto in questi tempi difficili ma pieni di speranza» (EN 82).

3. Senso dinamico dell'espressione «prototipo della Chiesa»
a) Senso dinamico del prototipismo mariano
Dal fin qui detto è facile capire che quando si afferma che Maria è «modello», «esempio», «prototipo» della Chiesa, si intendono questi titoli in senso dinamico e attivo e non in senso puramente statico e passivo. Si vuole sottolineare che Maria è la realizzazione anticipata e perfetta, sia dell'opera che Dio vuole compiere nella comunità ecclesiale in quanto tale e in ciascuno dei suoi membri, sia della risposta generosa e decisa che la comunità ecclesiale e ciascuno dei suoi membri sono chiamati a dare all'opera di Dio. Di conseguenza, non si tratta di «copiare» Maria dal di fuori (aspetto suggerito dal termine «modello»): si tratta, al contrario, di «riprodurre» i suoi atteggiamenti e comportamenti fondamentali nella risposta che diede all'opera dello Spirito in essa, sapendo anche che «lo Spirito non fa mai "copie", ma "crea" incessantemente realtà nuove. Egli disegna in noi l'icona di Maria».
b) Esigenza di marianizzare la vita
Appare così nella Chiesa l'esigenza profonda di «marianizzare» la vita: sia quella della comunità ecclesiale come tale, sia quella di ciascuno dei suoi membri. Dice E. Schillebeeckx a questo proposito: «Maria è l'archetipo di tutta quanta la Chiesa e la Chiesa, per ora, è pienamente Chiesa soltanto in lei. Il significato del termine "typos" - tipo o archetipo - che i padri amavano usare in questo senso, non è puramente riducibile al concetto di esempio o di modello. È chiaramente più ricco. Per prima cosa designa una figura umana, una persona, la cui storia e la cui condizione finale manifestano le intenzioni salvifiche di Dio nei confronti del popolo eletto. Ciò che Dio progetta per la sua Chiesa, lo manifesta chiaramente nell'immagine compiuta della Vergine-Madre. Il tipo non si riferisce soltanto a un'immagine statica da osservare allo scopo di imitare poi nella nostra vita ciò che ammiriamo nel modello; rappresenta piuttosto qualcosa di dinamico, una forza salvifica. Significa che l'archetipo, Maria, si impegna personalmente a compiere negli altri membri della comunità ecclesiale ciò che Cristo ha realizzato "tipicamente" in lei. Essendo madre, tipo della Chiesa, ella collabora maternamente all'edificazione della Chiesa intrapresa da Cristo». Allo stesso modo Paolo VI nella Marialis Cultus fa risaltare il carattere dinamico dell'esemplarità di Maria, ricordando alcune profonde parole di sant'Ambrogio. Parlando ai cristiani della sua chiesa il vescovo di Milano «auspicava che in ciascuno di essi fosse l'anima di Maria per glorificare Dio» (MC 21). Diceva sant'Ambrogio: «Che l'anima di Maria sia in ciascuno per lodare il Signore; che il suo spirito sia in ciascuno per rallegrarsi in Dio». Maria, oltre a essere modello e prototipo, è stata vista e presentata dalla tradizione ecclesiale come figura profetica della stessa Chiesa: «Immagine e principio della Chiesa», dice il Vaticano 11.72 Ma per considerare Maria in chiave profetica, è necessario approfondire prima, almeno brevemente, la natura e le caratteristiche fondamentali del profetismo dell'Antico Testamento. Solo dopo potremo capire la profonda novità portata in questo ambito dal Nuovo Testamento, nel cui contesto dev'essere collocata Maria, come figura profetica della Chiesa.

Bibliografia

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VEDI ANCHE:
- CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
- COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
- MADRE CON LA CHIESA
- MADRE DELLA CHIESA
- MADRE NELLA CHIESA
- MADRE PER LA CHIESA
- MAGISTERO DELLA CHIESA
- MARIA E LA CHIESA
- MARIA, MEMORIA DELLA CHIESA






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