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PSICOLOGIA DEL CULTO MARIANO


1. Lineamenti psicologici del culto mariano
Nel popolo cattolico la pietà mariana conosce una grande e bella tradizione. Pur rimanendo sensibili ad ogni sorta di abusi che possono essersi verificati in passato, una teologia sviluppata in chiave antropologica non potrà dimenticare che questa pietà, così semplice e ardente, si è rivelata utile ad innumerevoli cristiane e cristiani, e questo nonostante certi elementi discutibili in campo sia teologico che antropologico. Bisognerebbe osservare le diverse espressioni e sviluppi sempre in rapporto con i presupposti concreti in cui vivono gli uomini ed i gruppi umani. Riflettendo sulle direttrici teologiche della pietà mariana per coglierne i fattori psicologici, dovremmo far vedere, sia criticandole che approvandole, come questa psicologia appartenga alla complessità dell'uomo e quindi pure al suo rapporto di trascendenza.
a) Maria come ideale di donna: quale è stata la causa, quale l'effetto? Oggi si richiama l'attenzione sul fatto che in una figura di donna di tipo cristiano ed al tempo stesso patriarcale si aprivano soltanto due possibilità: la vergine casta e la madre piena di abnegazione. Chiaramente la pietà mariana favorì in modo notevole l'interiorizzazione ed assolvimento di questi ruoli. Non per nulla nel medio evo Maria divenne la 'Mater dolorosa' ed i suoi sette dolori furono sistematizzati a conforto di tante madri e donne provate. In un tempo in cui il ruolo della donna risultava culturalmente, fissato nella subordinazione paziente e nella maternità, lo sguardo rivolto a Maria riusciva ad alleviare, per quanto umanamente possibile, una simile situazione. Che poi in tal modo si cementasse anche un certo tipo di struttura sociale, è un altro aspetto, cioè l'aspetto sociologico, che nel caso concreto non pregiudica in alcun modo l'aspetto psicologico. A prescindere da quanti fossero gli individui che potevano e volevano rompere con questa struttura sociologica, bisogna convenire che procederebbe più in modo ideologico che umano colui che pretendesse dal singolo un sacrificio delle proprie riserve psicologiche per garantirsi una finalità di tipo sociologico.
b) Non diversamente dovremo valutare la funzione di ideale che viene ad assumere la verginità inviolata di Maria. Se teniamo conto dell'alta considerazione (sessuale) in cui si teneva, nella società del tempo, una donna nubile, ma anche della rozza aggressività sessuale del maschio rispetto alla femmina 'sottomessa', capiremo anche come lo sguardo rivolto a Maria, con la 'motivazione religiosa del postulato socio-etico, favorisse davvero nella società, e per tante ragazze, il rispetto degli altri e la stima di se stesse, soprattutto in. un tempo in cui era frequente la condizione di un nubilato perpetuo. Indubbiamente, nel modo di articolare questo ideale di verginità trovò pure 'sfogo' quella che non senza motivo potremmo qualificare come 'angoscia sessuale' o 'avversione al sesso' della chiesa. Bisogna però anche chiedersi se nel complesso concreto di. quelle culture si dessero altre alternative che non fossero la prostituzione, l'incesto e l'aborto. Ai nostri giorni, quando si sta affermando nella donna una coscienza affatto diversa, anche la figura biblica di Maria può assumere, sul piano psicologico, un carattere di esemplarità osservato sotto nuova luce. Nella Bibbia non ha alcun fondamento, né teologico né storico, una figura di Maria caratterizzata dalla gracilità e fragilità. È vero invece, e si potrebbero addurre anche delle ragioni storiche, che ella ci appare come una donna indipendente, come una persona umana che, poggiando su Dio, ha conseguito una perfetta autonomia. La maternità verginale della Bibbia, il matrimonio verginale della tradizione ecclesiastica, l'itinerario a fianco del Figlio e il posto che ella occupa nella cerchia dei discepoli congregati il giorno di Pentecoste, tutto questo ci indica una donna nel suo carattere di persona e collaboratrice, di compagna che realizza se stessa, cioè l'appello che Dio a lei rivolge, in tutta pienezza, senza alienarsi e senza chiudersi in sé. In questa figura la donna contemporanea potrà dunque integrare l'assunzione della propria sessualità e il modo della propria realizzazione sessuale, perché un risultato è acquisito: biblicamente la verginità di Maria non va intesa come negazione della sessualità, ma come interpretazione dell'esistenza alla luce della trascendenza; E questo è pure il problema di fondo che agita le donne del nostro tempo.
c) Ma c'è un altro problema d'ordine psicologico e legato al culto mariano, che non possiamo passare sotto silenzio. Si dice che tra l'immagine verginale di Maria e l'impostazione sessuale dei monaci e preti e teologi celibi ci sarebbe stato un rapporto di reciproca influenza, fino al punto che per garantire il proprio ideale personale (sempre minacciato) in Maria ed eliminare l'ambivalenza insita in un rapporto con la donna dominato dall'angoscia sessuale, essi si sarebbero delineati un'immagine di donna priva di sessualità. A questo tipo di attività infantile, frutto di una sessualità repressa, avrebbe poi risposto una mistica infantile propensa ad ogni sorta di amplificazione, che arricchisce gli ornamenti di Maria con tutta una serie di abbellimenti teologici e rituali. La risposta può essere. analoga a quella che si dava agli interrogativi precedenti. La personalità di Maria, nel quadro in cui oggi noi la osserviamo, può rispondere precisamente al celibato dei monaci e dei preti così come oggi lo vediamo sviluppato e integrato: l'assunzione libera e spontanea di ogni realtà inter-umana nell'autonomia di un'identità interamente connotata dal rapporto di trascendenza.

2. Problema di psicologia della religione?

In parte anche per la ricerca che l'autocoscienza femminista oggi conosce in teologia, ma pure per altri tipi di speculazione, ai giorni nostri la mariologia deve fare nuovamente i conti con un contesto d'ordine psicologico-religioso, nel tentativo di offrire una spiegazione di tipo causale o nel perseguire un'intenzione di carattere teologico-antropologico. Brevemente, il problema sta nel fatto che l'idea di Dio monoteistica giudaico-cristiana è stata evoluta in termini unilateralmente maschili-patriarcali, perché formatasi in una cultura patriarcale. I maschi dominanti avrebbero conferito al Dio dominatore i propri attributi maschili, e per converso ai maschi gli attributi divini, così che le donne, prive di maschilità, sarebbero state private anche della divinità, mentre in Dio non sarebbe rimasto alcunché di femminile, soprattutto dopo che il 'Figlio' di Dio, umanizzandosi, si fece maschio. Lo schema cui si ricorre per opprimere le donne, da parte degli uomini, in chiave religiosamente ideologizzata sarebbe quindi perfetto. E chi vorrebbe mai negare la presenza frequente di un simile meccanismo? Chi sosterrebbe che testi come quelli di Is. 66,12 s. e 49,15 basterebbero a legittimare l'affermazione che tutto si è svolto nel miglior dei modi e che l'idea giudaico-cristiana di Dio congiunge in sé i tratti femminili e maschili? Nemmeno la sottolineatura del fatto che 'ruah', termine ebraico per designare lo Spirito di Dio, è una voce femminile ci può essere di grande aiuto, quando si tenga conto che il giudaismo non conosceva una personalizzazione del tipo di quella che riscontriamo nella Trinità cristiana. Facendo leva su un simile contesto talvolta si conclude o si postula, nella psicologia della religione, che Maria sarebbe la figura umano-celeste che raccoglie in se stessa gli attributi femminili di Dio, come Cristo quelli maschili. Per cui tutto ciò che si riferisce a dei tratti materni e protettivi, ciò che dà sicurezza, esprime pietà è fonte di consolazione e mostra pazienza, o più brevemente tutto ciò che stando a questa antropologia va considerato come qualità 'specificamente femminile' dovrebbe venir proiettato in Maria ed in lei contemplato. Ma un cristiano che non consideri ciò che è religioso semplicemente come proiezione arbitraria, anche se utile; che prenda come punto di partenza la realtà e la 'differenza qualitativa infinita' del Dio trascendente; chi non pensa che Cristo sia semplicemente duplicabile, costui non potrà certo accontentarsi di osservare improvvisamente in Maria un pendant femminile e meno che meno la 'femminilità di Dio'. Per costui contrapporre, come talvolta si fa e anche nelle 'apparizioni', la 'misericordia della Madre' alla 'severità del Giudice' è una confusione che non possiamo accettare. Dovremo senz'altro convenire con la teologia femminista che contesta la polarizzazione maschile di Dio, che postula le qualità 'femminili' semplicemente come qualità 'umane' e che quindi, nel discorso antropomorfo su Dio, intende esprimere il tratto femminile di Dio, non di una figura sussidiaria. Non sappiamo ancora se linguisticamente un'integrazione di questi attributi 'femminili' in Dio porterà a nuove espressioni nel discorso su Dio. Certo è comunque che la figura di Maria non è adatta allo scopo. Più ovvio è esemplificare in Maria non il tratto 'femminile' di Dio bensì 'la donna' nell'evento Cristo. Dal punto di vista psicologico, nulla da obiettare contro locuzioni che aprono maggiori spazi di quelli consentiti per il passato. Fragile diventa il terreno su cui si costruisce invece una 'metafisica della femminilità', che in definitiva non sfocia soltanto in una divinizzazione del maschio, ma pure, volendo essere conseguenti, in una mascolinizzazione di Dio. L'attuale tendenza antropologico-pratica è invece quella di eliminare ogni rigida polarizzazione ed aprire uno spazio alla 'femminilità' pure nel maschio ed alla 'maschilità', pure nella donna, così che ciascun individuo possa assumere in se stesso entrambi i poli ed incontrare la persona di sesso diverso come qualcosa di proprio, non di estraneo. Comunque l'integrazione psicologica della figura di Maria non deve necessariamente svolgersi secondo gli schemi della psicologia dei sessi. Non dobbiamo comprenderci necessariamente come figli, come sorelle o come cantori di Maria. Per ogni cristiano Maria può essere il prossimo che esemplarmente e fondamentalmente ha svolto il ruolo dell'individuo umano nell'evento Cristo. Il rapporto di venerazione che abbiamo con la figura di Maria, che la Bibbia tratteggia, non dovrà risolversi dunque in conflitti, ma potrà essere 'liberatorio' sia per le donne che per gli uomini.

Bibliografia
MÛLLER A., Discorso di fede sulla madre di Gesù. Un tentativo di mariologia in prospettiva contemporanea, Queriniana, Brescia 1983, pp. 116-121; ID., Ecclesia-Maria. Die Einheit Marias und der Kirche, Fribourg 1955; WJKENHAUSER A.- VÖGTLE A.(edd.), Herders Theologischer Kommentar zum Neuen Testament, Freiburg s.a. [trad. it., Paideia, Brescia]; HÖFER J. - RAHNER K. (edd.) Lexikon für Theologie und Kirche, Freiburg 1957-1965; FENIER J. -  LÛHRER M. (edd.), Mysterium Salutis. Nuovo corso di dogmatica come teologia della storia della salvezza, 52 voll., Queriniana, Brescia 1967-1978.

VEDI ANCHE:
- DEVOZIONE MARIANA
- EX-VOTO
- FOLKLORE MARIANO
- IMMAGINE FOLKLORISTICA DI MARIA
- MARIOLOGIA POPOLARE
- PELLEGRINAGGI E SANTUARI
- PIETÀ MARIANA
- PIETÀ MARIANA NEL POST-CONCILIO
- PIETÀ POPOLARE
- SANTUARI MARIANI
- SIMBOLOGIA E RUOLO DEL SANTUARIO MARIANO






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