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CONFLITTO DELLE INTERPRETAZIONI


La presa di coscienza del fenomeno mariano come dato imponente e persistente ha condotto gli studiosi ad interrogarsi circa il suo significato. Le risposte da essi avanzate danno origine ad un conflitto di interpretazioni, che dipende dalla precomprensione e dalla prospettiva di ciascuno. L'oggettività o autodonazione del fenomeno (Selbstgegebenheit) è spesso compromessa da pregiudizi e analisi parziali. Ma restando assodata l'impossibilità di cogliere la verità allo stato puro, è necessario prendere atto dei differenti approcci al fenomeno mariano come tentativi più o meno riusciti di comprenderlo.

1. Interpretazione mitica

a) Secondo alcuni antropologi e parecchi studiosi protestanti, il fenomeno mariano è una sopravvivenza del mito della Grande Madre del paganesimo. Essi si appoggiano su alcuni fatti. Innanzitutto la figura di Maria eredita progressivamente titoli, iconografia e culto delle antiche dee mediterranee, soprattutto della Grande Madre, al punto da divenire lei stessa una dea. «In realtà - afferma il protestante E. Meyer - l'antica Madre degli dèi rinasce alla pienezza di vita nella dea Maria». Inoltre si constata storicamente una successione tra il culto pagano delle dee e il culto di Maria, ossia una sostituzione senza soluzione di continuità del primo con il secondo: «Alla "grande madre" succedette invece la Madre di Gesù... sotto il nome di Theotokos... Quella grande divinità materna venerata da tutti i popoli del Mediterraneo fin dai tempi preistorici [= Artemide] e la cui immagine è l'idolo più antico dell'umanità, non era defunta ma si era trasformata in Maria Vergine, Madre di Dio, supplicata ora in tutte le necessità dei cristiani...». Infine si conclude che il fenomeno mariano, a causa dell'infiltrazione pagana, cessa di essere un dato evangelico puro e diviene un caso  palese di sincretismo religioso o di cristianesimo spurio e marginale. Per A. Harnack la storia del culto di Maria «è la storia della superstizione che dai bassi strati del cattolicesimo influisce sulle classi elevate, e che la teologia, dapprima tentennante finisce per accettare e determinare». Anche recentemente si da per scontato in campo protestante che la mariologia «sia diretta verso una specie di cristianesimo laterale... fortemente sostenuto da tutte le superstizioni popolari che si radicano in un fondo mal dissimulato, mal sterilizzato delle credenze pagane». Il culto mariano sarebbe sempre stato «un serbatoio dei più disparati bisogni ed aspirazioni religiose».
b) Nonostante il consenso che si continua a prestare a questa interpretazione, essa è ben lontana dal possedere le credenziali della scientificità. La teoria del continuum tra i culti pagani delle dee e della Grande Madre e il culto cristiano di Maria appare viziata dal passaggio indebito dalla somiglianza e alla dipendenza. Come nota lo storico F. Cumont: «L'esistenza di somiglianze non porta necessariamente ad ammettere una imitazione [...}. Non bisogna affrettarsi a concludere da una analogia ad una influenza». In realtà la derivazione del culto cristiano/mariano da quello pagano non trova il supporto dei fatti, in quanto il cristianesimo ha dovuto superare la difficoltà di adottare templi e riti del paganesimo ritenuti impuri o diabolici. In genere i cristiani subentrano dopo un periodo di vuoto, senza ispirarsi al culto degli dei e quando ormai i templi erano abbandonati talora da secoli. Da un punto di vista storico non è stata ancora dimostrata la diretta dipendenza dei santuari dedicati a Maria da luoghi ed edifici già sacri alle divinità pagane. Non consta inoltre, per i primi secoli del cristianesimo, che edifici sacri pagani siano stati trasformati in chiese cristiane dedicate alla Madonna senza soluzione di continuità. Inoltre bisogna notare che i titoli di Maria, sebbene formalmente uguali o simili a quelli delle dee pagane, traducono un contenuto originale essenzialmente diverso. Lo rilevano in Egitto alcuni padri, che ne fanno percepire le differenze. Clemente Alessandrino descrive Iside come «dea tre volte miserabile» e maledice «chi introdusse i misteri della madre degli dei» con le orgie connesse. Origene a sua volta, replicando a Celso che paragonava il concepimento verginale di Cristo al mito pagano di Danae, lo tratta «da buffone e non da storico» e ribadisce «quanto verginale, pura e non tocca da corruzione sia stata la generazione» di Cristo. Anche Isidoro di Pelusio sottolinea la diversità tra la «madre degli dèi» e la «Madre di Dio», affermando che la prima concepì «nella libidine», mentre Maria «ha concepito un Figlio unigenito in maniera assolutamente unica» nell'assenza del seme virile e di qualsiasi macchia. La differenza principale tra Maria e la «Grande Madre» è che la Madre di Gesù non è una dea, ma una creatura. Questo dato è già incluso nella stessa autodefinizione di Maria «serva del Signore» (Lc 1,38) e nel titolo di «sorella» a lui attribuito a partire da Atanasio. La tendenza a considerare Maria una dea si esprime nel IV secolo tra gruppi eretici, come i marcioniti e le colliridiane. Immediata è la reazione di Epifanio: «Maria quindi non e nata in modo diverso da tutti gli altri uomini ma come tutti, ebbe origine dal seme dell'uomo e dall'utero della donna. [...} Sia pure onorata Maria, mentre invece il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo debbono essere adorati. Nessuno si permetta di adorare Maria». Questa è la posizione ufficiale della chiesa, la quale con il Vaticano TI ritiene che la venerazione di Maria «sebbene del tutta singolare, differisce essenzialmente dal culto di adorazione» (LG 66). E lecito concludere che esiste «un'indipendenza storica e strutturale della devozione cristiana a Maria». Questa conclusione non deve però essere intesa in modo rigido. Nell'impatto della fede con l'animo religioso dell'uomo è normale l'assunzione di riti e moduli dalla sua struttura fondamentalmente uguale, anche se i contenuti vengono vivificati dalla novità evangelica.

2. Interpretazione psicologica

a) In una certa prospettiva psicologica, Maria è vista come l'espressione dell'archetipo femminile dell'inconscio collettivo. Non si applica qui il modello freudiano che ipotizza lo sviluppo psichico della persona nell'abbandono dei legami con la madre, vista come natura onnipotente e protettrice. Soccorre invece il modello junghiano che giudica la maturazione umana un processo di esplicitazione dell'energia psichica del Sé o dell'inconscio collettivo contenente gli archetipi maschile e femminile (animus/anima) A motivo della valorizzazione della madre il modello junghiano si presta ad una interpretazione psicologica del fenomeno mariano nei suoi risvolti positivi e negativi. Secondo M. Kassel e L. Pinkus, l'imponenza e l'universalità delle immagini ed espressioni mariane travalica la persona storica di Maria di Nazaret e «rispecchia anche funzioni psichiche di carattere generalmente umano, non specificamente cristiano». Maria, cioè, apparterrebbe a quei miti o simboli degli stadi arcaici dell'evoluzione psichica (aspetto filogenetico) presenti nell'inconscio collettivo e che l'individuo ripercorre nella sua evoluzione personale (aspetto ontogenetico). In quanto tale, Maria svolge una positiva funzione archetipica nello sviluppo della coscienza: mantiene viva nella chiesa la presenza dei valori femminili finalizzati all'umanizzazione dei due sessi, conduce a considerare i valori dell'inconscio evitando il rischio della prevalenza di un'arida e unilaterale razionalità, favorisce l'autonomia della donna come persona, ispira opere di misericordia e amicizia tra i due sessi. Realisticamente si riconosce che «se Maria di Nazaret rappresenta senz'altro quella luminosa espressione e realizzazione delle attese archetipe dell'umanità, è altrettanto vero che essa può prestarsi ad "agire" la polarità negativa dell'archetipo del femminile». L'archetipo Maria innescherebbe reazioni distruttive e psicopatologiche, quando si radicalizzasse l'opposizione Madre onnipotente/figlio bisognoso di tutto (ne risulta una dinamica infantile incapace di impegno personale), oppure si giungesse ad una identificazione inconscia con Maria fino a diventare i portatori autoritari della sua voce materna.
b) Questa interpretazione, legata ai sistemi di Freud e di Jung, non può pretendere di porsi come una spiegazione esauriente dell'intero fenomeno mariano. Essa illumina alcuni aspetti o dinamiche ad esso inerenti e rende comunque attenti a non inceppare negli agguati scoperti da una avvertita psicologia.

3. Interpretazione sociologica

a) Il rapporto della mariologia e del culto mariano con il contesto socio-politico delle varie epoche culturali è sottolineato da sociologi e antropologi. Nel nostro tempo si constata sempre più che il fenomeno mariano non segue un cammino autonomo o isolato, ma risente «più di quel che comunemente si possa pensare, delle situazioni storiche e delle mutazioni socio-culturali susseguitesi nell'era cristiana». Infatti «come ogni altro fenomeno socio-culturale, la mariologia ha una serie di punti di riferimento all'insieme del fenomeno umano» e non è arduo dimostrare come il mutamento dei quadri culturali influenzi profondamente l'immagine di Maria e le espressioni del suo culto. Viceversa il riferimento alla Madre di Gesù esercita un impatto sociale ispirando e promovendo fin dai primi secoli forme caritative e assistenziali. Accanto a queste funzioni positive si ravvisano strumentalizzazioni della devozione a Maria. Secondo alcuni autori essa costituirebbe un meccanismo di controllo nelle mani della chiesa per tenere i preti sottomessi al celibato o per combattere la Riforma, la rivoluzione francese, il modernismo, il comunismo e per frenare il movimento promozionale della donna. Nell'analisi di H. Cox la pietà mariana ha quasi sempre la funzione «di disinnescare la collera e di sacralizzare la passività», mentre la mariologia ufficiale con il suo «ruolo tragicamente alienante e regressivo» costituisce «una forma di seduzione, una manipolazione, calcolata, dello spirito». Più insistita è l'interpretazione di matrice marxista che fa rientrare le espressioni devote verso Maria nella «religione della miseria», come è chiamata da A. Gramsci la religiosità popolare. Tali riti rappresenterebbero un tentativo di reintegrazione culturale da parte delle «classi subalterne» di fronte alla loro condizione economico-sociale arretrata e priva di potere. Proprio la povertà spingerebbe la gente del Meridione à compiere pellegrinaggi ai santuari in genere e a quelli mariani in particolare. «[Le classi subalterne] appunto perché povere, concretano la loro esigenza di rassicurazione nella sfera della «religiosità», perché non sono in grado di scegliere altre sfere. Quindi la «religiosità» viene vissuta principalmente come risolutrice, dei problemi dell'al di qua, di un al di qua nel quale non si può contrapporre ai concreti mali quotidiani altro che un affidarsi magico-religioso..»
b) Questa interpretazione che fa dipendere i gesti religiosi da condizioni economiche precarie non resiste alla realtà. Ai santuari mariani vanno persone di tutti i ceti e non solo le classi subalterne. Ciò significa che la religione non è effetto della povertà economica, ma risponde a un bisogno insopprimibile dell'uomo.

4. Interpretazione carismatica

Il fenomeno mariano è un fatto tipico del cristianesimo, che lo sente quale risposta di fede alla presenza di Maria nella storia della salvezza. E la classica spiegazione cattolica codificata dal concilio Vaticano II (LG 66): «Maria, perché Madre santissima di Dio, che prese parte ai misteri di Cristo, per grazia di Dio esaltata, dopo il Figlio, sopra tutti gli angeli e gli uomini, viene dalla chiesa giustamente onorata con culto speciale. [ ... ] Soprattutto a partire dal concilio di Efeso il culto del popolo di Dio verso Maria crebbe mirabilmente in venerazione e amore, in preghiera e imitazione, secondo le di lei profetiche parole: "Tutte le generazioni mi chiameranno beata, perché grandi cose mi ha fatto l'Onnipotente" (Lc 1,48)». L'atteggiamento di lode verso Maria, preannunciato dalla Scrittura, presenta carattere di risposta all'annuncio del vangelo. É un fatto essenzialmente pneumatico e carismatico, in quanto dono dello Spirito alle generazioni della nuova alleanza. Fino ad un passato recente, sulla base di un'opposizione tra ordine naturale e soprannaturale, si pensava che il carattere carismatico del sorgere e dello sviluppo della riflessione e devozione mariana squalificasse qualsiasi interpretazione di ordine umano. Oggi si vedono compatibili le varie interpretazioni, purché non si forzino i dati del fenomeno mariano per provare delle tesi preconcette, né si assolutizzi la propria prospettiva, né infine si attenti al carattere essenzialmente cristiano del culto della Madre di Gesù. Vale qui infatti la regola della ermeneutica moderna richiamata da M. Eliade: «Un fenomeno religioso risulterà tale soltanto a condizione d'essere inteso nel proprio modo d'essere, vale a dire studiato su scala religiosa. Girare attorno al fenomeno religioso per mezzo della fisiologia, della psicologia, della sociologia, dell'economia, della linguistica, dell'arte, ecc., significa tradirlo e lasciarsi sfuggire appunto il quid unico e irriducibile che contiene.. ». Ciò significa che le interpretazioni umane vanno relativizzate, ma non respinte, a meno che si tratti di spiegazioni arbitrarie o false, come è il caso della ricordata tesi fautrice del continuum tra i culti pagani delle Grandi Madri e il culto mariano. Questo infatti, essendo espressione pienamente umana, è sottoposto alle dinamiche culturali e deve essere studiato in ottica interdisciplinare. Né bisogna pensare che esso non incorra nei rischi degenerativi propri di ogni movimento religioso e culturale, quando si allontani dalla parola di Dio, dal sentire ecclesiale e dai dati certi delle scienze umane.

Da questo approccio, si può concludere che il fenomeno mariano appare una realtà religiosa e antropologica di estremo valore e interesse, ma insieme soggetto a multiformi interpretazioni e bisognoso di continua verifica. É necessario proseguire il discorso alla luce della rivelazione biblica e delle sue inculturazioni storiche, per trarre le linee per una trattazione circa Maria che risulti adeguata alle attese di Dio e alle esigenze dell'uomo.

Bibliografia
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