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THESAURO SPIRITUALE



Famosa opera del francescano milanese Bernardino de' Bustis.

1. Cenni biografici ed opere dell'autore
Bernardino de' Bustis, nato a Milano verso il 1450 e morto a Melegnano, 8 maggio 1513, è stato un religioso e teologo italiano. Era figlio di un giurista milanese e, dopo aver ultimato gli studi nella sua città natale, si trasferì a Pavia dove poté seguire i corsi di giurisprudenza presso l'università cittadina per poi laurearsi in Diritto. Nel 1875 o 1876 entrò nell'ordine dei Frati Minori Osservanti della vicaria lombarda, vestendone l'abito nel convento di Sant'Angelo di Legnano sotto la guida del presbitero Michele Carcano. Grande devoto all'Immacolata Vergine, scrisse numerose opere dogmatiche e morali. Nonostante il suo culto non abbia ancora ricevuto l'ufficialità della Chiesa, è venerato sin dalla morte come beato e ricordato nel martirologio francescano, che fissa per la sua memoria la data dell'8 maggio.
Tra le opere più significative dedicate alla Vergine segnaliamo:
- Mariale, la cui prima parte fu edita a Milano da Ulderico Scinzenzeler nel 1492. mentre il testo integrale vide la luce, sempre a Milano presso Leonard Pachel, solo nel 1943:
- Rosarium Sermonum, edito a Venezia da Giorgio Arrivabene nel 1498;
- Thesauro spirituale della beata Vergine Maria. edito a Milano da Giovanni Antonio da Honate, nel 1488.

2. La prima parte del Thesauro Spirituale
Le litanie che aprono il volume sono un calco delle litanie dei santi, come dimostra la struttura. Le invocazioni incipitarie sono tradizionali, seguite da: «Sancta Maria Dei genitrix, ora pro nobis»; proseguendo per circa seicento invocazioni, si conclude con
Sancta Maria, cuius vere devotus damnari non poterit, ora pro nobis.
Sancta Maria, cangellaria Dei, ora pro nobis.
Sancta Maria, secretaria sanctissime Trinitatis, ora pro nobis.
Sancta Maria, miserabilium personarum procuratrix, intercede pro nobis.
Propitia semper esto nobis, Domina.
Ab omni malo, libera nos, Domina.
Ab omni peccato, libera nos, Domina.
[...] Per immaculatam conceptionem tuam, libera nos, Domina.
[...] Per admirabilem assumptionem tuam, libera nos, Domina.
In die iudicii, libera nos, Domina.
Peccatores, te rogamus, audi nos.
[...] Sponsa Dei, te rogamus, audi nos.
Coniux Dei, te rogamus, audi nos.
Regina nostra, te rogamus, audi nos.
V/. Salvos fac servos tuos et ancillas tuas.
R./ Domina mea, sperantes in te.
La vera devozione mariana è certezza di salvezza, perché Maria è «cancelliera di Dio», «segretaria della Trinità»: la dimensione umana è spostata nel cielo, i compiti sono quelli delicati di chi partecipa alle riunioni. In questo vastissimo campo è quasi impossibile fare una scelta, per mettere in risalto la rarità delle immagini mariane sulle quali Bernardino meditava, come, ad esempio:
Sancta Maria, iter nostrum ad Deum.
Sancta Maria, delens chirographum nostre perditionis.
Sancta Maria, mediatrix nostra coram Deo.
Sancta Maria, ab omni peccato preservata.
Sancta Maria, in utero matris sanctificata.
Sancta Maria, velut amigdalus ante omnes arbores florens.
Sancta Maria, que Deum fratrem nostrum fecisti.
Sancta Maria, cuius oculi columbini vulneraverunt cor divinum.
Sancta Maria, purpura vestimenti Regis celesti.
Sancta Maria, que prima resuscitatum Filium vidisti.
Sancta Maria, que planctum Ade in risum convertisti.

Prevale il rapporto con la divinità, per cui Maria è «strada che porta a Dio», è la «mediatrice», è colei che «feri il cuore di Dio con lo splendore dei suoi occhi» (visione da innamorato, che medita il Cantico dei cantici) e lo rese «nostro fratello», è «colei che ha strappato la condanna scritta da Dio», ove il «chirografo» rimanda forse al miracolo molto conosciuto dall'epoca medievale, in cui Maria, a cui devotamente il protagonista si rivolge, strappa il patto che egli aveva sottoscritto con il demonio. Momenti della vita terrena della Madre di Dio, fisici o spirituali, sono accostati: santificazione in utero matris, assenza totale di peccati, apparizione di Cristo risorto. E non mancano le metafore: Maria, «porpora del vestito» di Cristo, che trasforma «il pianto di Adamo in sorriso», ecc. In particolare si noti «in utero matris sanctificata», che in un certo senso sembra il retaggio di un testo anteriore, dato che poi, più avanti, dirà esplicitamente: «Per immaculatam conceptionem tuam, libera nos, Domina»: non la santificazione in utero, creduta dai più, ma la concezione immacolata. Nell'elenco litanico trovano posto i cori angelici, i profeti, i santi, le cose belle e preziose della terra, del cielo; Maria è messa in rapporto con la Trinità e con l'universo: è «maestra della nostra fede», «talamo della Trinità», «tesoro dei fedeli», «più splendente della luna e del sole», «fonte della vera Sapienza», «trono di Dio», «altare del cielo», ecc. Per cercare le fonti di questi titoli bisognerà scrutare la Scrittura, l'innologia tutta, le lezioni tratte dai santi padri che lo stesso scrittore mette insieme nel  preparare diverse ufficiature liturgiche; o anche il suo stesso Rosarii sermonum predicabilium. Seguono i suggerimenti di predicazione per il sabato, fra i quali c'è il «sabbato sancto de doloribus et planctu ipsius Virginis». Il Thesauro, dopo sette orazioni e sette saluti a Maria, continua con diversi Officia: del SS. Nome di Gesù, con messa; dell'Immacolata concezione, ricchissima di letture e di excerpta ex dictis sacrorum doctorum, fra i quali Ambrogio, Basilio, Girolamo, Cirillo di Alessandria, Agostino, Tommaso d'Aquino, Anselmo, Riccardo da San Vittore. In queste lezioni si trovano exempla, racconti meravigliosi e miracolosi che devono fare da sostegno a quanto i padri dicono. E poi l'Officium di Natale, della Desponsationis sacratissime virginis Marie, De gaudiis gloriose virginis Marie, un breve intervallo con preghiere a Cristo in Pietà e una Salutatio alla facies Salvatoris (con rispettive xilografie) ; l'ufficio della Passione di Cristo e una meditazione sui «centum doloribus Christi et Matris eius», l'«Officium de spasmo sive de planctu piissime virginis Marie», con messa; alcune orazioni varie, fra le quali quelle pro defunctis, chiudono la prima parte.

3. La seconda parte del Thesauro spirituale

Un'immagine di Maria con il Bambino in braccio, racchiusi in una mandorla radiante, apre il Capitulo primo. Interessante la rubrica che la precede, perché vi si dà la giustificazione del numero dei componimenti raccolti; come è noto, la simbologia dei numeri ha origine dal testo sacro: «Omnia in mensura et numero et pondere disposuisti» (Sap 11, 21) : «Nel nome del nostro Signore Iesù Christo. Incomincia la Corona de la beatissima vergine Maria. E questa devotione se distingue [= è composta, si divide] in sexantatrei capituli, secondo li anni che vivette essa immaculata Matre de Dio in questo mundo. La quale devotione qualunche dirà devotamente, spero deventerà vero amatore de la gratiosissima Regina del celo e similmente per suo aiutorio [= aiuto] pervenirà a la gloria de vita eterna». Il numero, dunque, si riferisce alla vita terrena; la devozione (si noti anche l'avverbio devotamente) deve indirizzare all'amore di Maria, che porgerà l'aiuto per andare in cielo. L'obiettivo dunque è il cielo, a cui si va per Maria. Il testo è costruito con la massima libertà nel metro, nelle strutture, nella disposizione dei carmi. Se, infatti, il metro prevalente è l'endecasillabo, si hanno anche settenari ed altre misure. Il poema, poi, comprende varie forme di strofe: quartine, sestine (ABABAB), sonetti (anche caudati, ma non sempre secondo schema canonico), canzoni, ternari, b d late. L'eterogeneità è dovuta al fatto che Bernardino è un autore particolare, che spesso raccoglie e riporta, letteralmente o con variazioni, idee e brani di autori precedenti. La preghiera mariana per eccellenza apre la Corona; nel corpus se ne trovano parecchie e di diversi tipi. Ecco la prima:
Ave Maria, dignissima Madona,
perché tu sei di gratia ripiena
e benedeta sopra ogn'altra dona,
teco il Signore habitar si degna.
Benedecto è 'lfructo del ventre tuo sancto,
Iesu, benigno, clemente e gratioso.
Sancta Maria, che stai in festa e canto,
prega per nui el tuo dilecto sposo.
Non lassa che '1 nemico desperar ne faza
al ponto de la morte, pieno d'angonia;
quando il demonio l'inferno ne minaza,
a te me ricomando, o vergene Maria.
Il prolungamento dei concetti espressi dalle parole del saluto angelico aggiunge una certa vivacità, che culmina nel momento finale, quello della morte «pieno di agonia», che aumenta l'angoscia. Evidentemente, al di là delle forme settentrionali come Madona, dona, nui, faza, ponto, angonia, minaza, ricomando, si dovrà almeno notare l'assenza di rima tra «ripiena» e «degna» (vv. 2-4) e altre imprecisioni metriche. E, per la macrostruttura, ancora si può evidenziare il cap. LXIII, un ternario, compilato dal nostro, ma estratto dalla Lamentatio di Enselmino, il cui incipit suona:
Ne le tue braze vergene Maria,
con tut il cor e la mente me vodo: 
exaudime, o dolce Madre mia;
s'el tuo succorso non me monstra el modo
poter in me non sento né virtute
de darte e refferire digno lodo.

Il discorso continua con variazioni minime; l'incipit, come eco delle parole di Cristo in croce: «In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum», può concludere l'opera. Come detto, sono molte le Ave Maria in versi. Il cap. VII conserva il testo latino:
Ave, poncella benigna e gratiosa [...]
Dominus del mondo, di nulla creatore
Tecum l'albergo si è degnato fare.
Cosi pure in latino il cap. XIV:
Ave, del celo sancta imperatrice [...]
In mulieribus più che altra adorna.
Altre volte la preghiera è in volgare, come al cap. IX:
Salve regina, vergine Maria,
piena di gratie; Idio si è teco,
più ch'altra dona benedeta e pia.
Il fructo del tuo ventre, il qual preco
che ci scampi da mal, Cristo Iesù,
sia benedetto e nui conduca seco.
Ancora latino ai capp. XVIII, XXV, XL, XLIII; qui alcuni versi del cap XXII:
Ave, Regina de l'impereo [= empireo] celo [...]
In mulieribus tu sei la più serena
che '1 sexo femminil magnificasti
e liberasti da vergogna e pena.

Sembra di rileggere Fulberto di Chartres, «Sancta Maria, succurre miseris [...] intercede pro devoto femineo sexu»; vi è forse un cenno della predica di Bernardino da Siena sopra ricordata? Al cap. XL ogni parola del l'Ave Maria dà origine a un verso:
Ave, fontana, che tut il mar contene,
Maria, per nullo calore dissicata;
gratia per parte in altri santi vene,
piena in te effusion è facta.
Dominus, che volse bever di quel'acqua
tecum descese in carne humiliato;
benedicta l'hora, in qual el gran Monarca tu concepisti per lo divino Fiato.
In mulieribus havesti lo primato,
et benedictus da ognun si apella
fructus, dal quale el vaso è consecrato
ventris tui, o diva verginella.
Iesus per nui de invocare te piaza,
Sancta Maria, e con fervente core
ora pro nobis, che prosperar ne faza in questo tempo e ne l'extreme hore.

Il «Fiato divino» (v. 8) è lo Spirito. Anche la Salve Regina è parafrasata, come accade nei capp. XXIX e XXXVIII (qui lo spunto è sviluppato con il racconto dell'Aracaeli). Nel primo caso abbiamo un sonetto con uno schema particolare (ABAB / CDCD / EFE / FEF):
Salve Regina misericordiosa,
firma speranza del populo cristiano. [ "]
Da li propheti fusti annunciata
e da la Sibilla nel circol adorato,
a Octaviano nel sole dimostrata
in brazo havendo el Fio delicato,
Ara del celo fusti appellata
con diva voce.
Nel secondo si segue più da vicino la preghiera medievale:
Salve Regina, o germinante ramo
de ogni pietà, vita e dolce bene,
salve, tu, nostra speme.
Il Cap. VIII è la lauda Di', Maria dolce, con quanto disio, attribuita a lungo a Giovanni Dominici e a Leonardo Giustinian, ma da Varanini rivendicata a Neri Pagliaresi. In alcuni casi Bernardino evoca testi di altri poeti, come ad esempio, nel cap. II, ove all'inizio richiama il verso 53 e seguenti della Canzone alla Vergine di Petrarca:
Vergene sola al mondo, senza exemplo,
cui né prima fu simil né seconda,
del vero Dio, vivo e sacrato templo,
che fusti in tua virginità fecunda;
milliara d'anni prima che fusti nata
predestinata - fusti a tal mistero,
in tuta la Scriptura figurata
propheti e patriarchi te vidéro.
Tu sei colei che '1 capo duro e forte
hai strazato a quel diro serpente,
che ne submisse a la eterna morte
per lo peccato de lo primer parente.
Archa che salva chi vole a te tornare
da lo diluvio mortai che ci profunda;
archo di pacto, il qual non po' scornare;
pura columba, con la fresca fronda.
Rubo mirabil, che Moisès hebreo
vide nel foco, che non consumava;
fonda de David ch'occise il philisteo,
nostro nemico che ci perseguitava.
La gratia divina, la qual te bagnava,
fu figurata nel vel de Gedeone;
l'eterno Dio in te si riposava,
trono fulgente del vero Salomone.

Il testo del De Bustis si distacca dal poeta a cui sembra legato e si àncora alla simbologia biblica, secondo la lettura dei Padri della Chiesa: la vittoria contro il serpente del paradiso terrestre («duro capo, diro serpente») ; l'arca, la colomba con il ramoscello di ulivo e l'arcobaleno di Noè, strumenti di salvezza; il roveto ardente, la fionda con cui David sconfigge Golia, il vello di Gedeone, lo splendido trono di Salomone per il riposo di Dio, ecc. Simili figure ritornano al cap. XLIX:
vello de Gedeone,
rubo al foco senza ardore,
vero templo de Salomone,
luna senza mutatione,

sole pieno di splendore.
Nel cap. VIII si nota una fresca ingenuità nella narrazione dell'assunzione. I cori angelici sono festanti. Alla festa partecipano profeti, patriarchi e angeli. Il cantore si rivolge ai serafini, dicendo:
O vui, seraphini in amor submersi 
per la Seraphina mutasti i vostri versi:
di «Sanctus, Sanctus», «Sacta, Sancta» dicesti,
pero che piaque a l'alta Signoria.
Subito per il cielo
tuto fogoso correva Gabrielo;
come impazito diceva a questo e a quello:
«A costei feci l'alta ambasseria».

Nel cap. VI, invece, è ripreso, ma con variazioni, il canto XXXIII del Paradiso di Dante:
Vergene Matre, figlia del tuo lFilio.
humile e alta più cha creatura.
termino fixo d'eterno consilio,
tu sei colei che l'humana natura
nobilitasti si che 'l tuo factore
non disdegnossi farsi sua factura.
Tristo colui che non ti port'amore.
né po' sperar de la eterna pace,
chi non se chura d'haver to favore.
Salvar ne poi. Maria, s'el ti piace,
e fame haver perdon d'i nostri falli.
o de speranza fontana vivace.

A te con le mani gionte ingenochiato  è l'incipit del cap. XII: si parla delle gioie della Vergine e si loda tutto ciò che ha partecipato a renderla gaudiosa. Una specie di Cantico delle creature, nello spirito di Francesco.
Io benedico la tua natione [...]
Sia benedetto il bove e l'asinello
che scaldarno il tuo Fio con il boffare;
e poi il presepio [...]
Sia benedecta quella santa luce
che feze de mezanocte parere zorno,
quando tu parturisti il vero duce
de quelli che d'Egipto usire vorno
e andare a quella terra che produce
latte e melle, dove mai non morno.

Sono benedetti il canto degli angeli, la stella dei magi, persino l'Egitto storico, dove Maria trovò rifugio e, secondo la leggenda, una palma abbassò un ramo per facilitare la raccolta dei datteri per Gesù. Tutta la vita di Cristo viene cosi ripercorsa, anche se per sommi capi: il digiuno, la passione, la resurrezione, l'ascensione, la discesa dello Spirito, e, in profezia, il giorno del giudizio finale.
Il cap. XVII narra la vita della Vergine, rifacendosi alle leggende apocrife. Il momento che segue il consenso della Vergine dell'annunciazione è cosi descritto:
il Patre Dio, per sua favilla
mandò el Spirito sancto, che descese
in te, como intra l'ochio la pupilla
e carne humana in te el Filio prese.

Il delicatissimo paragone della pupilla dell'occhio esprime la salvaguardia della verginità. Maria è definita «scuola di carità»; la vera madre, «alto succorso de l'humanitade», è contrapposta ad Eva, «la matregna / da cui l'humano stato fu sumerso». Chi di lei non è devoto,
crudele è più cha leone
e cha tign armeniese
[...]
Duro è più che l'otone
e anche più cha l'adamante;
e homo è senza razone
chi non li voi esser amante.

La conclusione diventa sentita, appassionata, personale:
Sempre aduncha con tut il core
et ogni forteza mia,
vòlioti portare amore,
o sacra vergine Maria.

Per osannarne la grandezza si riformulano in modo molto semplice, in tre quartine di ottonari come nei capp. XLVII e XLVIII, le verità della tradizione mariana: Maria è pietosa, gratiosa (forse con il significato etimologico di piena di grazia), imperatrice e regina del mondo, mediatrice presso il Figlio, sola capace di darei aiuto, Madre del suo creatore, sposa del Padre eterno, nutrice del Signore: occorre dunque chiederle aiuto per non essere dannato, nonostante la malvagità dell'uomo.

Bibliografia

DEL POPOLO C., Predicazione mariana e devozione popolare nel Quattrocento, in Theotokos XX (2012) n. 2, pp. 586-596; ALECCI A., Bernardino de' Bustis, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 15, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1972; BORRELLI A., Bernardino de' Bustis francescano, in AA. VV., Santi e beati, calendario on-line; DE FIORES S. - GAMBERO L. (a cura di), Testi mariani del secondo millennio. Vol. V: Autori moderni dell'Occidente (secoli XVI-XVII), Città Nuova, Roma 2003, p. 76; GAMBERO L., Maria nel pensiero dei teologi latini medievali, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000, pp. 401-408; BAUER R., Bernardin von Busti, in Marienlexikon, vol. I, p. 451.






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