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MARIA E IL SUO TEMPO: CIBO E BEVANDE


1. Cosa e come si mangiava
Il nutrimento principale era il pane (sinonimo di cibo, per es. nel Pater: «dacci oggi il nostro pane», cioè il «nostro cibo»: (Matt. 6, 11), di cui si avevano due qualità, una migliore di frumento, e una più scadente di orzo (Giov. 6, 9-18; del frumento e dell'orzo si mangiavano anche i granelli freschi crudi: Matt. 12, 1). Tra i principali alimenti era pure il latte, per lo più quello delle capre, ma anche delle pecore e delle mucche; e perciò, già dall'antichità, il burro e il formaggio. Pure le uova erano nutrimento abituale (Luc. 11, 12), mentre della carne si faceva raro uso, soltanto in circostanze speciali, come feste di famiglia, banchetti sacrificali, pranzi con ospiti. la carne di certi animali (detti « impuri », come il maiale) era assolutamente vietata, come pure il sangue, considerato sede della vita (nei primi tempi la Chiesa erediterà questa prescrizione: Atti 15, 29). Si mangiava, in genere, la carne delle pecore e delle capre; in occasioni più solenni anche il vitello grasso (Luc. 15, 23), e, alla mensa dei ricchi, selvaggina e volatili. Comparivano abitualmente nei pranzi ortaggi come fave, lenticchie, cetrioli, meloni, aglio, cipolle, porri, fagioli, miglio, zucche; le donne di casa si procuravano anche per i monti delle pianticelle selvatiche che potevano servir per verdura. Si faceva largo uso di frutta: fichi, uva, datteri, olive; ma di datteri raramente sulle montagne della Galilea, almeno per la povera gente, perché non giungendovi a maturazione, era necessario acquistare quelli importati d'altrove. D'estate si facevano seccare i fichi e l'uva per l'inverno; con frutta secca compressa, soprattutto fichi, si ottenevano eccellenti torte; dalle olive, che venivano conservate nel sale, si estraeva l'olio di cui si faceva uso abbondante. Il lago di Genezareth era ricco di pesci, che, essiccati e salati, costituivano spesso il cibo della povera gente (Matt. 7, 10), ed erano comoda provvista per i viaggi (Matt. 14, 17). Il miele teneva il luogo dello zucchero, ed era usato per la confezione di dolci; ma dalla frutta si otteneva una specie di sciroppo, per es. dai datteri, che faceva seria concorrenza al miele delle api. I poveri, soprattutto nelle regioni deserte, trovavano nelle locuste un alimento semplice, sano, alla portata di tutti, e gustoso per Orientali (un po' il gusto del gambero); era il nutrimento di S. Giovanni Battista nel deserto (Matt. 8, 4; Marc. 1, 6); quegli animaletti, arrostiti o lessi, servivano di cibo in Palestina e altrove nell'Oriente dalla più remota antichità, e ancor oggi in Arabia, ove costituiscono anche elemento di commercio.Condimento indispensabile di ogni cibo era il sale, estratto puro dalle vaste saline del Mar Morto. Altri ingredienti, come la senapa, la menta, il finocchio e il cimino (Matt. 23, 23), servivano ad aromatizzare le vivande.

2. L'acqua e il vino

In un paese caldo, povero di sorgenti e di pozzi, l'acqua soprattutto di sorgente, bevanda ordinaria, era un elemento prezioso (Matt. 10, 42) ; numerose cisterne venivano scavate per raccoglier l'acqua piovana, soprattutto nelle campagne e dove l'acqua scarseggiava, ma un pozzo d'acqua sorgiva era un vero tesoro per una cittadina (come Nazareth); ogni giorno le donne con brocche vi andavano ad attingere il necessario quantitativo per gli usi domestici (Giov. 4, 7: la Samaritana) : nella fatica giornaliera delle donne di casa era questa una delle principali incombenze. Nella Palestina abbondavano le viti, perciò il vino era una bevanda abituale, per lo più quello rosso; lo si conservava in orci di pietra (non però per molto tempo; il vino più vecchio secondo il Talmud era quello di tre anni) e lo si spillava in otri di cuoio (Matt. 9, 17 : in otri vecchi non si doveva però metter vino nuovo...). Di solito, ai tempi del Nuovo Testamento, lo si allungava con acqua, probabilmente per in influsso degli usi greco-romani. Lo si prendeva anche misto ad aromi; misto con mirra serviva da anestetizzante (Marc. 15, 23; cfr. Matt. 27, 34). I poveri si accontentavano spesso di una mistura di aceto e di acqua che i Romani chiamavano «posca» (Marc. 15, 36). Della «sicera» («bevanda inebbriante»: Luc. 1, 15), specie di vino artificiale, ignoriamo la composizione.

3. La preparazione del pane

Nelle famiglie si usava fare il pane fresco ogni giorno. La donna di casa macinava il grano nel cortile (Matt. 24, 41; lavoro considerato un disonore per l'uomo) servendosi del mulino a mano, uno dei più importanti arredi domestici (se ne servivano anche i Greci e i Romani), formato da due pietre rotonde, di circa mezzo metro di diametro, l'inferiore fissa, e la superiore, azionata a mano con una specie di manico, le girava sopra; venendo il grano macinato fra le due pietre, la farina ne cadeva dagli orli e veniva raccolta su una stoffa allargata sotto. Alla pasta, lavorata in madie e spesso lievitata (Matt. 13, 33; S. Paolo dirà: «un poco di lievito fa fermentare tutto l'impasto»: I Cor. 5, 6 s.), si dava la forma di dischi sottili. Il pane si cuoceva in forni portatili di terra o pietra, alti circa un metro; le donne avevano raccolto per la montagna il combustibile: pruni, cardi, erba secca (Matt. 6, 30), ramettini di bosco, residui di legno, persino concio secco, ne avevano fatto un fardello, e, portatolo sul capo, l'avevano depositato nei ripostigli del cortile; ogni mattina ne riempivano il piccolo forno che mantenevano acceso fino a che le pietre del fondo non diventassero roventi, indi vi depositavano i dischi di pasta, che rapidamente divenivano pane. Questi forni, situati nel cortile, erano spesso usati in comune da diverse famiglie; ognuna doveva allora attendere il suo turno e attenervisi con regolarità. La macinazione del grano verso il periodo evangelico, e la cottura del pane già da secoli, in Palestina erano diventate anche un mestiere: si impiegavano allora per la macinazione mulini più grandi azionati da animali, generalmente asini (Matt. 18, 6: «una macina da asino») e per la cottura forni di maggiori proporzioni.

4. Modalità di preparazione  e consumazione dei pasti

Oltre la fornitura dell'acqua e la lavorazione del pane, altro giornaliero lavoro delle donne era la preparazione dei pasti. Come ancor oggi in Oriente, gli Ebrei conoscevano solo due pasti: il primo, piuttosto frugale, sul mezzogiorno; il secondo, il principale della giornata, sul fresco della sera verso le ore 8 (era pure l'uso dei Greci e dei Romani). Non del tutto ignorata la colazione mattutina. Già dall'antichità gli Ebrei usavano mangiare seduti su sgabelli o su stuoie attorno alla bassa tavola; nel periodo evangelico era infiltrato anche l'uso di prender cibo stesi su divani, appoggiati sul gomito sinistro, con il braccio destro libero per servirsi, e coi piedi all'indietro (vedi in Luc. 7, 38 l'episodio della peccatrice). Questo modo di mangiare, di origine greco-romana, si seguiva nelle occasioni più solenni; allora i divani erano disposti attorno alla tavola lungo tre lati, in ogni divano c'era posto per tre persone, delle quali ognuna veniva a trovarsi col capo all'altezza del petto del vicino di sinistra (Giov. 13, 23-25; 21, 20). Non si conoscevano né cucchiai, né forchette, né coltelli; ognuno si serviva con le mani dal piatto comune (Matt. 26,23: Giuda pone col Maestro e la mano nel piatto») ; perciò a disposizione dei convitati erano poste delle brocche piene d'acqua, e ci si lavava le mani prima e dopo il pasto (Matt. 15, 2-20; Luc. 11, 37; i Farisei ne avevano fatto una legge). Prima e dopo il pasto il padrone di casa intonava la preghiera. In occasioni solenni, quali le feste religiose, o le solennità familiari, come nozze, circoncisione ecc., si invitavano ospiti, che venivano accolti col bacio (Luc. 7, 45), si lavava loro i piedi (Luc. 7, 44), si ungeva loro il capo (Luc. 7, 46), li si cingeva con ghirlande di fiori, e al più distinto si offriva il posto d'onore (Luc. 14,8-10). Talora questi pranzi solenni erano allietati dalla musica (Luc. 15,25), e, all'uso greco-romano, dal ballo di danzatrici (id.; Matt. 14, 6). Si usava invitare ospiti anche alla festa settimanale del Sabato (Luc. 14, 1). L'ospitalità era considerata un sacro dovere (Matt. 25, 35), sopratutto in caso di affluenza di pellegrini, come a Gerusalemme per la Pasqua. Ma cibo e alloggio a pagamento si ottenevano in pubblici alberghi (Luc. 2, 7; 10, 34).

Bibliografia

LACONI M., Usi e costumi palestinesi al tempo di Maria, in AA. VV:, Enciclopedia mariana Theotócos, Bevilacqua&Solari Edizioni - Editrice Massimo, Genova - Milano 1954, pp. 122-125;  FELTEN G., Storia dei tempi del Nuovo Testamento, vol I: La storia politica degli Ebrei dal 53 a.C. al 135 d.C., S.E.I., Torino 1932 - vol II: Le condizioni sociali e morali del popolo ebreo ai tempi del Nuovo Testamento, S.E.I., Torino 1934; KALT E., Archeologia biblica. - Torino, Marietti 1942; WILLAM F. M., Vita di Maria, la madre di Geù, Brescia, Morcelliana 1944; NÖTSCHER, Biblische Altertumskunde., Bonn 1940; RICIOTTI G., Storia d'Israele. Vol. II: Dall'Esilio al 135 d.C., S.E.I., Torino 1934; FILLION L. CL., Histoire d'Israel. T. III: De la fin de la captivité de Babylone à la ruine de l'état juif., Letuzeq, Paris 1928; BEL F. M., Histoire de la Palestine depuis la conquete d'Alexandre jusq'a l'invasion arabe. T. I: De la conquête d'Alexandre jusqu'à la guerre juive., J. Gabalda , Paris1952; SCHÜRER E., Geschichte des jüdischen Volkes im Zeitaiter Jesu Christi, Leipzig, 1901-1911; DELLA LIBERA V., Maria nella sua terra, Edizioni Paoline, Milano 1986; SPILA A., La vita di Maria, Istituto Salesiamo Pio XI, Roma 1987.

VEDI ANCHE:
 - MARIA E IL SUO TEMPO: ABITAZIONE E ARREDAMENTO 
 - MARIA E IL SUO TEMPO: FAMIGLIA E USANZE FAMILIARI
 - MARIA E IL SUO TEMPO: IL POPOLO D'ISRAELE
 - MARIA E IL SUO TEMPO: VESTI E ABBIGLIAMENTO
 - MARIA E IL SUO TEMPO: VITA RELIGIOSA






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