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MADONNE NERE



 
1. La "Madonna Nera" come immagine inculturata
Ci sono diversi tipi di "Madonne nere". Un moderno significato, riguarda la rappresentazione di Maria come personaggio inculturato tra le popolazioni africane. Rientrano in questa categoria recenti raffigurazioni della Vergine come quella di Larry Scully a Soweto. Il termine "Madonna Nera" usato spesso per indicare queste immagini, perciò, si riferisce ad opere d'arte di artisti africani o afro-americani o appartenenti alle culture africane. Queste rappresentazioni veicolano un messaggio di religione inculturata, in quanto evidenziano il significato universale e quindi trans-razziale della manifestazione di Cristo e, di conseguenza, di sua madre Maria. La maggior parte di queste immagini sono di origine recente o venute di recente alla ribalta, come una riscoperta dei valori spirituali a lungo ignorati della cultura africana.

2. Le "Madonne Nere"
Il significato classico di "Madonna nera", invece, si riferisce a un tipo di statua o pittura mariana, di origine prevalentemente medievale, le cui caratteristiche scure o nere, non sono sempre facili da decifrare. Il primo studio notevole circa l'origine e il significato delle "Madonne nere", sembra essere stato quello dell'inglese Leonard Moss in una riunione dell'Associazione Americana per l'Avanzamento della Scienza, il 28 dicembre 1952. Sulla base di una ricerca su quasi un centinaio di campioni provenienti da varie parti del mondo, Moss ha diviso le immagini in tre categorie:
1) Madonne dal colore marrone scuro, con fisionomia e pigmentazione cutanea corrispondente a quelle della popolazione indigena.
2) Madonne il cui colore si è trasformato in nero a causa di alcuni fattori fisici quali il deterioramento dei pigmenti a base di piombo; il fumo dall'uso di candele votive accumulato; l'accumulo di polvere nel corso dei secoli. Dalle relazioni storiche, infatti, suffragate dall'analisi delle antiche statue emerge un dato: all'origine i volti e le mani delle Madonne e dei Bambini erano di norma rosati, riproducevano cioè un incarnato che si riteneva fosse quello normale; l'annerimento era successivo, dovuto alle motivazioni indicate. I1 nero dunque è segno di una lunga devozione in onore di una immagine miracolosa e quindi amata dai devoti: niente a che vedere né con le leggende esoteriche, né con la ricerca di legami con divinità femminili pagane, dal momento, che molti santuari mariani, anche di Madonne rosate, sono sorti su luoghi di culto già noti agli antichi. I1 nero è solamente il segno della continuità nel tempo di queste devozioni.
3) Madonne nere che non rientrano nelle prime due categorie, di cui non esiste ancora una spiegazione plausibile e la cui colorazione, può essere stata artificiale e intenzionale, nell'intento di applicare e attualizzare sulla Vergine, il testo del Cantico dei Cantici: "Io sono nera ma bella" [Negra sum sed formosa]. A sostegno di questa teoria c'è la constatazione, ad esempio, che molte delle Madonne nere esistenti in Francia, possono datarsi al tempo delle crociate, quando Bernardo di Chiaravalle scriveva proprio numerosi commenti sul Cantico dei Cantici, applicandoli a Maria.
L'inconsueto colore di queste immagini, icone e simulacri lignei, è da secoli un enigma, un terreno di ricerca e di confronto che vede talvolta schierati su fronti opposti studiosi devoti e autorità religiose.

3. Diffusione delle Madonne nere
Le statue nere sono di tutte le epoche e di tutti i tipi - Vergini regali incoronate e Sedes Sapientiae o Madonne dell'umiltà, ma sempre con il Bambino - e sono contraddistinte da origini leggendarie che rimandano a ritrovamenti miracolosi e spesso la loro fabbricazione è attribuita a un santo, se non addirittura ad angeli. È intorno alla statua miracolosa che è sorto il santuario, situato quasi sempre lungo vie di transito importanti fin dal medioevo, percorse dai pellegrini che andavano a Santiago, a Roma o addirittura in Terrasanta. In Europa, le Madonne nere o brune, molto popolari e venerate dai fedeli, sono 746: 431 in Francia, 126 in Italia, 108 in Germania e così via. Tra le centinaia che attualmente esistono in vari santuari, alcune delle immagini più conosciute sono: la Madonna di Altötting [Baviera, Germania]; Nostra Signora degli Eremiti [Einsiedeln, Svizzera]; Nostra Signora di Guadalupe [Città del Messico]; la Madonna di Jasna Gora [Czestochowa, in Polonia]; Nostra Signora di Montserrat [Spagna]; e la Madonna di Tindari [Sicilia].  

4. Approfondimento: Le Madonne Nere in Europa e in Italia
L’Europa è costellata di santuari in cui ancora oggi si venerano statue lignee medievali – in prevalenza romaniche – che raffigurano la Vergine in trono e il Bambino, entrambi di colorito scuro: opere di un fascino misterioso, fortunosamente sopravvissute a furti, manomissioni e arbitrari restauri. Sull’argomento si è sviluppato nel Novecento un nutrito dibattito critico e sono state avanzate ipotesi le più varie e fantasiose. Di recente una rinnovata attenzione vede coinvolti studiosi dell’intera area europea. L’“inesplicabile” enigma delle Madonne Nere in qualche misura si va rischiarando. Se da un lato non sono emerse fonti medievali (scritte e iconografiche) che attestino un originario colorito bruno, dall’altro sono ormai numerosi i casi in cui si è potuto verificare che le Madonne romaniche non sono nate nere. Restauri e sondaggi, hanno rivelato (ad esempio nelle Vergini di Vauclair e d’Orcival) la policromia originaria; e per converso, si è appurato che le Vergini di Marsat e di Clermont, sono state annerite all’inizio dell’Ottocento. Le più antiche testimonianze relative al colore scuro di immagini mariane risalgono al tardo Medioevo (in particolare si veda la Vergine venerata nel santuario del Puy); gli indizi più frequenti si inoltrano invece nell’età moderna. La spiegazione, tutt’altro che univoca, va ricercata caso per caso. Le prime riflessioni sui tempi e sulle ragioni dell’annerimento delle Madonne Nere venerate in Puglia e Basilicata inducono a suggerire – il caso più esplicito è quello di San Martino d’Agri – una causa fortuita (legata all’antichità e al degrado) e tuttavia tale da conferire al simulacro un aspetto divenuto nel tempo caro e familiare agli occhi e al cuore dei devoti: a volte accentuato, a volte cancellato nel corso delle ridipinture, il colore bruno in età moderna sembrerebbe essere stato adottato di proposito, di pari passo con la codificazione da parte istituzionale delle leggende in cui si narra dell’origine orientale di simulacri approdati, o riscoperti, in Occidente in modo prodigioso. Nel suo più recente contributo anche Barral i Altet giunge alla conclusione «che le statue lignee romaniche furono annerite in epoca posteriore al Medioevo»; e inoltre, che «questo tipo di trasformazione trovava le sue motivazioni nella volontà di ricreare un Medioevo fosco e lontano, orientale e bizantineggiante». Per la Puglia, come per la Basilicata e per la Calabria, regioni a lungo grecizzate, si può parlare di un Oriente prossimo e presente per tutto il Medioevo e oltre. In terre ancora nell’XI secolo sotto la dominazione di Bisanzio, all’origine del culto mariano assai spesso è un’icona, o un dipinto parietale, di tradizione orientale. Nei secoli successivi – con crescente intensificazione a partire dal 1204 – reliquie, immagini e manufatti preziosi giungevano dalla Terrasanta e da Costantinopoli. Tra XII e XIII secolo con la nuova sensibilità nei confronti dell’immagine, ai dipinti si affiancarono opere tridimensionali. Nei santuari si moltiplicarono le statue lignee da portare agevolmente in processione. Tale insistita “materializzazione” risponde all’istanza di rapportarsi in modo diretto con la sfera del divino. Al proposito Vauchez parla di “attaccamento alla sensibilità del sacro”. Con la riforma tridentina, la gerarchia ecclesiastica rivolse particolare attenzione alle immagini mariane oggetto di devozione popolare e ai relativi santuari. Fra Sei e Settecento gli eruditi ecclesiastici dall’intreccio dei racconti cresciuti intorno a immagini dispensatrici di grazie, trassero materia per una riformulazione organica delle leggende, mirante ad affermare sia l’antichità e l’esotismo di statue e dipinti, sia il prestigio dei luoghi di culto mariano. Nei racconti leggendari, la traslazione da Costantinopoli e dalla Terrasanta e l’attribuzione al pennello di san Luca concorrevano a nobilitare le Vergini più venerate. In ambito agro-pastorale sono frequenti le inventiones di immagini prodigiose che hanno come scenario i campi, il bosco, la montagna, l’acqua, la grotta. Si tratta di tavole dipinte, di affreschi o di statue “riscoperte” dopo secoli di oblio, il cui occultamento viene anacronisticamente riferito alle controversie iconoclaste. Lungo le coste fioriscono le leggende del mare, nate intorno a icone mariane d’ascendenza o di provenienza orientale (bizantina, balcanica, crociata), alcune delle quali custodite nelle chiese degli ordini religioso-cavallereschi, tra i maggiori importatori e custodi di reliquie, di codici, di immagini provenienti dai Luoghi Santi. Ancora nel XV secolo, la caduta di Costantinopoli (1453) alimentò un filone di leggende sul salvataggio – o sulle “fughe spontanee” – di icone dichiarate “orientali”, non importa se di produzione veneziana o cretese o pugliese.

Bibliografia
DURICY M., Black Madonnas in Dictionary of Mary dell'Università di Dayton, U.S.A.; TURRISI A., La Vergine Nera nel cuore del Mediterraneo, su Avvenire del 25 agosto 2010; Le Madonne Nere solo fumo?, articolo sulla rivista La Madonna della Neve, mensile del Santuario di Adro (Brescia), n. 7 - agosto - settembre 2010, p. 17; MOLLICA M., Tindari. Dalla città greca al culto della Madonna Nera, Armando Siciliano Editore, Messina 2000; BONANNO G. (a cura di), Nigra sum sed formosa, Tindari 1996: PULLANO G., Tindari. La Madonna Bruna e il suo santuario, Tindari 1979; CALÓ MARIANI M. S., Madonne lignee dal volto bruno nei santuari della Puglia e della Basilicata, in GROPPO L. - GIRARDI O. (a cura di), Nigra sum sed formosa. Santuari e Immagini delle Madonne Nere in Europa, Atlas 2010, pp. 36-37; CASSAGNES-BROUQUET S., Vierges Noires, regard et fascination, Rodez 1990; BONVIN J., Vierges noires. La réponse vient de la terre, Paris 1989, COURTILLÉ A., Marie en Auvergne, Bourbonnais et Velay, Clermont 1991; VAUCHEZ A., Les images saintes: représentations iconographiques et manifestations du sacré, in ID. Saints, prophètes et visionnaires, Le pouvoir surnaturel au Moyen Age, Paris 1999, pp. 79-91; BACCI M., Il pennello dell’Evangelista. Storia delle immagini sacre attribuite a San Luca, Pisa 1998.






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