Il NICAN MOPOHUA è il testo base delle apparizioni della Vergine sul Tepeyac a Città del Messico. Fu scritto tra il 1540 e il 1548 da Antonio Valeriano (1520-1605), nipote di Montezuma, professore di latino, governatore per 35 anni di Città del Messico e anche amico di Juan Diego. Il testo originale andato perso, non era scritto su carta ma su "Amate", una specie di papiro messicano, fabbricato con maguey, una pianta della famiglia dei cactus. In seguito, il racconto delle apparizioni fu trascritto in "glifi", cioè nel sistema pittografico degli antichi messicani. Nel 1972 a New York nella biblioteca della Hispanic Society of America fu scoperta una copia che risalirebbe al 1573. Il racconto non fu solo tramandato per iscritto e a viva voce, ma anticamente era pure cantato e mimato con danze. Narra infatti Luis Becerra Tanco che il 12 dicembre 1666 poté assistere ad uno spettacolo che aveva per tema il Nican Mopohua e per protagonisti un gruppo di indios. Nel 1649 fu Luis Lasso de la Vega (†1660) a pubblicare per la prima volta il Nican Mopohua in náhuatl, con alcune aggiunte in cui si narrano i primi miracoli operati dalla Morenita di Guadalupe.

Bibliografia
GRASSO A., Guadalupe, Gribaudi Editore, Milano 2011²; NERVI L., Nostra Signora di Guadalupe madre delle Americhe, Elledici, Leumann 2005; AA. VV. La Madonna di Guadalupe. Dono di Dio o dipinto dell’uomo?, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000; TESTONI M., Guadalupe. Storia e significato delle apparizioni, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998; CORONA I., Madonna di Guadalupe, Edizioni Segno, Udine 2013; CHAVEZ C. – ANDERSON E., Madonna di Guadalupe. Madre della Civiltà dell’Amore, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2012.