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ESCATOLOGIA


La Lumen Gentium n. 68, afferma: «La Madre di Gesù, come in cielo glorificata ormai nel corpo e anima, è immagine e inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al pellegrinante Popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore (cfr 2Pt 3,10)». Dal testo emerge in quale rapporto è Maria nei confronti del Popolo di Dio «pellegrinante», vale a dire la Chiesa di Gesù, cioè noi. Maria, in rapporto a questo «popolo di Dio»: anzitutto è «immagine e inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell'età futura»; in secondo luogo ella è «segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando verrà il giorno del Signore».

1. Maria immagine e inizio della Chiesa

Un teologo francese, in modo conciso e felice, definisce così Maria: Ella è l’«icona escatologica della Chiesa» (Luis Bouyer). Il termine «escatologico» fa riferimento all’éschaton, cioè a ciò che è definitivo, non solo nel senso di cronologicamente ultimo, ma nel senso di «compiuto». Sotto questo profilo, Maria è l’icona del «compimento della Chiesa. Vediamo di capire questa affermazione. Il testo dice che in Maria, «ormai glorificata in cielo nel corpo e nell’anima» appare «anticipata» la destinazione della Chiesa. In lei dunque appare in anticipo quello che sarà l’esito finale della Chiesa e questo esito finale che attende la Chiesa costituisce il compimento della vita di tutti quegli uomini e di tutte quelle donne che hanno creduto nel Signore Gesù, lo hanno seguito, lo hanno ascoltato, hanno fatto di lui il fondamento sicuro della propria speranza. Questo «compimento», quindi, non può essere immaginato senza riferimento a Gesù Cristo perché, come dice l’Apostolo Paolo, ancora prima che il mondo esistesse, noi siamo stati pensati da Dio «in Gesù». Dio ha pensato e voluto Gesù Cristo come il «primogenito di tutta la creazione», Col l,15), come «il primogenito di coloro che risorgono dai morti» (Col l,18c) e ci ha pensati («predestinati») «ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29). Detto in altro modo, quando Dio ha pensato il mondo:
- lo ha pensato dentro questo grande riferimento a Gesù, il Figlio;
- lo ha pensato a immagine del Figlio,
- lo ha pensato a motivo del Figlio.
A tutto ciò viene dato il nome di «predestinazione», che non va intesa come una decisione arbitraria presa da Dio – questa è l’accezione che comunemente si dà a questo termine - ma come il disegno buono che Dio ha sulla storia degli uomini e sulla nostra vicenda personale: siamo pensati, voluti, creati a motivo di Gesù il Figlio e a sua immagine. Per questo Gesù, dice l’Apostolo Paolo, è il «primogenito» o il «prototipo», o l’«originale» di ogni creatura. Quando si parla di predestinazione dobbiamo intendere questo disegno buono di Dio. Gesù ha assunto tale piano divino quale guida della sua vita terrena, ha condiviso questa decisione del Padre suo, tanto che in quell’ultima sera, prima di congedarsi dai discepoli, nella grande preghiera rivolta al Padre per coloro che erano presenti, ma anche per tutti quelli che grazie alla loro testimonianza avrebbero creduto in lui, egli chiede: «Voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato» (Gv 17,24). E qual è la gloria di Gesù? Quella di essere «il Figlio». Dunque Gesù prega perché tutti gli uomini possano partecipare alla sua stessa condizione di Figlio: essere insieme a lui «con» il Padre.
Da qui ritorniamo al riferimento a Maria. Il testo conciliare la ricorda come «ormai glorificata nel corpo e nell’anima», in riferimento alla sua condizione di «Assunta in cielo», cioè di partecipe della gloria, nella condizione di piena conformazione al Figlio Gesù. In Maria «assunta» la conformazione all’immagine del Figlio Gesù è pienamente compiuta, perché ella partecipa con tutta la propria persona («nel corpo e nell’anima») alla risurrezione di Gesù. Maria Assunta «è il primo, singolare riverbero della risurrezione di Cristo», è il primo manifestarsi di quella «predestinazione», della quale abbiamo parlato. Maria ci fa comprendere che lo stato di risorto non è solo riservato, ma è anche «per tutti noi». In lei questo «compimento» appare già in totale splendore, in tutta la sua pienezza.
Perché proprio in Maria? Perché Maria è unita a Gesù, legata a Lui nella stessa maniera che lo è ogni creatura. Anche lei è stata predestinata prima della creazione del mondo ad essere «santa, immacolata», ad «essere conforme all’immagine del Figlio». Sotto questo profilo Ella è dunque creatura al pari di noi. È da dire però che il modo con il quale Maria partecipa alla risurrezione di Gesù appare del tutto «singolare», cioè unico (è solo di Maria) in quanto questo legame che tutti unisce a Gesù in lei assume la connotazione particolare della maternità: Ella è la Madre di Gesù, del Verbo fatto carne. Quella che è la comune predestinazione, in Maria riceve dunque una singolare attuazione. Ecco perché soltanto Maria, tra tutte le creature, non «conosce la corruzione del sepolcro» (cfr il Prefazio della solennità dell’Assunta), né deve compiere alcun percorso d purificazione, come lo devono invece percorrere tutte le persone che muoiono «in Cristo», per partecipare pienamente alla sua risurrezione.
Questo avviene per il «legame» particolare che la unisce a Cristo: Maria, come ogni creatura, è stata «predestinata prima della creazione del mondo ad essere conforme all’immagine del Figlio» e tuttavia, unica fra tutte le creature, è stata pensata («predestinata ») da Dio a realizzare questo legame con Gesù in un modo unico, singolare, come «madre» del Figlio. Per questo Dio l’ha «immunizzata» (preservata) da ogni «contagio» con la condizione di Adamo peccatore, che rappresenta una condizione di morte, di lontananza da Dio stesso.
Questa decisione che Dio ha preso nei confronti di Maria, cioè di immunizzarla dal peccato di Adamo, ha trovato in lei piena accoglienza, nel senso che ella si è resa disponibile al compimento del disegno buono di Dio sull’umanità; non solo, ma si è anche resa disponibile a quel modo particolare che Dio aveva pensato per lei di essere pre-destinata a quella relazione esclusiva con Gesù, il Figlio, che è quella di essergli Madre. Ora, il Concilio afferma che questa partecipazione di Maria alla risurrezione di Gesù, che noi abbiamo qualificato con l’aggettivo «singolare», è «immagine» (cioè mostra anticipatamente) di ciò che saranno i discepoli di Gesù (la Chiesa) nell’età futura. Se vogliamo sapere ciò che saremo noi nel compimento della nostra vita e della storia umana, guardiamo Maria. Nella sua condizione di Assunta, ella è immagine della nostra condizione futura. In lei comincia ad essere realizzato ciò che attende tutti noi. Il Concilio aggiunge qualcosa in più: in questa condizione, Maria è anche «inizio» (anticipo) del compimento della Chiesa stessa, cioè la realizzazione della pre-destinazione degli uomini e delle donne a essere conformi all’immagine del Figlio.
Riassumendo questo primo punto, potremmo dire: la partecipazione di Maria alla risurrezione di Gesù, pur avvenendo in modo singolare, non è solo «per Lei», cioè a suo beneficio esclusivo, ma anche «per noi», nel senso che mostra in anticipo (è «immagine») e anticipa (è «inizio») la nostra partecipazione alla risurrezione di Gesù. Questo testo conciliare, nella sua brevità, è felicissimo: Maria ci mostra in anticipo, ma è anche inizio effettivo di quello che saremo, cioè partecipi della condizione del Figlio presso il Padre, vale a dire della condizione di risorti.

2. Maria segno di sicura speranza

La seconda affermazione del testo conciliare è pure densa e illuminante: Maria è «segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore».
Vogliamo capire ora questa affermazione. Ella è per il Popolo di Dio (la Chiesa) pellegrinante nel mondo segno di una speranza affidabile («sicura»), sulla quale cioè possiamo contare, e di consolazione, fino all’avvento del Risorto, cioè detto in termini tecnici, fino alla parusia, che altro non è che «il giorno del Signore», la sua seconda venuta. La prima venuta fu l’incarnazione, che si realizzò nella nostra carne e nel nostro tempo umano; la seconda avverrà alla fine dei tempi e darà compimento definitivo e pieno al cosmo e alla storia.
Come intendere l’affermazione del Concilio che parla di un Popolo di Dio «pellegrinante sulla terra»? Essa dice che quella dei discepoli di Gesù è un’esistenza dove opera già la grazia del Signore. Noi siamo «già» con il Signore: quando si parla di vita di grazia, di grazia presente in noi, dello Spirito che opera in noi … ciò significa che noi stiamo già vivendo con il Signore, siamo già ora in quella che sarà la nostra condizione piena e definitiva. Ma al tempo stesso in questa esistenza si fa ancora l’esperienza della fragilità, del peccato, dei limiti del vivere la fede, del perseverare nella speranza, del praticare la carità.
Il «giorno del Signore» - la sua venuta nella parousia - realizzerà in modo pieno e definitivo la nostra comunione con Dio, nel senso che la nostra esistenza in Cristo – ora segnata da fragilità e minacciata dal male - sarà pienamente compiuta, non ci sarà mai più revocata, sarà definitiva e conoscerà la libertà piena. Si inserisce in questa prospettiva l’affermazione del Concilio secondo la quale Maria è «segno di sicura speranza» per noi ancora in cammino (pellegrini): lo è in quanto riflette la nostra destinazione a essere chiamati (pre-destinati) a vivere definitivamente in Cristo Risorto o come Cristo Risorto. Questa è la nostra speranza affidabile, sicura, la nostra «attesa», come scrive molto bene l’apostolo Pietro nella sua Prima Lettera: «Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell'ultimo tempo» (l Pt 1,3-5).
Questa speranza è viva, è un’attesa «sicura», perché la comunione piena con il Padre (come la vive il Figlio Gesù) è confermata dal Dio fedele, che custodisce presso di sé l’eredità destinata a noi, impedisce che ci sia tolta: questo è il senso dell’espressione «conservata nei cieli per voi». Al tempo stesso questa speranza è confermata anticipatamente in una persona, Maria: Ella è quella creatura nella quale si realizza con anticipo ciò che si realizzerà in tutto il genere umano. Per usare l’espressione di Gesù nell’ultima cena: «Vado a prepararvi un posto. Quando ve l’avrò preparato verrò, vi prenderò con me perché siate anche voi là dove sono io» (Gv 14,2-3). In Maria tutto ciò è già avvenuto.
Proprio perché in Maria è confermata la nostra speranza, ella può essere chiamata «segno di consolazione» per noi. Per capire questa espressione dobbiamo chiederci: chi è il consolatore? È colui che affianca una persona in difficoltà e la sostiene nel suo cammino, perché non venga meno la sua attesa e non si dis-peri, cioè non resti senza la speranza. Maria dunque ci «consola» perché tiene viva questa speranza affidabile a fronte della vita messa alla prova, a fronte di tutto ciò che affligge la nostra esistenza e che ci pone nel rischio di farci percepire la speranza, alla quale abbiamo dato credito, non più così affidabile, ma di farcela apparire come speranza fragile, o addirittura di radicarla dal nostro cuore.
Maria mantiene viva la nostra speranza ricordandoci il compimento della sua vicenda: accolta come «assunta» in corpo ed anima in quel cielo dove Dio ha accolto Gesù, e dove ella sta con il Figlio e dove Dio desidera accogliere anche tutti i suoi figli. Maria attesta che Dio resta fedele al suo disegno buono sull’intera umanità e, quindi, sulla nostra persona. La condizione attuale di Maria sostiene l’affidabilità della nostra speranza dicendoci: Guardate me, guardate cosa è successo a me! E che cosa è successo a Maria? Ella potrebbe risponderci: «Io che ho posto la mia speranza in Dio, io che ho deciso di vivere conforme all’immagine del Figlio alla quale come te sono stata predestinata da Dio, guarda dove sono giunta, guarda quale è stato il compimento di una esistenza che si à consegnata completamente al Signore. Tutto ciò sarà un giorno anche per te e per l’intera umanità».

Bibliografia
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VEDI ANCHE:
- PARADIGMA ESCATOLOGICO






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