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GIROLAMO



1. Cenni biografici e opere
San Girolamo è un Padre della Chiesa che ha posto al centro della sua vita la Bibbia: l’ha tradotta nella lingua latina, l’ha commentata nelle sue opere, e soprattutto si è impegnato a viverla concretamente nella sua lunga esistenza terrena, nonostante il ben noto carattere difficile e focoso ricevuto dalla natura. Girolamo nacque a Stridone verso il 347 da una famiglia cristiana, che gli assicurò un’accurata formazione, inviandolo anche a Roma a perfezionare i suoi studi. Da giovane sentì l'attrattiva della vita mondana (cfr Ep. 22,7), ma prevalse in lui il desiderio e l'interesse per la religione cristiana. Ricevuto il battesimo verso il 366, si orientò alla vita ascetica e, recatosi ad Aquileia, si inserì in un gruppo di ferventi cristiani, da lui definito quasi «un coro di beati» riunito attorno al Vescovo Valeriano. Partì poi per l'Oriente e visse da eremita nel deserto di Calcide, a sud di Aleppo, dedicandosi seriamente agli studi. Perfezionò la sua conoscenza del greco, iniziò lo studio dell'ebraico, trascrisse codici e opere patristiche. La meditazione, la solitudine, il contatto con la Parola di Dio fecero maturare la sua sensibilità cristiana. Sentì più pungente il peso dei trascorsi giovanili, e avvertì vivamente il contrasto tra mentalità pagana e vita cristiana: un contrasto reso celebre dalla drammatica e vivace "visione", della quale egli ci ha lasciato il racconto. In essa gli sembrò di essere flagellato al cospetto di Dio, perché «ciceroniano e non cristiano». Nel 382 si trasferì a Roma: qui il Papa Damaso, conoscendo la sua fama di asceta e la sua competenza di studioso, lo assunse come segretario e consigliere; lo incoraggiò a intraprendere una nuova traduzione latina dei testi biblici per motivi pastorali e culturali. Alcune persone dell’aristocrazia romana, soprattutto nobildonne come Paola, Marcella, Asella, Lea ed altre, desiderose di impegnarsi sulla via della perfezione cristiana e di approfondire la loro conoscenza della Parola di Dio, lo scelsero come loro guida spirituale e maestro nell’approccio metodico ai testi sacri. Queste nobildonne impararono anche il greco e l’ebraico. Dopo la morte di Papa Damaso, Girolamo lasciò Roma nel 385 e intraprese un pellegrinaggio, dapprima in Terra Santa, silenziosa testimone della vita terrena di Cristo, poi in Egitto, terra di elezione di molti monaci. Nel 386 si fermò a Betlemme, dove, per la generosità della nobildonna Paola, furono costruiti un monastero maschile, uno femminile e un ospizio per i pellegrini che si recavano in Terra Santa, «pensando che Maria e Giuseppe non avevano trovato dove sostare». A Betlemme restò fino alla morte, continuando a svolgere un'intensa attività: commentò la Parola di Dio; difese la fede, opponendosi vigorosamente a varie eresie; esortò i monaci alla perfezione; insegnò la cultura classica e cristiana a giovani allievi; accolse con animo pastorale i pellegrini che visitavano la Terra Santa. Si spense nella sua cella, vicino alla grotta della Natività, il 30 settembre 419/420. La preparazione letteraria e la vasta erudizione consentirono a Girolamo la revisione e la traduzione di molti testi biblici: un prezioso lavoro per la Chiesa latina e per la cultura occidentale. Sulla base dei testi originali in greco e in ebraico e grazie al confronto con precedenti versioni, egli attuò la revisione dei quattro Vangeli in lingua latina, poi del Salterio e di gran parte dell'Antico Testamento. Tenendo conto dell'originale ebraico e greco, dei Settanta, la classica versione greca dell’Antico Testamento risalente al tempo precristiano, e delle precedenti versioni latine, Girolamo, affiancato poi da altri collaboratori, poté offrire una traduzione migliore: essa costituisce la cosiddetta "Vulgata", il testo "ufficiale" della Chiesa latina, che è stato riconosciuto come tale dal Concilio di Trento e che, dopo la recente revisione, rimane il testo "ufficiale" della Chiesa di lingua latina. E’ interessante rilevare i criteri a cui il grande biblista si attenne nella sua opera di traduttore. Li rivela egli stesso quando afferma di rispettare perfino l’ordine delle parole delle Sacre Scritture, perché in esse, dice, "anche l’ordine delle parole è un mistero", cioè una rivelazione. Ribadisce inoltre la necessità di ricorrere ai testi originali: «Qualora sorgesse una discussione tra i Latini sul Nuovo Testamento, per le lezioni discordanti dei manoscritti, ricorriamo all'originale, cioè al testo greco, in cui è stato scritto il Nuovo Patto. Allo stesso modo per l'Antico Testamento, se vi sono divergenze tra i testi greci e latini, ci appelliamo al testo originale, l'ebraico; così tutto quello che scaturisce dalla sorgente, lo possiamo ritrovare nei ruscelli»  Girolamo, inoltre, commentò anche parecchi testi biblici. Per lui i commentari devono offrire molteplici opinioni, «in modo che il lettore avveduto, dopo aver letto le diverse spiegazioni e dopo aver conosciuto molteplici pareri – da accettare o da respingere –, giudichi quale sia il più attendibile e, come un esperto cambiavalute, rifiuti la moneta falsa». Confutò con energia e vivacità gli eretici che contestavano la tradizione e la fede della Chiesa. Dimostrò anche l'importanza e la validità della letteratura cristiana, divenuta una vera cultura ormai degna di essere messa confronto con quella classica: lo fece componendo il De viris illustribus, un'opera in cui Girolamo presenta le biografie di oltre un centinaio di autori cristiani. Scrisse pure biografie di monaci, illustrando accanto ad altri itinerari spirituali anche l'ideale monastico; inoltre tradusse varie opere di autori greci. Infine nell'importante Epistolario, un capolavoro della letteratura latina, Girolamo emerge con le sue caratteristiche di uomo colto, di asceta e di guida delle anime.

2. La verginità di Maria
in  San Girolamo
San Girolamo, da giovane, a Roma, trascorreva molto tempo a spiegare la Bibbia ad un circolo di donne, vedove e ragazze, che erano attratte da un ideale: la verginità. Egli era uno straordinario direttore spirituale e così, per suo suggerimento, non poche di esse lasciarono del tutto la vita mondana per partire per la Terra Santa e vivere, sempre con la guida di Girolamo, in alcuni monasteri, a quel tempo celeberrimi. Non mancarono le “malelingue” che accusavano il nostro santo di aver plagiato quelle splendide ragazze e le loro madri instillando in loro un’idea dannosa: la superiorità della verginità sul matrimonio. Per sostenere la loro posizione, questi critici adoperarono un argomento che provocò la reazione veemente di Girolamo, il quale, a dire la verità, non impiegava molto tempo per “scaldarsi” e rendere “pan per focaccia” ai suoi avversari. Costoro dicevano che la verginità non aveva uno speciale valore tanto è vero che anche la Madonna concepì sì verginalmente il Signore, ma poi, come qualsiasi altra donna, ebbe altri figli, nati dal matrimonio con Giuseppe. Tra i detrattori della verginità della Madonna non mancavano teologi di un certo valore, come un certo Elvidio. Il nostro Girolamo gli dedicò un trattato che rimane ancora oggi un capolavoro per illustrare il fondamento storico-biblico della verginità della Madonna. Elvidio, a sua volta, faceva notare che il Vangelo gli dava ragione: “Prima di avere rapporti, fu trovata incinta per opera dello Spirito Santo” (Mt 1,18), cioè – affermava – la Madonna ebbe rapporti coniugali dopo il concepimento.  Girolamo, con ironia e acutezza, scrive: «La preposizione «prima», benché sovente indichi una conseguenza, a volte, invece mostra solo le cose che si pensavano antecedentemente. Come se uno non potesse dire, prima di pranzo ho preso la nave per l’Africa. Oppure, Elvidio, prima di pentirsi, è stato colto dalla morte». La conclusione che Girolamo ricava è chiarissima: «Quando l’evangelista afferma: «prima di avere rapporti», vuole intendere che il tempo delle nozze è vicino e che le cose sono arrivate al punto tale che colei che prima era considerata sposa stava per diventare moglie». Girolamo era, come abbiamo già detto, un sommo esperto nella conoscenza del mondo semitico, cioè il mondo in cui è nata la Bibbia ed è vissuto il Signore. Era a contatto con i rabbini, aveva imparato benissimo la lingua ebraica e, soprattutto, trascorse molti anni della sua vita di asceta e studioso a Betlemme. Non ha perciò difficoltà a controbattere l’obiezione di coloro che negano la verginità perpetua della Madonna adducendo come argomento il termine primogenito: “Diede alla luce il suo figlio primogenito” (Lc 2,7), sentiamo proclamare solennemente durante la Messa della notte di Natale.  Gerolamo annota: «In base a questo passo alcuni perversamente sospettano che Maria abbia avuto altri figli, sostenendo che un figlio non si chiama primogenito se non ha dei fratelli. Invece le divine Scritture sogliono chiamare primogenito qualcuno non perché seguono dei fratelli, ma perché è nato per primo». Sono questi solo alcuni degli argomenti che Girolamo propone per smontare una ad una le idee sbagliate di Elvidio e di tutti i denigratori della verginità di Maria Santissima. Essi si riassumono in un principio così formulato dallo stesso Girolamo: «Che Dio sia nato da una Vergine, lo crediamo perché lo leggiamo. Che Maria abbia consumato il matrimonio dopo il parto, non lo crediamo perché non lo leggiamo». La verginità perpetua di Maria, così profondamente dimostrata dai Padri sulla base delle Scritture, è diventata parte integrante della fede della Chiesa: fu proclamata solennemente in un Sinodo tenuto a Roma nel 649, presieduto dal Papa del tempo e, poi, costantemente riproposta dai Sommi Pontefici. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ne parla diffusamente. Giustamente, San Girolamo, dopo aver esposto degli argomenti che rendono questo articolo della fede ragionevole e inoppugnabile, invita ad assumere un atteggiamento di contemplazione e di gratitudine a Dio per così grande meraviglia: «La santa Vergine Maria, la beata Maria, madre e vergine, vergine prima del parto e vergine dopo il parto! Io sono nello stupore, perché un vergine è nato da una Vergine, e perché un vergine è nato da una Vergine, e dopo la nascita del vergine, la madre è rimasta vergine». Come si accennava, Girolamo ha tradotto tutto l’Antico Testamento e ne ha commentato molti libri. Si accorge perciò che i libri dell’Antica Alleanza parlano della Madonna attraverso delle immagini delicate e simboliche che rimangono non comprensibili se non sono applicate alla vita e alla santità della Vergine Maria. Girolamo riassunse questo modo di interpretare la Bibbia nelle parole latine: “Quod in vetere latet, in Novo patet”, che vuol dire: “Ciò che nell’Antico Testamento rimane nascosto, nel Nuovo viene alla luce”. Per esempio, il profeta Ezechiele aveva predetto che la porta orientale del Tempio di Gerusalemme doveva rimanere chiusa per far passare il Messia. Questo passo, in sé oscuro, si illumina di significato se applicato alla Madonna perché “Soltanto Cristo ha aperto le porte chiuse del grembo verginale, le quali tuttavia continuarono a rimanere chiuse”.

3. Maria - Donna  e l’Evento salvifico
Nella sua divina maternità, Maria comprende l’intera opera di salvezza del Figlio. Il mistero della sua verginità svelas sia la kènosi che la gloria del Redentore. Gli  eretici non comprendono il mistero del Figlio fatto uomo e la dimensione soteriologica della sua gloria e non riescono a comprendere che «Dio sia nato attraverso i genitali di una vergine, giacchè per loro è più vergognoso che Dio sia stato generato attraverso gli organi di una vergine del fatto che la vergine si sia unita al suo sposo dopo il parto». Girolamo in risposta ai doceti dice di non comprendere come potranno essi che non riescono a capire il mistero del Figlio che si inabissa nelle buie viscere di una Vergine, possano poi capire e comprendere l’obbrobrio ancora più grande e umiliante della sua passione e della sua morte nell’ingominia. Con toni umili risponde: «non arrossiamo, non passiamole sotto silenzio. Quanto più grandi sono le umiliazioni che egli (il Signore) ha patito per me, tanto più gli dobbiamo. E passandole tutte in rassegna non si troverà nulla di più infiammante della croce». Il termine vergine pertanto, come è usato da San Girolamo, sembra togliere ogni impurità  attribuita alla femminilità testimone della nuova realtà. Per questo trova scandaloso l’ipotesi eretica di nozze di Maria con Giuseppe, idea più blasfema e vergognosa, secondo il suo pensiero, che l’affermare il concepimento verginale di un Dio in utero materno. Il concepimento verginale, segna la fine della maledizione di Eva che gravita su tutto il genere umano. La grazia la divina benedizione che si sono riversate sulla Vergine di Nazaret,  si riversano su tutto il “sesso debole” che viene elevato a “nostra terra”, e “nostra carne” di salvezza, perché, con Maria, partorisce il Salvatore del mondo instaurando un rapporto kenotico tra Dio e l’umanità: Il Figlio divino della vergine consegna al servo-discepolo la sua filialità in relazione a lei.

Bibliografia
P. DE LEO, Vita di San Girolamo, Rubbettino Editore, 2007.; SAN GIROLAMO, Lettere, Città Nuova Editrice, Roma:  vol. 1, lettere 1-52, anno pubblicazione 1996; vol 2, Lettere 53-79, anno pubblicazione  1997; vol. 3, Lettere 89-116, anno pubblicazione 1997; vol. 4, Lettere 117-157, anno pubblicazione 1997; ID., La perenne verginità di Maria,  Città Nuova, Roma 1988; F. PIERI, Il concepimento verginale e l’argomento biblico di Is 7,14 in Girolamo, in Theotokos 11 (2003), n. 2, pp. 271-375; L. M. MIRRI, Girolamo: verginità di Maria in rapporto al Cristo pasquale, in Theotokos 11 (2003), n. 2, pp. 390-406;  R. SPATARO, La verginità di Maria in San Girolamo, in Maria ausiliatrice, 2008, n. 6, pp. 14-16.






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