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ORIGENE DI ALESSANDRIA



1. Cenni biografici, pensiero teologico ed opere
VITA E PENSIERO 
Origene, nato intorno al 185 e morto nel 253, fu una delle maggiori intelligenze dell'antichità cristiana. Fin dai primi anni del III secolo il vescovo Demetrio ne riconobbe le indiscusse qualità, assegnandogli la responsabilità della didaskaleion. La morte del padre, il martire Leonida e la scelta di automutilarsi per porre fine a tristi insinuazioni non gli impedirono di condurre la Scuola strutturandola in modo “moderno”. Le discipline propedeutiche impartite nei primi anni erano seguite dalle discipline sacre tenute direttamente da Origene, la cui notorietà superò ben presto i confini della città del nord mediterraneo. Origene visitò e fu chiamato continuamente da moltissime Chiese. Nel 212 incontrò papa Zefirino e Ippolito a Roma; raggiunse i confini orientali dell’impero romano e più volte fu invitato dai vescovi di Antiochia, Aelia Capitolina e Cesarea. In una di queste occasioni, nel 231, fu ordinato presbitero, perché potesse predicare durante la celebrazione eucaristica, senza alcuna autorizzazione da parte del suo vescovo Demetrio. Origene fu uno scrittore molto prolifico e brillante, capace di intuizioni innovative e prima impensabili. Nella didaskaleion alessandrina e nel ventennio trascorso in Cesarea di Palestina scrisse delle opere che ancora oggi vengono lette, studiate ed approfondite. Amante della Parola di Dio, dando caratura cristiana al metodo rabbinico che Filone diffuse nella città egiziana, sostenne nelle omelie e negli scritti la necessità di indagare minuziosamente il testo ricorrendo ad una triplice esegesi: letterale, morale e spirituale. L’interpretazione allegorica, cui ricorreva, partiva dall’analisi testuale  per giungere alla lettura spirituale della Parola, l’unica capace di irrobustire la fede cristiana. Grande interprete della Parola, lasciò moltissimi scritti e commentari sui libri della Bibbia che, contro le dottrine gnostiche, difendeva nella sua interezza: Antico e Nuovo non vanno disgiunti né il secondo sostituisce il primo. La terribile persecuzione di Decio (249-251) colpì anche Origene che morì nel 253 a seguito delle prove subite, lasciando alla Chiesa un patrimonio di sapere mai prima posseduto.
Origene  fu il primo vero teologo della Chiesa. Egli si preoccupò infatti, di strutturare il pensiero cristiano raccogliendolo e riportandolo in un testo dove collocava i frutti maturati dalla teologia espressa nei primi secoli di vita della Chiesa e precisava i campi ancora da indagare, compito che riservava a sé stesso e ai pensatori del III secolo. Una mente, la sua, che indaga il mistero divino più che difendere l’ortodossia. La sua è una libera ricerca e quindi lontana dalle categoriche affermazioni di fede: se giunge a delle conclusioni, esse non conoscono il timbro della certezza, piuttosto sono caratterizzate dalla provvisorietà perché oggetto di un cantiere ancora aperto. In questa radicale prospettiva, Origene afferma con forza una visione antropologica che ruota sulla capacità umana di esercitare il libero arbitrio. Contro la predestinazione sostenuta dagli gnostici, il fatalismo, spesso invocato dalle correnti filosofiche, il manicheismo religioso, Origene, servendosi della Parola di Dio, difendeva il principio secondo il quale la libertà di scelta della creatura costituisce uno dei doni più preziosi del Creatore,  una dote che Dio ha concesso senza limiti. Essa non può venire mai meno e investe il creato e tutte le creature. Non è possibile per l’Alessandrino escludere nessuno a priori dalla salvezza, nemmeno sulla base di una condotta, che pur peccaminosa, risulta momentanea e sempre passibile di cambiamento. Questa dottrina detta della apokatastasis non afferma tuttavia che tutti, angeli, angeli ribelli e uomini, si salveranno comunque e necessariamente. Non è una professione di fede né l’affermazione di un dogma. Questa teoria, piuttosto, sostiene la speranza che l’inferno, la cui esistenza non è negata, non sia tuttavia abitato perché tutti, in quanto creature di Dio e segnati con il marchio della bontà, per lo stesso libero arbitrio possano scegliere il bene anziché il male. Origene incorse in alcuni errori dottrinali che pregiudicarono la sua fama, ma conviene chiarire che essi, alla sua epoca, non erano stati condannati dal Magistero, pertanto, erano ancora materia di libera discussione nell'ambiente teologico. Morì con l'aureola di confessore della Fede. Papa Benedetto XVI ha fatto un caloroso elogio di questo "grande maestro della Fede” definendolo “una delle personalità determinanti per tutto lo sviluppo del pensiero cristiano».

OPERE
Le opere di Origene si possono distinguere in:
a) Scritti esegetici
Origene dedicò tre generi di scritti all'interpretazione delle Sacre Scritture: commentari, omelie, e scholia. I commentari (tomoi, libri, volumina) sono una approfondita interpretazione del testo sacro; Le Omelie (homiliai, homiliae, tractatus) sono discorsi pubblici sui testi delle Sacre scritture, spesso estemporanee e registrate così come veniva dagli stenografi; Gli scholia (scholia, excerpta, commaticum interpretandi genus) sono note esegetiche, filologiche, o storiche su parole o brani della Bibbia, come le annotazioni dei grammatici alessandrini in calce agli scrittori profani.
B) Opere dottrinali
Tra di esse possono essere annoverate:
- De principiis composto ad Alessandria e giunto nelle mani del pubblico prima del suo completamento. L’opera tratta di Dio e la Trinità, il mondo e la sua relazione con Dio, l'uomo ed il libero arbitrio, le Sacre scritture, la loro ispirazione ed interpretazione.
- Sulla preghiera, un opuscolo giuntoci per intero nella sua forma originale, inviato da Origene al suo amico Ambrogio, in seguito imprigionato a causa della Fede.
C) Opere apologetiche
Tra esse ricordiamo:
- Contra Celsum. Negli otto libri dell'opera, Origene segue il suo avversario, il filosofo neoplatonico Celso, punto su punto, confutando dettagliatamente in ognuna delle sue affermazioni.
- Esortazione al martirio, un opuscolo giuntoci per intero nella sua forma originale, anche questo inviato da Origene al suo amico Ambrogio.  
D) opere filologiche
- Il merito più importante di Origene, come abbiamo già notato, fu quello di iniziare lo studio filologico del testo biblico nella scuola di Cesarea. Tale tecnica avrebbe, in seguito, influenzato anche Girolamo. Il prodotto di tale attività furono gli Exapla, una vera e propria edizione critica della Bibbia redatta per offrire alle varie comunità un testo unitario ed attendibile, con un metodo non dissimile da quello filologico ellenistico.
- Nel caso dei Salmi, l'edizione diventava un Oktapla, cioè presentava altre due colonne con altrettante traduzioni supplementari. Vista la mole dell'opera, essa era disponibile in un solo esemplare ed era un lavoro di scuola a cui Origene fece da sovrintendente.
E) Epistole
- Siamo in possesso di sole due lettere di Origene: una indirizzata a Gregorio Taumaturgo sulle Sacre scritture, l'altra a Giulio Africano sulle aggiunte greche al Libro di Daniele. Delle altre lettere si conservano estratti e citazioni in autori come Eusebio, Girolamo e Rufino, che restituiscono, sia pure parzialmente, le difficili condizioni in cui l'autore si trovava ad operare.

2. Maria Theotokos
Scrittore di grande profondità cristologica, e, allo stesso tempo, uno dei primi a dichiarare che la Madre di Gesù fu sempre Vergine: «Gesù Cristo, Colui che è venuto al mondo, è nato dal Padre prima di ogni creatura. Dopo aver coadiuvato, come ministro del Padre, nella creazione dell'universo - ‘tutto fu fatto da Lui, e senza di Lui niente è stato fatto' -, Si umiliò negli ultimi giorni, Si fece uomo, Si incarnò, senza smettere di essere Dio, Assunse un corpo simile al nostro e fu differente da noi solamente in quanto nato dalla Vergine e dallo Spirito Santo». Riflettendo sulla visita della Madonna a Sua cugina Santa Elisabetta, l'alessandrino tesse dei bei commenti: «Penetrando nelle orecchie di Elisabetta, la voce del saluto di Maria arrivò anche allo stesso Giovanni, che esultò. E la madre, parlando come per bocca del figlio e come profetessa, esclamò ad alta voce: ‘Benedetta sei Tu tra le donne e benedetto è il frutto del Tuo ventre’». Ora possiamo comprendere nella sua pienezza il significato dell'affrettato viaggio di Maria fino alla regione montagnosa, così come della Sua entrata nella casa di Zaccaria e del Suo saluto a Elisabetta. Tutto questo è successo in modo che Maria rendesse Giovanni (sebbene ancora nel grembo materno) partecipe del potere che aveva ricevuto da Colui che aveva concepito. Giovanni, a sua volta, avrebbe fatto sua madre partecipe del dono di profezia da lui ricevuto. È molto significativo che tali doni siano concessi in una regione montagnosa , perché nulla di grande può essere ottenuto dalle persone che, “per la loro insignificanza, devono esser designate come valli...". In Egitto intorno al I secolo, esistevano delle comunità cristiane le cui testimonianze storiche pervenuteci, possedevano un fervore tale da dare sviluppo al culto e alla dottrina mariana. Fu sempre in Egitto, che venne composta nel III secolo le prima preghiera mariana.  Nella storia del cristianesimo sono legati alla dottrina mariana nomi di grandi maestri della scuola alessandrina, ricordata come il più antico centro di cultura cristiana e di scienza sacra. Origene è considerato come il padre della teologia orientale e ha lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’esegesi biblica e della spiritualità. Egli affronta la controversia sulla natura divina di Cristo, che di fatto è inscindibile dal ruolo materno di Maria, in opposizione al docetismo: infatti chiarisce due aspetti dell’incarnazione del figlio: egli, essendo nato da una donna, ha vera e non apparente natura umana; il secondo aspetto riguarda la persona divina che si manifesta nella concezione verginile di Maria, che concepì per opera dello Spirito Santo per cui la fondamentali deviazioni sul conto di Maria si ripercuotono sul campo cristologico. In sostanza, le deviazioni eretiche del III secolo negavano che il Cristo fosse venuto  nella carne e che fosse nato dalla Vergine, per cui gli attribuivano un corpo celeste. Altre correnti eretiche negavano l’umanità di Cristo perché condizionati da una concezione pessimistica a proposito della materia e di tutto ciò a cui si riferisce, attribuendo alla materia un’accezione negativa definendola l’origine e la causa di tutti i mali esistenti sulla terra e quindi il Figlio di Dio non poteva divenire carne umana. I doceti per ovviare a queste opposizioni negavano a Gesù un corpo materiale identico a quello degli uomini, ma sostenevano che il corpo era sprovvisto di una reale sussistenza. La cristianità in Alessandria professava, invece, la ”regola fidei”:  Cristo ha assunto corpo simile al nostro, diverso solo perché nato dalla Vergine e dallo Spirito Santo. Gesù Cristo è nato ed ha patito realmente, non in apparenza. Nella profezia di Simone: “egli è posto come segno di contraddizione”, Origene vede una allusione alle contraddizioni degli eretici sul Cristo e di conseguenza alla figura della Madre e ribadisce che la reale maternità di Maria è esplicata nelle tre funzioni: concepire, portare in seno e dare alla luce Cristo. Per Origene la reale maternità di Maria è riferita alla reale umanità di Cristo che è però un tutt’uno con quella divina nell’unica persona del Verbo. «[…] gli antichi non hanno esitato a chiamare Maria  Theotòkos… anche Origene, nel primo volume del suo commentario alla lettera ai Romani, affermando che Maria è chiamata Theotòkos, spiega questo in maniera esauriente». Origene in diversi scritti afferma che Maria è portatrice di Spirito Santo e in altri suoi commenti al vangelo trapela la convinzione reale della maternità divina di Maria. Il gesto di umiltà che Maria compie nei confronti della cugina Elisabetta; e l’espressione di quest’ultima: “il frutto del tuo seno” conferma che Maria è Madre di Dio. Anche nel cantico dei Cantici si ha risvolto puramente spirituale sulla maternità mariana che lo commenta così: ”ho desiderato essere la tua ombra e mi sono seduto” così da far diventare la gestazione della Vergine un archetipo della gestazione di Cristo nell’anima del Credente.

3. Verginità di Maria
La regula fidei, insegnata dalla Chiesa, precisa che il corpo di Cristo è simile al nostro ma diverso perché nato da Spirito Santo per mezzo di  una Vergine. L’esegeta che trae la sua conoscenza dalla Scrittura  e dalla tradizione cristiana, difende la verginità di Maria non soltanto o principalmente come valore in sé, ma per sostenere la origine divina di Cristo e il carattere singolare del Figlio. I giudei contestavano  fondamentalmente ai cristiani l’utilizzo al ricorso della profezia di Isaia: “Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio”. Origene mantenendo la posizione di difesa assunta da Giustino, la amplifica partendo dal testo profetico. Il segno promesso ad Achaz va letto nel duplice significato  di segno ma anche di prodigio. La verginità di Maria è intimamente legata alla cristologia, tanto da inserirsi nel piano di attuazione del progetto divino. Solo Dio poteva nascere da una vergine e soltanto lei poteva degnamente accogliere la nascita del Figlio di Dio. Nelle omelie su Luca, il predicatore fa ricorso ad una curiosa analogia del mondo naturale che aiuta la fede ad accogliere il come del concepimento da una madre vergine. Origene applica al Salvatore, il quale “ nel seno della madre vedeva le impurità dei corpi e nascosto nelle viscere di lei soffriva le stesse angustie del fango terrestre, il paragone con un verme e gli fa affermare:  “io sono un verme e non un uomo” perché egli nasce da donna secondo le leggi della natura umana, ma trova la sua origine in un germe d’altri, la trova nel corpo stesso in cui si sviluppa. La verginità di Maria si collega, come già detto al piano di Dio ma mediante lo sposalizio con Giuseppe, non solo viene sottratta alla vergogna, ma viene nascosta al diavolo, lasciandolo così nell’ignoranza circa la filiazione divina di Cristo. Nello stesso tempo si applica ciò che dice l’Apostolo della passione del Signore: «predichiamo la sapienza di Dio nascosta nel mistero, che nessun principe di questo secolo ha conosciuto. Se infatti l’avessero conosciuta mai avrebbero crocifisso il Signore della gloria». Origene non è stato chiaro riguardo la determinazione (ancora dibattuta nelle discussioni teologiche del III sec) del come  della verginità in partum e post  partum, non aveva incentrato motivazioni per fare una scelta chiara: citando Es 13.2, spiega la purificazione di Maria che: “quando alla madre del Signore la matrice fu aperta al momento stesso della nascita.” Il suo pensiero propende in altri passi omiletici a volte per un parto  normale, altre volte per un parto verginale. In altre opere del periodo alessandrino (prima del 231) Origene esprimeva in termini chiari a favore di tale verginità. Egli afferma in un passo del commento del vangelo di Giovanni: «Se non c’è alcun figlio di Maria, se non Gesù, secondo l’opinione di coloro che pensano rettamente intorno a lei, e ciononostante Gesù dice a sua madre: Ecco tuo figlio» ciò equivale a dire :”Questi è il Gesù che tu hai partorito”.

Bibliografia
PIZZOLATO L. F. – RIZZI M., Origene maestro di vita spirituale, Vita e Pensiero, Milano 2001; DANIÉLOU J., Origene. Il genio del Cristianesimo, Arkeios, Roma 2010; QUASTEN J., Patrologia. I primi due secoli (II-III), Marietti, 1980; CATTANEO E., I ministeri nella Chiesa antica: testi patristici dei primi tre secoli, Paoline, 1997; AA. VV., Origene. Dizionario, la cultura, il pensiero, le opere, Città Nuova, Roma 2000; ORIGENE, Comentario al Evangelio de San Juan, VI, 49, PG 14, 285; SICARI G., Reliquie Insigni E “Corpi Santi”a Roma, Alma Roma, Roma 1998; CECCHETTI I., “Sub tuum praesidium” in American Ecclesiastic Revue, 140 (1959), pp 1-5; GAMBERO L., Maria nel pensiero dei Padri della Chiesa, Edizioni Paoline, Cinisello balsamo 1991; Origene tra cristologia ed escatologia, in Origeniana  5 (1992),pp. 438-443.; GILA A., Padri e tradizione ecclesiale dalle origini al vi secolo, Marianum, Roma 1999-2000; QUACQUARELLI A. (a cura di), Complementi interdisciplinari di patrologia, Città Nuova, Roma 1989; Simonetti M., I principi di Origene, Utet, Torino 1968; GARGANO I., Maria madre e vergine in alcuni spunti di Origene, in Parola Spirito e vita 6 (1986), pp. 12-14; MARITANO M. –  DAL COVOLO E., Omelie sul Vangelo di Luca. Lettura origeniana, LAS Editrice, Roma 2011, pp. 59-70.

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