Lettera enciclica di Paolo VI del 29 aprile 1965 sul Mese di Maggio.

1. Situazione del mondo e l’intervento del Papa
L’enciclica è stimolata dalla situazione internazionale sempre grave e minacciosa, che mette in pericolo la pace nel mondo. Come se nulla avessero insegnato i due conflitti mondiali della prima metà del secolo XX, si assiste ancora a paurosi antagonismi tra i popoli; si ricorre alle armi anziché alle trattative per dirimere le questioni controverse tra le parti contendenti; si estendono agitazioni da guerriglia e azioni belliche; si viola il carattere sacro della vita umana, con ricorso a sistemi e atteggiamenti in aperto contrasto col senso morale e cristiano; si mette a repentaglio la dignità dell’uomo con atti terroristici, presa di ostaggi e rappresaglie contro intere popolazioni inermi. L’intervento del Papa, in questa drammatica situazione, non è suggerito da particolari interessi, ma dal desiderio di tutelare quanti soffrono e di promuovere il bene comune di tutti i popoli. Egli, dunque, si appella in modo particolare alla coscienza di coloro che reggono il governo delle nazioni, perché compiano ogni sforzo possibile per ristabilire e salvaguardare la pace, rimovendo gli ostacoli reali e psicologici che ad essa si frappongono.

2. La situazione della Chiesa 
Insieme alla grave situazione socio-politica del mondo, Paolo VI richiama nella sua enciclica anche quella della Chiesa, che attraversa uno dei suoi momenti più gravi e decisivi. La celebrazione del Concilio pone alla Chiesa, infatti, l’enorme problema del suo aggiornamento e del suo stesso futuro. È la grande ora di Dio nella vita della Chiesa e nella storia del mondo. Sebbene gran parte del lavoro sia stato compiuto, gravi compiti attendono ancora nella prossima sessione conclusiva e in quella, non meno importante, dell’attuazione delle decisioni conciliari che richiederanno uno sforzo congiunto del clero e dei fedeli, affinché i semi gettati dal Concilio abbiano effettiva e benefica esplicazione. Proprio in quegli anni la Chiesa sperimentò una crisi della coscienza e della comprensione di sé, causata tra l’altro, da interpretazioni unilaterali e selettive che snaturavano volutamente la lettura e lo spirito del Vaticano II. PaoloVI si dimostrò, come abbiamo già visto, difensore della genuina traditio catholica che coniuga con la congrua e innovativa traditio conciliaris. Soprattutto il postconcilio fu particolarmente difficile, segnato da incomprensioni. Paolo VI ne soffrì, ma affrontò la cosiddetta contestazione con serenità, con lucidità di idee, con fermezza e con delicatezza insieme, osservando con occhio particolarmente vigile e attento la vita della Chiesa e il suo travaglio e cercando di interpretare in ciò i lati positivi e quelli eventualmente negativi. C’è un’affermazione di Papa Montini che descrive il mistero cristiano in tutti i suoi aspetti, anche quelli immancabili della sofferenza e dell’incomprensione: i segni, i fremiti, i doni dello Spirito Santo sono anche nel suo volto umano, il volto umano della Chiesa, tuttora solcato di rughe, di sudore, di lacrime e di sangue, ma vivo di grazia e di verità. Al di fuori di questo mistero, tutto diviene più difficile e incomprensibile.

3. Il Mese di Maggio e la materna intercessione di Maria
La grave situazione della Chiesa e del mondo, spingono il Papa, come già avevano fatto sempre i suoi predecessori quando lo richiedevano i bisogni della Chiesa e l’umanità era minacciata da gravi pericoli, a invitare i fedeli a elevare le loro preghiere alla Vergine, Regina della pace, approfittando della ricorrenza del mese di maggio, mese caro alla pietà popolare che, in tale occasione, manifesta con più fervore e più affetto, la sua venerazione e il suo amore per la Madre di Dio. Proprio il mese di maggio è l’occasione propizia per invocare dal cuore misericordioso di Maria, il dono della pace per gli uomini, suoi fratelli in umanità. Ella, infatti, ha conosciuto le pene e le tribolazioni di questa vita, le fatiche del lavoro quotidiano, i disagi e le ristrettezze della povertà, la sofferenza del Calvario. Ottenga lei, dunque, che conosce le angosce degli uomini, la vera pace, quella fondata sulla giustizia e sull’amore, sul rispetto e la tutela della vita e dell’uomo. Il ricorso a Maria, che proprio nel mese di maggio si fa più intenso e sincero, non termina in lei, ma è orientato a Cristo, poiché la Vergine è la strada che a Lui sempre conduce. Secondo il Pontefice, ogni incontro con Maria, infatti, come abbiamo già altrove ben sottolineato, non può risolversi che in un autentico incontro con Cristo stesso. Ricorrere a Maria, significa cercare tra le sue braccia, in Lei, per Lei e con Lei, Cristo nostro Salvatore, al quale gli uomini, proprio negli smarrimenti e nei pericoli, sentono l’insopprimibile bisogno di ricorrere, come all’unico porto di salvezza e all’autentica fonte della vita. La Vergine e la devozione per Lei, sono, quindi, tutte relative a Dio, unico e vero datore della pace in Cristo.

Bibliografia
PAOLO VI, Mense maio, lettera enciclica del 29 aprile 1965, in EdE, EDB, Bologna 1994, vol. 7 (Giovanni XIII e Paolo VI, 1958–1978), nn. 831–844; GRASSO A., La Vergine Maria e la pace nel Magistero di paolo VI (1963-1978), PAMI, Città del Vaticano 2008, pp. 385-388; SCANZI G., La coscienza della Chiesa. Paolo VI, architetto del Concilio, in Il Giornale di Brescia, 10 ottobre 2002, 26; PERRELLA S. M., Rosarium Beatae Virginis Mariae «totius Evangelii Breviarium». Il contributo dei Vescovi di Roma Sisto IV – Giovanni Paolo II (1478-2003): tra storia e dottrina,  in Marianum 66 (2004), 427-557; ID., La Madre di Gesù nella coscienza ecclesiale contemporanea, PAMI, Città del Vaticano 2005.

VEDI ANCHE:
 - CHRISTI MATRI
 - GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
 - MARIALIS CULTUS
 - PAOLO VI
 - SIGNUM MAGNUM
 - SOLLEMNIS PROFESSIO FIDEI