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TERTULLIANO



1. Cenni biografici
É il primo, fra gli scrittori ecclesiastici, che si è servito, nei suoi scritti, della lingua latina, Nato a Cartagine verso il 160, ivi moriva verso il 230. Carattere irrequieto, d'ingegno acuto, ebbe un'eccezionale cultura letteraria (greco latina), filosofica e specialmente giuridica. Sotto Settimio Severo (193-211) esercitò a Roma l'avvocatura. Convertitosi, nel 197, al Cristianesimo, in quell'anno stesso faceva ritorno a Cartagine ove divenne presbitero. Un decennio più tardi aderiva al montanismo (esaltazione mistica) e finì col fondare una propria setta, quella dei « Tertullianisti ».

2. La Madre del Signore nelle opere di Tertulliano
Ci sono giunte di T. 21 opere in latino, piene di erudizione biblica, scritte con stile incisivo: « Quasi ogni sua parola — disse Vincenzo Lirinense — è una sentenza ». Tratta della Madonna, non sempre con ortodossia:
a) nell'Apologeticum che è l'opera sua più importante, composta nel 197 (PL1, 305-604);
b) nel De praescriptione adversus haereticos (PL 2, 31, 39b; 42; 60; 73; 82; 87; 88; 92);
c) Nell'Adversus Judaeos, composto tra il 200 e il 206 (PL 2, 658; 668),
d) Nell'Adversus Marcionem, cominciato verso il 200 e terminato tra il 207 e il 211 (PL 2, 663; 373; 378b-879a; 407c ss. 434a-457);
e) Nel De carne Christi, scritto tra il 210 e il 212 (PL 2, 814a-827a-828a; 828b; 829ab; 830d-831a; 83lb; 832ab; 884-885; 835-836;
f) Nel De resurrectione carnis composto tra il 210-212 (PL 2, 867-868);
g) Nel De virginibus velandis, scritto tra il 207-212 (PL 2, 937b; 945-946);
h) Nell'Adversus Praxeam, scritto tra il 213-217 (PL 2, 177; 179; 213b; 214b-216a);
i) Nel De monogamia, composto verso il 217 (PL 2, 289). 

3. Severità di Tertulliano verso Maria

Non pare che il nostro autore nutrisse un interesse diretto o della simpatia per la persona della Vergine. Al contrario si deve prendere atto che fu proprio lui a sottintendere uno dei giudizi più severi e più avventati che la letteratura patristica conosca sulla Vergine santa, avendo male interpretato il passo dei vangeli in cui si parla dei fratelli di Gesù (cf. Mt 12,46-50; Mc 3,31-35; Lc 8,19-21). Secondo lui, il Signore avrebbe addirittura respinto sua madre insieme ai suoi fratelli. E noto come nel vangelo il termine « fratello » venga usato per indicare i parenti in generale; ma Tertulliano lo intende nel senso di figlio degli stessi genitori. Il testo che ci interessa è il seguente: «Gesù era giustamente indignato che persone a lui così vicine stessero fuori, mentre degli estranei erano con lui in casa e pendevano dalle sue labbra. Era indignato soprattutto perché pretendevano di condurlo via, distogliendolo così dall'importante missione che stava compiendo. Non li ha solo ignorati, ma addirittura sconfessati. Perciò alla domanda: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli, egli risponde: Nessun altro all'infuori di chi ascolta le mie parole e le mette in pratica. Egli ha trasferito i termini indicanti la consanguineità ad altre persone che egli riteneva più vicine a sé a causa della loro fede» (Adversus Marcionem 4, 19, 11, PL 2, 435). Anche in questo testo Tertulliano dimostra non solo di essere troppo sicuro e perentorio nei suoi giudizi, ma di mancare pure del senso della misura. Per mettere in evidenza ed esaltare la persona e la missione di Gesù, non esita, quando lo ritiene opportuno, a stroncare quelli che stanno intorno a lui.

4. Maria garante dell'umanità di Cristo

Ma se Tertulliano non rivela particolare simpatia per la persona della madre di Gesù in quanto tale, indubbiamente manifesta un estremo interesse per la funzione da lei svolta nel mistero del Dio incarnato. Egli insiste sulla vera maternità di Maria, allo scopo di allontanare ogni ombra di dubbio a proposito dell'umanità reale e autentica del Figlio suo. Contro gli gnostici scrive: «Voi dite che egli è passato attraverso una vergine, ma che non è nato da lei; che ha dimorato nel suo seno, ma che non ha avuto origine dal suo seno, perché l'angelo ha detto in sogno a Giuseppe: Ciò che è nato in lei, ma non da lei, è opera dello Spirito Santo. Invece il fatto è che l'angelo, anche se intendeva nato da lei, doveva che: nato- in lei, perché ciò che era nato da lei era effettivamente dentro di lei. Le due espressioni dunque si equivalgono» (De carne Christi 20, 1, PL 2, 830-831). Pertanto Maria, secondo il nostro autore, garantiva le radici veramente umane della carne del Figlio di Dio, perché attraverso lei Gesù si riallacciava alle generazioni precedenti: «Egli è il germoglio del tronco uscito dalla radice di Tesse. Ma siccome la radice di Tesse è la famiglia di Davide, e il tronco della radice è Maria, discendente di Davide, e il germoglio del tronco è il Figlio di Maria, chiamato Gesù Cristo, non sarà dunque lui il frutto? Perciò è un fatto ben noto ora che la carne di Cristo è inseparabile non solo da Maria, ma anche da Davide tramite Maria, e da Jesse tramite Davide (De carne Christi 21, 5, PL 2, 833-834). Il termine «frutto», in questo passo, è un'allusione alle parole dette da Elisabetta a Maria: « Benedetto il frutto del tuo seno» (Lc 1,42).

5. Maria ha concepito Gesù verginalmente

Il concepimento di Gesù nel seno di Maria, pur essendo stato un concepimento reale, non è avvenuto tuttavia secondo le norme della natura. Tertulliano sottolinea il carattere verginale di questa concezione: «Colui che già era il Figlio di Dio, generato dal seme di Dio Padre, cioè dallo Spirito, volendo diventare anche Figlio dell'uomo, ha deciso di assumere una carne dalla carne dell'uomo, ma senza seme umano. Colui che possedeva il seme di Dio non aveva bisogno del seme dell'uomo. Come dunque prima della sua nascita dalla Vergine egli aveva Dio per Padre, senza avere una madre, così dopo essere nato dalla Vergine, egli ebbe una donna per madre, senza avere alcun padre (terreno). In breve: egli è un uomo che possiede la divinità, giacché è una carne umana che possiede lo Spirito di Dio. E carne generata senza seme umano; è spirito generato dal seme di Dio» (De carne Christi 18, 1-3, PL 2, 828). Colpisce il nervosismo e l'incisività dello stile di Tertulliano. Sembra che voglia bloccare la parola in bocca ai suoi avversari e non concedere loro alcuna possibilità di replica. Egli è talmente convinto della verità della fede, che non riesce a nutrire indulgenza per le incertezze e, tanto meno, per le deviazioni degli altri. La sua tesi è indiscutibile: Gesù è Dio perché possiede lo Spirito di Dio, ed è uomo perché ha ricevuto una vera carne da Maria, in modo assolutamente straordinario. Per Tertulliano dunque non ci sono esitazioni a proposito dei termini esatti nei quali si e verificato il mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio. Cristo ha assunto la carne da una creatura umana, che è divenuta sua madre e che lo ha concepito verginalmente. Nel cristianesimo antico non incontriamo nessun autore che, come Tertulliano, abbia insistito così fortemente sull'identità tra la carne di Cristo e quella di Maria. Ma purtroppo questa idea è diventata talmente fissa nella sua mente da fargli perdere la visuale esatta su altri aspetti del mistero dell'incarnazione.

6. Negazione della verginità perpetua di Maria

Con l'intenzione di meglio dimostrare la realtà della carne di Cristo, il nostro autore giunge a negare che la madre possa essersi conservata vergine anche nel parto. Leggiamo alcuni realistici commenti a proposito della nascita di Gesù da Maria: «Vergine per essersi astenuta dall'uomo; non vergine per aver partorito... Vergine quando concepì, divenne donna nel momento in cui diede alla luce il proprio Figlio... Chi ha veramente aperto il seno materno, se non colui che ha spalancato un seno rimasto chiuso (anche nella concezione)? Normalmente è il rapporto coniugale che apre il seno. Perciò il seno (di Maria) si e tanto più aperto quanto più era rimasto chiuso prima. Di conseguenza e tanto più esatto chiamare (Maria) non-vergine, piuttosto che vergine» (De carne Christi 23, 1-5 passim, PL 2, 835-836). Il caso di Tertulliano insegna che la pretesa di far chiarezza ad ogni costo sui misteri della fede, specialmente se con spirito polemico, è un atteggiamento pericoloso. É impossibile comprendere con la sola ragione come un corpo reale, qual è quello di Gesù, sia potuto nascere senza distruggere la verginità fisica della madre. La fede deve saper accettare la prova dell'oscurità. In base poi ad una pretesa esigenza di esemplarità morale, Tertulliano giunge a negare anche la verginità di Maria dopo il parto: «È stata una vergine a dare alla luce il Cristo; ma dopo il parto essa si maritò con un solo uomo, affinché ambedue gli ideali di santità (vale a dire quello verginale e quello matrimoniale) avessero una realizzazione (esemplare) nella parentela del Cristo, cioè nella persona di colei che fu madre, vergine e sposata a un solo uomo» (De monogamia 8, 2, PL 2, 989). Tali essendo le sue convinzioni, Tertulliano non ha problemi quando vede nei fratelli di Gesù, di cui, come abbiamo detto sopra, parlano i vangeli, dei figli normali che Maria e Giuseppe avrebbero avuto nella loro vita matrimoniale, dopo il concepimento verginale di Gesù. Potrà forse suscitare perplessità il fatto che un autore cristiano abbia potuto scrivere tali cose sulla madre del Signore senza che altri suoi contemporanei reagissero. La spiegazione può venire dalla precaria mentalità dei credenti nei primi secoli, le cui idee sul Dio uno e trino, su Gesù Cristo, sulla madre sua erano ancora ben lontane da quella chiarezza che sarà frutto delle dispute teologiche, delle controversie con gli eretici e della riflessione dogmatica dei secoli seguenti.

7. Eva - Maria
A causa delle sue idee errate sulla verginità e sulla santità della madre dei Signore, i testi mariani di Tertulliano rimasero in seguito piuttosto ignorati. Eppure alcuni di essi presentano anche dei contenuti di indubbio valore teologico, come il passo del De carne Christi in cui illustra il parallelo Eva-Maria: «Eva credette al serpente; Maria credette a Gabriele: La prima credendo peccò; la seconda credendo cancellò il peccato. Ma, si dirà, alla parola del diavolo Eva non concepì nel proprio seno. Invece concepì: da allora infatti la parola del diavolo divenne in lei un seme che le fece concepire cose abiette e la fece partorire nel dolore. Alla fine diede alla luce il diavolo fratricida (Caino). Maria al contrario diede alla luce colui che un giorno salverà Israele, suo fratello carnale e suo carnefice. Dio dunque mandò nel seno (di Maria) il Verbo divino, affinché questi, da buon fratello, cancellasse perfino il ricordo del fratello cattivo» (De carne Christi 17, 5, Pl 2, 828). Questa testimonianza di Tertulliano appare estremamente preziosa perché conferma che la dottrina del parallelismo Eva-Maria era conosciuta anche in occidente già nei primi secoli e che pertanto il mistero della madre di Dio incominciava a diventare oggetto di riflessione teologica in tutta la Chiesa.

Bibliografia

GAMBERO L., Maria nel pensiero dei Padri della Chiesa, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1991, pp. 59-64; DAL COVOLO E., La dottrina mariana di Tertulliano, in Theotokos X (2002), n. 1, pp. 17-31; AA. VV., Testi mariani del primi millennio, Vol. 3 Padri e altri autori latini, Città NUova, Roma 1990, pp. 49-81.

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