Macerata «Civitas Mariae»
Omelia di Mons. Pietro Spernanzoni del 17.11.2002
 NEL 50ESIMO ANNIVERSARIO DI «MACERATA CIVITAS MARIAE»



(Ester  4, 16 l-17 t;  Proverbi 31, 10-20; Luca 1,39-56 )


Le letture proclamate nella liturgia della Parola sono desunte dal libro di Ester, dal libro dei Proverbi e dal vangelo di Luca. La regina Ester, in imminente pericolo di morte, prostrata a terra, si rivolge a Dio per ottenere la Sua misericordia;  il libro dei Proverbi  ci descrive la "donna perfetta". Queste due donne sono ambedue un'immagine, una "figura" di Maria, che nella pienezza dei tempi sarà la Madre del Salvatore: in Lei queste due donne dell'A. T. troveranno compimento.


Della "donna perfetta" del libro dei Proverbi vorrei sottolineare, in questa circostanza, soprattutto un gesto, semplice, ma importante: quello di "aprire le sue mani al misero". Guardate la splendida immagine della "Madonna della Misericordia": è proprio Lei, la Vergine Santissima, che apre le sue mani al misero, che, cioè usa misericordia, esercita misericordia. E' Colei che interpreta perfettamente la misericordia di Dio. Ecco perché, pregando, abbiamo ripetuto il salmo: " La misericordia del Signore è per sempre". E' Maria che ci ricorda che la misericordia del Signore è per sempre. Noi possiamo perdere di vista il Signore, ma non possiamo perdere di vista  Maria. Questa nostra Città non può perdere di vista Maria, la sua testimonianza, la sua presenza in mezzo a noi. Oggi, dopo avere rinnovato l'atto di affidamento a Maria di questa nostra Città, di tutta la nostra Chiesa locale che ha in Lei la Patrona principale, è necessario che noi prendiamo degli impegni con Lei: imparare la misericordia e trasmettere la misericordia.


In questi anni parlo spesso della urgenza di trasmettere la fede alle nuove generazioni. Mi sto rendendo conto, oggi in modo particolare, che la via per trasmettere la fede è proprio questa di trasmettere il senso della misericordia e del perdono. Questo possiamo apprenderlo innanzitutto da Maria. L'apprendimento del perdono, della misericordia, della tenerezza ci fa intravedere Dio ricco di misericordia, che si è rivelato misericordioso in Gesù Cristo, nel momento in cui il Figlio ha preso carne nel seno di Maria. Noi abbiamo la grazia di credere che siamo salvi  mediante la fede, come ci insegna l'apostolo S. Paolo, perché la salvezza non viene da noi, dalle nostre opere, ma viene da Dio. Però, come Maria apre le braccia della misericordia, ha il cuore rivolto ai miseri, cioè a noi che spesso sperimentiamo la miseria morale e materiale, è necessario che anche noi apriamo le braccia per ricevere il dono della fede e che usiamo misericordia. Si usi misericordia tra di noi, nelle nostre famiglie, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nella Città, nella comunità cristiana. Si usi misericordia perché la fede dalle antiche generazioni passi alle nuove generazioni.


Non è un gesto simbolico, non è una pura e semplice ricorrenza che noi oggi vogliamo celebrare: come già dicevo  in piazza, è un giubileo per il quale noi siamo chiamati a conversione. Ed è questo che vorrei contemplare per un momento con voi nell'incontro di Maria con Elisabetta proclamato dal Vangelo di Luca. Dio visita il suo popolo attraverso la visita di Maria. Elisabetta rappresenta l'Antico Testamento, tutto un popolo  che per secoli ha atteso la venuta del Salvatore. Dio visita questo popolo attraverso la presenza di Maria. Elisabetta rappresenta ancora l'umanità intera, non soltanto il popolo di Dio, che ha la sua fecondità, ma che ha bisogno di essere salvata nel suo essere feconda. Elisabetta rappresenta anche questa Città, che ha una sua fecondità, in quanto è ricca di opere, di volontariato, di associazioni culturali, di istituzioni. Ma questa fecondità della nostra Città ha bisogno di incontrarsi con la fecondità di Maria che si presenta ad Elisabetta e rende feconda pienamente tutta la storia dell'antica Legge.


Maria si presenta all'umanità intera, è venerata dalle tre grandi religioni monoteistiche e perciò rende feconda  ogni forma di religiosità. Maria è Colei che, forse, può convincere cattolici, islamici, ebrei e tutte le altre religioni, che attraverso la tenerezza,  attraverso la misericordia, la religione è la via per la pace, per la fecondità: è la via per la vita e non una via per giustificare le aggressioni, le guerre, la morte. Maria rende davvero feconda la vita di questa Città e credo che la grande intuizione dei nostri padri che uscirono dalla tragedia della seconda guerra mondiale sia stata proprio questa: affidare la Città a Maria, perché Lei "qualifichi" la vita stessa di questa comunità umana e di questa comunità ecclesiale.


Ora vorrei darvi due consegne. La prima la ricavo dal saluto di Maria alla cugina Elisabetta. Tento di immaginare che cosa Maria possa aver detto ad Elisabetta. Certamente una parola, una, l'ha usata. Le ha detto:" "Shalom!", cioè "pace!". Questo era il saluto abituale che allora ci si scambiava. Vorrei che questo saluto entrasse in tutte le vostre case, nelle case degli islamici, degli ebrei. Questo saluto di pace può rendere feconda anche la fecondità dell'uomo, anche la fecondità delle religioni. Esso può aprire un dialogo, può rendere credibile il nostro stare insieme nella stessa Città. Senza questa presenza di Maria, senza la presenza soprattutto di Gesù Cristo che salva, non è possibile che questa Città, che l'intera umanità abbia un futuro di pace.


La consegna che vorrei dare alle famiglie cristiana è il Rosario, consegna che il Santo Padre ci ha fatto come una provocazione paradossale: se vogliamo vincere e sconfiggere la guerra abbiamo questa arma del Rosario. Noi lo sappiamo e crediamo che è vero. Si dice che il Rosario è nato con la battaglia di Lepanto (1571) contro i Turchi. Il Rosario non nacque allora, in un momento di guerra, ma nella casa di Zaccaria, di Elisabetta incinta anche lei per opera dello Spirito Santo: lei aspettava la visita di Maria. Qui noi abbiamo la prima “Ave, Maria”. Qui pensiamo che Elisabetta nel tempo in cui Maria era in casa sua le abbia ripetuto tante volte : "Benedetta tu tra le donne; benedetta tu, perché hai creduto alla parola del Signore; benedetta, Maria; Ave Maria". Ecco dov'è nato il Rosario; ecco perché il Rosario è una preghiera contemplativa; ecco perché il Papa ci chiede di aggiungere ai misteri tradizionali i "misteri della luce", i misteri nei quali Gesù Cristo si manifesta nel suo battesimo, alle nozze di Cana, nella trasfigurazione; si manifesta quando annuncia il regno dei cieli, quando alla fine del suo cammino istituisce l'Eucaristia.


 La seconda consegna che vorrei lasciarvi è proprio l'Eucaristia. Rileggete il Magnificat di Maria: non è forse un prefazio? I prefazi sono preghiere di ringraziamento e di lode che sono state inventate dalla Chiesa nel corso dei secoli fin dalle origini. Sono nate dalla fede; i prefazi che nella riforma liturgica del Concilio Vaticano II i liturgisti hanno rivisto e ritoccati sono indubbiamente preghiere splendide che precedono la grande Preghiera Eucaristica o Canone. Ma il  Magnificat di Maria è il vero, primo prefazio, questo è il vero rendimento di grazie. Maria ci invita a dire che il Signore è grande, a magnificarLo; ci invita a sentire che anche il nostro spirito esulta in Dio, perché è Lui che ci salva. Maria ci invita a leggere tutta la storia come "storia di salvezza", a saper andare al di là di ciò che i nostri occhi riescono a vedere; a capire che dentro le vicende umane Dio sta svolgendo davvero la storia. Dunque vorrei esortarvi a ritrovare la forza di questo sacramento dell'Eucaristia che ci raduna ogni domenica; vorrei esortare anche tutti quelli che potessero a partecipare all'Eucaristia tutti i giorni; o, se non tutti i giorni, almeno un'altra volta durante la settimana, perché è proprio nel mistero dell'Incarnazione che noi tocchiamo il culmine, possiamo toccare veramente con mano la misericordia di Dio. Dio ci ama al di là di ogni attesa, perché consegna nelle nostre mani il suo Figlio; e noi sacerdoti davvero rischiamo l'infarto ogni volta che sinceramente celebriamo l'Eucaristia, toccando con le nostre mani il Verbo della Vita che è nato per noi e consegnato a noi: è per noi, totalmente, e per tutti!


Vorrei invitarvi a questi due gesti: al Rosario nelle case, nelle famiglie; al Rosario che è stato inventato nella casa di Elisabetta; e al gesto dell'Eucaristia, nella comunità, nella grande assemblea, con un atteggiamento di speranza. Il Concilio Vaticano II ci insegna una realtà fondamentale che, forse, avevamo dimenticato: lo Spirito Santo suscita nell'umanità intera, nella storia degli uomini e getta i "semi del Verbo" (semina Verbi). Non c'è una persona in questa Città, non c'è istituzione in questa Città che non abbia qualche traccia del Verbo di Dio che si è fatto carne, che non abbia qualcosa di bene dentro di sé: sono dei  "semi" che hanno bisogno di svilupparsi, di crescere.


Vorrei tornare per un istante a quella preghiera di affidamento a Maria. Non abbiamo, forse, detto, che noi avremmo presentato a Maria, deposto nelle sue mani qualcosa stasera? Lo facciamo qui, lo facciamo nell'Eucaristia. Che cosa deponiamo? I "semi del Verbo" della nostra Città, i semi  della speranza della nostra Città: l'innocenza dei bambini, la generosità e l'entusiasmo dei giovani, la sofferenza dei malati, gli affetti veri coltivati dentro le nostre famiglie, la fatica dei lavoratori, le angustie di quelli che hanno perso il lavoro o che lo cercano, la solitudine degli anziani, l'angoscia di chi cerca il senso della propria vita, il pentimento di chi si è reso conto di aver smarrito il senso del peccato, i propositi, le speranze di chi cerca Dio con cuore sincero. Vogliamo offrire insieme a questi "semi" anche la verginità, il celibato di coloro che sono consacrati al Signore in un rapporto sponsale, non solo dei sacerdoti o dei religiosi, ma anche di tutte le persone consacrate al Signore per tutta la vita " a misura di Maria", della consacrazione di  Maria.


Questi "semi del Verbo" che altri, che voi nascondete nel vostro cuore, io vi invito a deporre oggi su questo altare, a consegnarli nelle mani di Maria, a deporli nelle sue mani, perché Lei li presenti a Dio nostro Padre e Redentore, a Gesù Cristo che è morto e risorto per noi, allo Spirito Santo che incessantemente prega con gemiti inesprimibili al posto nostro, perché Lui sa veramente quali sono davvero i desideri profondi del nostro spirito.


Che Dio benedica questa Città, benedica coloro che la governano e la servono! Che Dio benedica  ogni cittadino, che Dio benedica ogni battezzato e ogni non cristiano in questa Città. Sia lodato Gesù Cristo!





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