CATEGORIA: SANTUARI MARIANI
TITOLO DELLA PUBBLICAZIONE: Il Santuario ed il Bosco dell’Incoronata di Foggia. Un luogo di culto mariano in Puglia


Mario Freda
Il Santuario ed il Bosco dell’Incoronata di Foggia.
Un luogo di culto mariano in Puglia
Claudio Grenzi Editore, Foggia 2010

L’Autore, non nuovo alla ricerca storico-documentaria, cui si dedica da anni con passione alternandola al lavoro di medico ospedaliero, affronta per la prima volta, con uno studio archivistico di grande rilievo, un argomento di estremo interesse per la Capitanata.
Finora la storia del santuario dell’Incoronata di Foggia è stata narrata dagli studiosi di storia locale basandosi esclusivamente su fonti orali, ovvero su ciò che tramanda la tradizione. Mancava, pertanto, uno studio documentale, spesso appannaggio degli studiosi di grande spessore, come l’Autore, che con coraggio “pioneristico” percorrono il difficile cammino della ricerca d’archivio. Andare per archivi, infatti, rappresenta un modo per far emergere la storia ponendone in luce tutti gli aspetti più importanti ed inediti.
A volte lo studioso si cimenta nella ricerca brancolando nel buio con la speranza di trovare un frammento di notizia che possa ausiliarlo nella ricostruzione storica, facendo emergere “la verità”. In questo caso, la messe di notizie fornite, frutto di anni di ricerca, mette in luce i diversi aspetti inerenti la storia del santuario a partire dalla metà del XVI secolo fino a tempi recentissimi.
Il volume è suddiviso principalmente in due parti; narra nella prima le vicende riguardanti il santuario stesso, nella seconda quelle relative al bosco, notizie queste ultime di altrettanto rilievo.
Nella Sua premessa l’Autore chiarisce che, pur nella consapevolezza che la tradizione religiosa rappresenti il cardine del culto mariano dell’Incoronata, certamente la storia documentale fornisce molti spunti di riflessione ed una versione sostanzialmente diversa da quella narrata finora.
Partendo dal santuario la documentazione, rinvenuta principalmente presso l’archivio di Stato, l’archivio Storico della Diocesi e l’archivio Storico Comunale di Foggia, pone in rilievo il fatto che esso divenne, dopo i passaggi dai monaci Benedettini ai Cistercensi, una Commenda gestita dai numerosi abati a partire dal XVI secolo.
Fu proprio in questo periodo che intorno alla chiesa incominciò a svilupparsi un villaggio rurale avente lo stesso nome. In questo caso, l’abate commendatario traduceva in reddito la sua funzione esercitando la facoltà di affittare parte degli appezzamenti di terreno ad altri, ricavandone un reddito e riscuotendo le oblazioni, i proventi derivanti dalla vendita dei prodotti come olio e cera, nonché delle immagini sacre della Madonna.
Ma erano molteplici le attività commerciali conseguenti agli affitti delle terre. Una lunga descrizione viene fornita sugli abati succeduti: dal card. Pallotta, primo abate commendatario perpetuo, al carmelitano padre Francesco de Blasio, al card. Rospigliosi che affitta l’abbazia al rev. Antonio Maffei e, dopo una lunga serie di passaggi, l’abbazia giunge al card. Marcantonio Colonna, ultimo abate commendatario, che dopo il suo decesso, avvenuto nel 1793, lascia la sede vacante.
Durante il Decennio francese lo scenario cambia.
La soppressione degli Ordini religiosi per oltre un secolo trasferisce la gestione del santuario dagli ecclesiastici ai laici. Dopo un periodo di vari passaggi amministrativi il santuario viene destinato all’opera Fatebenefratelli con la gestione delle pertinenze, questue, taverna e baracche situate nei pressi della chiesa.
Anche sull’ordine pubblico l’autore non manca di descrivere la situazione del momento; con l’unità d’Italia l’amministrazione del santuario assume altri aspetti inerenti la nuova gestione, con l’ospedale civile, fino al raggiungimento della completa autonomia.
Non mancano dettagli sul periodo relativo al primo e secondo conflitto mondiale, nonché sul Regime fascista, quando gli accordi tra Stato e Chiesa segnano un momento decisivo nel destino della badìa dell’Incoronata. I Patti Lateranensi sono essenziali affinché il santuario ritorni sotto l’autorità ecclesiastica.
La seconda parte del volume è incentrata sulle vicende relative al bosco, partendo dall’epoca doganale, ossia da quando l’Università di Foggia era la sola proprietaria ed i pascoli rappresentavano l’unica estensione demaniale a suo appannaggio.
Distinto in due parti: “padulo e macchione” ogni anno il bosco era affittato ai locati con un notevole introito per l’economia cittadina. Il suo perimetro era calcolato in circa venti miglia ed era costituito da migliaia di piante come le querce, il cui legno era utilizzato per la costruzione di navi per la flotta del sovrano, nonché di alberi da frutto e fratte. Era questa una zona molto piovosa e la pianta di liquirizia sorgeva spontanea ed abbondante anche intorno alla chiesa.
Il bosco fu sottoposto alle leggi delle varie dominazioni succedutesi nel Regno d Napoli ed anche in questo caso l’Autore non manca di descrivere dettagliatamente tutti i passaggi della proprietà con i relativi affitti e le pertinenze, corredando la descrizione con preziose immagini inerenti le scritture contabili.
L’Appendice con la descrizione del Reale stabilimento delle pecore merinos all’Incoronata e la nascita del Borgo, completano il testo.
Il borgo, costruito su progetto dell’arch. Giorgio Calza Bini con la collaborazione dell’arch. Roberto Nicolini, faceva parte di un programma stabilito durante il Regime fascista per far fronte all’urbanesimo, che rappresentava una minaccia per la demografia e l’occupazione, nonché per incrementare, attraverso l’opera di bonifica ispirata e coordinata dal Serpieri, il recupero di ampie estensioni di terreno attraverso il modello mezzadrile con l’appoderamento.
Questi solo alcuni degli aspetti salienti trattati nel volume che, con un dovizioso apparato iconografico, costituito da planimetrie antiche e da preziosi documenti, tra i tanti quello sulla ricognizione della statua della Madonna Incoronata, ed altri preziosi documenti sul santuario, rappresenta un’indispensabile testimonianza inserendosi, a pieno titolo, tra le pubblicazioni di altissimo livello, alla stessa stregua dei lavori prodotti nelle accademie universitarie, dove spesso chi di competenza, tranne in rari casi, neppure si reca negli archivi, usufruendo del lavoro degli studenti, il più delle volte mandati allo sbaraglio, senza indicazioni di alcun genere, dagli stessi docenti.
Grazie a persone come Mario Freda la ricerca storica, per dirla con Marc Bloch, diventa frutto di sacrificio, passione e dedizione, elementi indispensabili nella guida al cammino della conoscenza.
In buona sostanza questo contributo alla storia patria rappresenta un valore aggiunto che non può e non deve mancare nelle librerie di ogni cultore sensibile ed attento alla storia della nostra bella terra.

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